GUERRIERI CROCETTI, Camillo
Nacque a Teramo il 24 luglio 1892 da Vincenzo, farmacista di vasti interessi culturali e attivo nella vita politica della propria città - in cui ricoprì diverse cariche amministrative -, e da Maria Grazia De Matteis. Nella città natale frequentò il liceo, conseguendo la maturità classica. Si trasferì prima a Firenze, poi a Roma per seguire le lezioni della facoltà di lettere.
I suoi maestri più significativi erano gli ultimi grandi nomi della scuola storica: P. Rajna, E.G. Parodi, E. Monaci (un profilo di quest'ultimo maestro in L'opera di Ernesto Monaci, in Rivista abruzzese, XXXII [1917]), da cui ereditò l'attenzione per l'aspetto filologico della ricerca letteraria, anche se temperato e in parte indebolito dalle categorie del gusto crociane ormai imperanti. Non per caso intraprese il lavoro di tesi con C. De Lollis.
A cavallo tra la conclusione del liceo e l'intrapresa degli studi universitari, il G. aveva pubblicato i suoi primi interventi scientifici in sedi locali (gli opuscoli Gli antenati di Dante nella leggenda e nella storia: ricerche e studi, Teramo 1910; Ancora degli antenati di Dante, Loreto Aprutino 1911).
Gli interessi del giovane G. vertono attorno alla letteratura italiana antica (è del 1913 una prima interpretazione di un testo su cui il G. sarebbe tornato più volte: Il Detto del gatto lupesco, in Rivista abruzzese, XXVIII [1913], pp. 43 ss., e in Rassegna bibliografica della letteratura italiana, XXII [1914], pp. 202-210), ma anche alla poesia popolare (Per la poesia popolare abruzzese, in Fanfulla della domenica, 28 sett. 1913, e L'antica poesia abruzzese, Lanciano 1914) e alla letteratura iberica (Per Marcelino Menéndez y Pelayo, in Fanfulla della domenica, 5 genn. 1913; La contraddizione del Cervantes, ibid., 17 maggio 1914; la curatela di Lope de Vega, Arte nueva de hacer comedias en este tiempo, Roma 1915).
La frequentazione dell'università fu interrotta dalla chiamata alle armi in occasione della prima guerra mondiale: il G. fu ufficiale di fanteria dal 1915 fino al congedo, avvenuto nel 1919. Tra il 1918 e il 1919 poté già riprendere gli studi e pubblicare altri contributi di interesse ispanistico (Intorno a Calderón, in Rivista abruzzese, XXXIII [1918], pp. 140-155; Alterazione e contaminazione nel teatro di Lope de Vega, ibid., pp. 618-625) e folkloristico (Per una leggenda popolare abruzzese, ibid., XXXIV [1919], pp. 285-300). Finalmente, nel 1920, a Roma, conseguì la laurea in lettere, presso la cattedra di storia comparata delle lingue e letterature neolatine, con centodieci e lode, relatore C. De Lollis.
Sempre nel 1920 il G. si trasferì a Genova, città dalla quale non si sarebbe più mosso, per insegnare come supplente di letteratura italiana prima all'istituto tecnico Mameli, poi al r. istituto nautico S. Giorgio, presso il quale vinse la cattedra di ruolo, tenuta dal 1° ott. 1921 al 1° dic. 1939. Pubblicò intanto il volume Studi di critica letteraria (Teramo 1921) che ospita lavori sulla letteratura italiana duecentesca (Intorno ad alcuni passi del "De vulgari eloquentia", Giulleria e clero, Osservazioni sul ritmo lucchese del 1213) e diversi contributi sul Giornale dantesco, tra cui si può ricordare Per la questione della "Lisetta" (XXV [1922], pp. 211-228), tema che avrebbe in seguito ripreso. Nel 1923 cominciò a collaborare con recensioni di italianistica a La Rassegna (continuando fino al 1931).
Nel 1925 il G. fece uscire un primo volume antologico sulla poesia italiana delle origini presso l'editore Vallecchi (La lirica predantesca, Firenze 1925). Negli anni dell'insegnamento scolastico lavorò a volumi di storia e antologia della letteratura italiana (Il libro della letteratura italiana. Storia e antologia, con L. Pastine, 3 voll., Napoli 1927) e a edizioni scolastiche annotate per La Nuova Italia (Il principe di N. Machiavelli, Venezia 1927; il Filippo di V. Alfieri, ibid. 1928).
Nel 1928-29 collaborò anche, con pochi articoli, alla pagina culturale del quotidiano genovese Il Lavoro (la collaborazione continuò saltuariamente anche più avanti); nel 1929 mise a frutto la sua produzione scientifica conseguendo la libera docenza in letteratura italiana. Fu inoltre professore incaricato di lingua e letteratura spagnola dal 1931 al 1939 presso l'Università di Genova e, nel 1932, direttore dell'Istituto italo-brasiliano di Rio de Janeiro. Sempre nel 1932 venne eletto socio corrispondente residente della allora Società ligustica di scienze e lettere.
Nei primi anni Trenta, dopo l'importante volume su Giambattista Giraldi ed il pensiero critico del secolo XVI (Milano-Genova-Roma-Napoli 1932), in corrispondenza dei primi corsi tenuti presso l'ateneo genovese, le pubblicazioni si fecero più rade, fino al 1936, anno in cui vide la luce Juan de la Cueva e le origini del teatro nazionale spagnolo (Torino), il primo di una serie di contributi di ambito iberistico che si collocano in corrispondenza dell'insegnamento universitario. Da ricordare anche El moro expósito (Pavia 1938), La lirica del Camões (Genova 1938) e la raccolta di brevi studi Pensiero e poesia (ibid. 1938).
Quest'ultima opera raccoglie per lo più recensioni già edite in rivista, e in larga parte attinenti alla letteratura italiana, con qualche minima eccezione romanza.
Nel 1939 iniziò a collaborare alla Nuova Antologia con recensioni di ispanistica. Continuavano intanto gli studi di filologia romanza (Intorno alla poesia di Guglielmo IX d'Aquitania e dei più antichi trovatori, Pavia 1940). Dal 1° dic. 1939 il G. occupò per concorso la cattedra di lingua e letteratura spagnola che in precedenza aveva tenuto come incaricato. Dall'anno accademico 1942-43 si fece però trasferire alla cattedra di filologia romanza, tornando a occupare l'altra - che non lasciò più sino alla conclusione della carriera - per incarico. Altri incarichi ebbe anche negli anni accademici 1951-52 e 1952-53 (lingua e letteratura francese) e 1956-57 (letteratura italiana). Fu anche direttore dell'istituto di filologia romanza e ispanistica dalla costituzione di questo fino al proprio pensionamento.
Nel 1941-42 si dedicò allo studio della figura di Gonzalo de Berceo (La lingua di Gonzalo de Berceo, in Studi medievali, XV [1942], pp. 163-188, e Studi sulla poesiadi Gonzalo de Berceo, Torino 1942, poi Brescia 1947). Contribuì anche agli Atti della Reale Accademia ligure di scienze e lettere con interventi danteschi, provenzalistici e ispanistici. Nel 1944 pubblicò un primo volume antologico sulla produzione epica spagnola (L'epica spagnola, Milano 1944). Nell'immediato dopoguerra gli interessi del G. furono in misura maggiore indirizzati verso l'antico francese.
I risultati di questo lavoro sono nel volume La Chanson de Roland. Problemi e discussioni (Genova 1946), nella curatela di Béroul, Le roman de Tristan, Genova 1947, e nel lungo saggio Nel mondo di Chrétien de Troyes (in Giornale italiano di filologia, I [1948], pp. 297-322; II [1949], pp. 3-23).
Di grande rilievo anche l'uscita dell'opera per cui il G. è forse maggiormente ricordato, l'antologia commentata dei poeti siciliani La Magna Curia (La scuola poetica siciliana), Milano 1947.
Se anche G. Contini ebbe a definire la scelta del G. come "una silloge di poeti siciliani senza pretese critiche" (Nota ai testi, in Poeti del Duecento, II, Milano-Napoli 1960, p. 800), è pur vero che La Magna Curia fu forse l'antologia di siciliani più letta e consultata anche dopo quella successiva di M. Vitale (Poeti della prima scuola, Arona 1951).
Nel 1949 il G., oltre a curare un'edizione delle Novelas ejemplares di Cervantes (Torino 1949), cominciò a collaborare all'Enciclopedia Italiana con voci sul folklore e sulla letteratura dialettale della sua regione di nascita, l'Abruzzo. L'anno dopo furono invece pubblicate le sue voci cinquecentesche (Speroni, Tansillo, Tolomei e Trissino). Da registrare anche la collaborazione alla terza annata di una rivista di prestigio come Lettere italiane, con Gli albori della poesia moderna (III [1951], pp. 8-31). Nel 1952 il G. tornò a un suo giovanile cavallo di battaglia, il Detto del gatto lupesco.
All'articolo Su un antichissimo "Detto" italiano, in Giornale italiano di filologia, V (1952), pp. 19-32, seguì poi la ripresa del tema, in forma di replica, A proposito del Detto del gatto lupesco, in Filologia romanza, III (1956), pp. 113-121. Nella tradizione interpretativa del Detto, la posizione del G. si contrappone a quella di L. Spitzer, questi propendendo per la lettura umoristica (e sovrinterpretando in senso psicoanalitico la figura del protagonista), il G. fornendo una decisa lettura "etico-simbolica" (Contini), che, se nella sua giovanile declinazione lasciava spazio alla possibilità che il poema fosse una sorta di "vanto" giullaresco, nella versione seriore inclina a una moralizzazione di tutti i tratti, anche di quelli patentemente satirici, ipotizzando addirittura per l'opera uno statuto di possibile precedente della Commedia come itinerario allegorico verso una meta divina. È bene precisare come Contini (Poeti del Duecento, II, pp. 284 ss.) scarti entrambe le visuali come troppo parziali e costruite a tesi, auspicando una lettura insieme mediana e più spregiudicata.
Nel 1953 il G. fu eletto socio effettivo dell'Accademia ligure di scienze e lettere; lo stesso anno pubblicò un altro saggio su un testo italiano delle origini (Postilla al "Ritmo cassinese", in La Rassegna della letteratura italiana, LVII [1953], pp. 294-309) e un lavoro di ambito francese (Simbolo e poesia nel Lai de l'ombre, in Giornale italiano di filologia, VI [1953], pp. 4-11). Seguirono altri lavori ispanistici (Problemi di epica spagnola, in Giornale italiano di filologia, VI [1953], pp. 298-309; VII [1954], pp. 36-54), francesistici (Con Villon e i suoi moderni interpreti, ibid., VII [1954], pp. 240-321), italianistici (Un sonetto di Dante, ibid., pp. 298-306; Ancora sul Cantico di frate Sole, in La Rassegna della letteratura italiana, LIX [1955], pp. 440-445).
Dal 1957 pubblicò soprattutto opere di sintesi, come l'antologia Il Cid e i cantari di Spagna (Firenze 1957), dove, tra l'altro, viene contestata la classica tesi della "tradizionalità" dell'epica, sostenuta dal celebre storico della letteratura spagnola R. Menéndez Pidal, la Letteratura spagnola portoghese, nella collettanea Storia della letteratura moderna d'Europa e d'America, diretta da C. Pellegrini, II, Milano 1959, pp. 3-248, e Le origini dell'epopea francese e la Chanson de Roland, Genova 1962. Vennero ripresi anche gli studi sulla materia bretone (Perceval, in Filologia romanza, VI [1959], pp. 113-149) e su Lope (Per la Dorotea di Lope de Vega, in Studi in onore di A. Monteverdi, I, Modena 1959, pp. 303-312). Nel 1966 partecipò all'importante volume, curato dall'istituto di letteratura italiana dell'Università di Genova in occasione delle celebrazioni dantesche, con l'articolo Divagazioni sul De vulgari eloquentia (in Miscellanea di studi danteschi, Genova 1966, pp. 119-132). Nel 1969 raccolse gran parte degli articoli pubblicati nei precedenti vent'anni nel volume Nel mondo neolatino (Bari 1969, tredicesimo titolo della "Biblioteca di filologia romanza" diretta da G. Sansone).
Oltre a pochi brevi articoli sulla rivista Cultura e scuola, l'ultima fatica scientifica di rilievo del G., più che ottantenne, è l'edizione ancor oggi citata di G.B. Giraldi Cintio, Scritti critici, Milano 1973.
Il G. morì a Genova il 27 nov. 1978.
Fonti e Bibl.: Necr. in Atti della Accademia ligure di scienze e lettere, XXXVI (1979), pp. 54-58; S. Medini Damonte, Bibliografia delle opere di C. G., in Omaggio a C. G., Genova 1971, pp. 11-25.