Camillo Golgi
Camillo Golgi è stato un protagonista della scienza nella seconda metà dell’Ottocento. Il suo nome è legato a contributi fondamentali: l’invenzione della reazione nera, un metodo che permise di porre in evidenza, per la prima volta nella storia, la struttura fine del sistema nervoso centrale; la scoperta dell’apparato o complesso di Golgi, uno dei componenti fondamentali della cellula, e la descrizione del ciclo del plasmodio della malaria nelle forme regolari, terzane e quartane della malattia, con l’identificazione del rapporto di corrispondenza fra moltiplicazione del parassita e accesso febbrile. Tutti studi che hanno profondamente mutato settori basilari della biologia e della medicina.
Bartolomeo Camillo Emilio Golgi nacque a Corteno (oggi Corteno Golgi in suo onore) nell’alta Valcamonica, il 7 luglio 1843, terzo di quattro figli del medico del paese, Alessandro, di origini pavesi. Deciso a intraprendere la stessa strada del padre, dopo la maturità si iscrisse alla facoltà medica dell’Università di Pavia laureandosi nel 1865. Subito dopo lavorò come medico civile per il servizio di sanità dell’esercito, impegnandosi nella lotta contro il colera con base operativa a Zavattarello, e successivamente, per un breve periodo, nel reparto chirurgico dell’ospedale di Novara. Tornato a Pavia entrò rapidamente nell’orbita intellettuale di Cesare Lombroso (1835-1909), all’epoca docente di clinica delle malattie nervose e mentali, sotto la cui direzione iniziò il suo apprendistato scientifico come assistente nell’ospedale San Matteo. Ben presto Golgi, alla ricerca di una guida nello studio morfologico dei tessuti biologici, e in particolare del cervello, si avvicinò al giovanissimo Giulio Bizzozero (1846-1901), che stava innovando profondamente le indagini strutturali sulla materia vivente adottando come base concettuale la patologia cellulare di Rudolf Virchow (1821-1902).
Nel 1872 ottenne il posto di medico primario presso un ospedale ad Abbiategrasso, a circa trentacinque chilometri da Pavia. Lavorando da solo, nella cucina del suo piccolo appartamento, probabilmente fra la fine di quell’anno e l’inizio del successivo, Golgi realizzò un’impresa che sarebbe diventata epocale nella neuroanatomia mondiale: la messa a punto di un metodo che permise per la prima volta di visualizzare l’architettura profonda del sistema nervoso centrale. Questa tecnica, conosciuta presto come reazione nera o metodo cromoargentico o ancora come metodo di Golgi, avrebbe rivoluzionato gli studi neuroanatomici.
Tornato a Pavia all’inizio del 1876 come professore straordinario di istologia, dall’aprile passò per pochi mesi sulla cattedra di ordinario in anatomia dell’Università di Siena. A fine anno era comunque di ritorno nell’ateneo lombardo nella posizione di ordinario di istologia; nel 1879 diventò professore incaricato di patologia generale, vincendo, dopo due anni, la relativa cattedra, ma conservando l’incarico d’insegnamento dell’istologia fino alla fine della sua carriera. Inoltre, Golgi assunse e mantenne, fino alla Prima guerra mondiale, un primariato ad honorem di un piccolo reparto di medicina nell’ospedale San Matteo, circostanza che gli permise di svolgere osservazioni cliniche importanti.
Nel 1885 iniziò una serie di ricerche che avrebbe rivoluzionato la patologia clinica della malaria. Fra il 1893 e il 1896 assunse per la prima volta la carica di rettore dell’Università di Pavia. Tornato a un’intensa vita di laboratorio, nel 1897-98 identificò l’apparato o complesso di Golgi, uno dei costituenti fondamentali della cellula. Nel 1900 fu nominato senatore del Regno d’Italia, fra il 1899 e il 1901 fu preside della facoltà medica pavese e poco dopo, nel 1901, iniziò un secondo lungo periodo di rettorato che si protrasse fino al 1909. Nel 1906 gli fu conferito il premio Nobel per la medicina ex aequo con lo spagnolo Santiago Ramón y Cajal (1852-1934), per il suo contributo allo studio della struttura del sistema nervoso. Posto a riposo nel 1918 per raggiunti limiti d’età, Golgi continuò a dedicarsi con costante impegno alle ricerche istologiche fino a poco prima della morte, avvenuta il 21 gennaio 1926.
Quando Golgi si iscrisse all’Università di Pavia, esercitava una considerevole influenza la nuova medicina tedesca che aveva come suo modello interpretativo la patologia cellulare di Virchow e come suo emblema il microscopio.
Un fondamentale punto di svolta nella sua vita scientifica fu certamente rappresentato dall’incontro con Lombroso che proprio in quegli anni stava gettando le basi delle teorie che a fine secolo lo avrebbero fatto diventare un autentico fenomeno culturale di fama mondiale. Sotto la sua influenza Golgi mosse i passi iniziali nella ricerca scientifica pubblicando i primi lavori, tra cui il saggio Sull’eziologia delle alienazioni mentali in rapporto alla prognosi e alla cura («Annali universali di medicina», 1869, 207, pp. 564-632; Opera omnia, 1903, 3° vol., pp. 741-95). Si trattava di indagini nelle quali l’interpretazione delle malattie neuropsichiatriche si basava sul dato anatomico, antropometrico e neuropatologico.
Ben presto, tuttavia, Golgi si allontanò da Lombroso, del quale probabilmente non apprezzava né l’eclettismo metodologico né la mancanza di rigore, e iniziò invece ad avvicinarsi a Bizzozero, l’astro nascente della ricerca pavese che guardava ai Paesi di lingua tedesca come all’ideale scientifico a cui ispirarsi.
Più giovane di tre anni, Bizzozero si era laureato nel 1866; dopo brevi soggiorni di studio all’estero era passato dal banco dello studente alla cattedra di docente di patologia generale. Il rigore di ricercatore era ben diverso dal pressappochismo esplosivo di Lombroso. Così, se grazie allo psichiatra si era accesa in Golgi la passione per il sistema nervoso, fu tuttavia Bizzozero a stimolare la sua maturazione scientifica, dotandola di un metodo di lavoro e facendogli scoprire la via istologica alla neurobiologia. Per diversi anni lo studio del sistema nervoso, in condizioni normali e patologiche, diventò orizzonte preferito delle sue indagini e le tecniche morfologiche furono il metodo privilegiato del suo stile di ricerca.
La nuova passione ritrovata a contatto con Lombroso e, soprattutto, con Bizzozero, spinse Golgi a cercare un posto nell’Università di Pavia che gli permettesse di intraprendere la carriera scientifica. L’ambiente medico pavese offriva, però, soltanto posti precari di medico secondario nell’ospedale San Matteo. Dopo alcuni anni trascorsi in questa situazione professionale, Golgi vinse il posto da primario nelle Pie case degli incurabili di Abbiategrasso. Nonostante l’isolamento scientifico, continuò le sue ricerche e il 16 febbraio 1873 scriveva una frettolosa lettera all’amico oculista Nicolò Manfredi, rimasto a Pavia:
Lavoro molte ore al microscopio. Sono felice di aver trovato una nuova reazione per dimostrare anche agli orbi le strutture dello stroma interstiziale della corteccia cerebrale. Faccio agire il nitrato d’argento sui pezzi di cervello induriti in bicromato di potassio. Ho già ottenuto risultati assai belli e spero di ottenere di più (cit. in Mazzarello 2006, p. 107).
Questo è l’unico annuncio, a noi noto, della messa a punto della reazione nera, il contributo che valse a Golgi, più di trent’anni dopo, il premio Nobel per la medicina. Il metodo cromoargentico, apparentemente semplice, ma in realtà molto laborioso, è diviso in due momenti sequenziali: una prima fase di fissazione-indurimento dei pezzi di tessuto nervoso in bicromato di potassio, una seconda rappresentata dalla loro immersione in una soluzione di nitrato d’argento. Il risultato che si ottiene è la precipitazione selettiva del cromato d’argento, un sale che colora in nero il corpo cellulare con tutti i suoi prolungamenti fino alle estreme diramazioni. La silhouette della singola cellula nervosa emerge così in tutta la sua complessa morfologia con contorni precisi e perfettamente definiti. Caratteristica della reazione, tuttora non spiegata nella sua natura chimico-fisica, è la sua parzialità: soltanto una bassa percentuale delle cellule acquisisce una colorazione bruna e spicca nettamente nel campo microscopico, emergendo dall’apparente caos del labirintico intreccio nervoso, rivelando ordinate disposizioni spaziali e precise proiezioni a distanza.
L’invenzione della reazione nera rappresentò un punto di svolta epocale nella storia della medicina e della biologia nella seconda metà dell’Ottocento. Da quel momento ciò che sembrava un programma impossibile da perseguire con le tecniche istologiche e anatomiche dell’epoca, la fine comprensione strutturale del tessuto nervoso, diventò un programma di ricerca realizzabile. Pochi mesi dopo la messa a punto del metodo, Golgi pubblicava l’articolo Sulla struttura della sostanza grigia del cervello («Gazzetta medica italiana», 1873, 33, pp. 244-46; Opera omnia, 1903, 1° vol., pp. 91-98), che riportava alcuni risultati ottenuti con l’applicazione di questo nuovo potente strumento di indagine morfologica. Presto seguirono lavori sulla struttura del cervelletto e dei bulbi olfattori. Nello stesso momento, anche utilizzando la reazione nera, Golgi apriva nuove prospettive allo studio delle malattie neurodegenerative, identificando le alterazioni anatomo-patologiche (lesioni nei corpi striati e alterazioni nella corteccia frontale) in un caso di corea.
Tornato a Pavia nel 1876, Golgi proseguì le ricerche sulla struttura del sistema nervoso centrale. Furono immediatamente fondamentali i risultati neuroanatomici e neurocitologici ottenuti applicando un metodo di indagine così innovativo. Golgi fu in grado di dimostrare la costante presenza dell’assone nella costituzione generale delle cellule nervose, la sua ramificazione, e diede una magistrale descrizione dei dendriti, mai visti in precedenza a quel livello di definizione morfologica. Importante fu la classificazione delle cellule nervose in elementi del primo e del secondo tipo (sulla base della lunghezza dell’assone), la descrizione di molti tipi citologici, come le cellule che portano il suo nome nel cervelletto, una nuova più precisa descrizione delle cellule gliali, oltre all’illustrazione originale di molte regioni dell’encefalo.
La reazione nera realizzava un decisivo salto in avanti per l’istologia del sistema nervoso, ma un progresso ancora più grande lo faceva la neuroanatomia microscopica che, in senso moderno, può dirsi fondata dal metodo di Golgi. Soltanto da quel momento diventavano possibili la descrizione sistematica e la classificazione delle strutture nervose nei termini di gruppi cellulari legati da precisi rapporti spaziali. Questo sguardo nuovo alla struttura generò nuove idee sulle funzioni. Prima di Golgi si riteneva che il collegamento funzionale fra le cellule nervose avvenisse per mezzo di una rete sinciziale derivante dalla fusione dei dendriti, estesa a tutti i centri nervosi. Fin dalle prime applicazioni della reazione nera, Golgi confutò l’esistenza di questa struttura reticolare e volse il suo sguardo all’assone, costantemente presente, quale elemento centrale nella propagazione nervosa, capovolgendo quindi la concezione allora dominante della neurofisiologia cellulare. Tuttavia Golgi, probabilmente in linea con un’idea olistica del funzionamento cerebrale che ben si sposava con uno schema a vasi comunicanti dei collegamenti nervosi a livello cellulare, non uscì dal paradigma reticolarista, anche se lo capovolse. Il collegamento fra gli elementi nervosi, se non era possibile attraverso la fusione interdendritica, poteva essere ipotizzabile attraverso un meccanismo di collegamento (o intimo contatto) fra le ramificazioni degli assoni, appena scoperte.
Da qui nasce la teoria della rete nervosa diffusa, che poi diventò progressivamente, nella sua mente, un fatto morfologicamente dimostrato, finendo per costituire la camicia di forza delle sue concezioni neurofisiologiche. Quando, circa quindici anni dopo l’invenzione della reazione nera, si svilupperà la teoria del neurone, Golgi rimarrà fedele fautore della sua rete nervosa diffusa. Lo scontro fra reticolarismo e neuronismo (il cui campione indiscusso divenne lo spagnolo Ramón y Cajal) caratterizzerà le ricerche sul sistema nervoso fra Ottocento e Novecento. Gli studi strutturali perseguiti con tenacia portarono alla pubblicazione di un libro-atlante, con figure a colori, dal titolo Sulla fina anatomia degli organi centrali del sistema nervoso (1884, ed. ampliata 1885), che costituì un punto di svolta nella storia dell’illustrazione anatomica del sistema nervoso centrale.
Le scoperte di Golgi non ebbero riscontro immediato e dovettero passare più di quindici anni perché egli vedesse finalmente riconosciuti i suoi meriti. A livello internazionale ci si rese conto del potere conoscitivo della reazione nera soltanto nella seconda metà degli anni Ottanta. La convinzione che con esso si fosse originata una fase del tutto nuova nelle indagini neurobiologiche è confermata dall’atteggiamento del grande istologo Rudolf Albert von Kölliker (1817-1905), che giungerà a suddividere i suoi studi strutturali sul sistema nervoso in ricerche sviluppate con il metodo cromoargentico e lavori effettuati con gli altri metodi, e che nel 1894 farà ottenere a Golgi la prestigiosa medaglia Rinecker della facoltà medica dell’Università di Würzburg.
Golgi rivolse presto l’attenzione anche al sistema nervoso periferico, e fra il 1878 e il 1880 identificò due corpuscoli sensitivi tessutali, gli organi muscolo-tendinei detti di Golgi (tensocettori) e i corpuscoli poi noti come di Golgi-Mazzoni (pressocettori); inoltre descrisse alcune particolarità nella struttura dei nervi periferici, successivamente indicati come imbuti cornei di Golgi-Rezzonico.
Negli anni Ottanta, comunque, pago dei risultati ottenuti per mezzo della reazione nera, Golgi rivolse la sua attenzione ad altri argomenti di studio. Videro la luce, così, alcuni lavori che descrivevano con precisione le fasi istogenetiche del nefrone e dei corpuscoli renali. Fra l’altro Golgi scoprì che il tubulo distale del rene entra in rapporto con il polo vascolare del corpuscolo di Malpighi, chiarendo la base anatomica di quella che i fisiologi considerano sede di importanti meccanismi per la regolazione della pressione arteriosa. La direzione di un piccolo reparto clinico gli permise di sviluppare studi importanti sulla rigenerazione renale, sull’infestazione intestinale da vermi, sulle trasfusioni peritoneali. Le ricerche clinico-laboratoristiche più importanti del periodo si rivolsero comunque allo studio della malaria.
Dopo un soggiorno a Roma nell’ospedale Santo Spirito, ospite nel settembre 1885 dell’anatomo-patologo Ettore Marchiafava e dell’igienista Angelo Celli (che avevano confermato ed esteso la scoperta del francese Alphonse Laveran sull’esistenza di un microrganismo ematofilo responsabile dell’infezione), Golgi fu in grado di descrivere a Pavia le successive modificazioni morfologiche del plasmodio della malaria nel sangue dei malati di terzana benigna e di quartana (ciclo di Golgi), e soprattutto di identificare la relazione esistente tra il periodico accesso febbrile dei pazienti e la sporulazione, ossia la riproduzione del protozoo (legge di Golgi). Scoperte che gli valsero nel 1894 l’importante premio Riberi dell’Accademia di Medicina di Torino e nel 1907 la medaglia Mary Kingsley della scuola di medicina tropicale di Liverpool.
Nel 1897 Golgi tornò a un’intensa vita di laboratorio. Studiando i gangli spinali con una variante del suo classico metodo cromoargentico, scoprì un apparato filamentoso, ad andamento convoluto, disposto in maniera tale da formare una rete citoplasmatica nettamente separata dal nucleo e dalla membrana cellulare. L’osservazione non era facilmente riproducibile: decise allora di attendere prima di pubblicare questi risultati preliminari. Quando fra la fine del 1897 e l’inizio del 1898 il suo allievo Emilio Veratti (1872-1967) dimostrò la stessa formazione endocellulare studiando le cellule di origine del quarto nervo cranico, Golgi decise di rendere nota la sua scoperta. Nel frattempo era riuscito a riprodurre la stessa formazione anche nelle cellule di Purkinje del cervelletto.
Nell’aprile del 1898 comunicò alla Società medico-chirurgica di Pavia la scoperta dell’apparato reticolare interno, poi indicato come apparato di Golgi. Poco dopo, i suoi allievi Antonio Pensa (1874-1970), Adelchi Negri (1876-1912) ed Edoardo Gemelli dimostrarono l’apparato reticolare anche in tessuti non nervosi. La reale esistenza di questa formazione fu dibattuta a lungo nella letteratura scientifica internazionale: molti sostenevano che si trattasse di un artefatto del metodo di colorazione. La controversia fu risolta soltanto nel 1954 da Marie Felix e Albert Dalton con il microscopio elettronico. Negli anni seguenti ci fu un moltiplicarsi delle ricerche che dimostrarono l’importanza fisiologica dell’organulo in molti processi cellulari, quali la modificazione, il trasporto e lo smistamento delle proteine alla superficie cellulare secretiva, nonché la biosintesi degli oligosaccaridi e dei lipidi. Dagli anni Cinquanta l’organulo ha iniziato a essere indicato come Golgi complex, e da circa trent’anni, semplicemente, come the Golgi, circostanze che rendono il nome del patologo pavese fra quelli più presenti nella letteratura scientifica internazionale.
Al volgere del nuovo secolo la creatività scientifica di Golgi si esaurì. Continuò a mantenere una produzione scientifica, ma ormai la sua vita era divisa fra gli impegni di senatore del Regno d’Italia ‒ con interventi soprattutto di politica universitaria ‒ e di rettore dell’Università di Pavia. Intanto si era formata, attorno a lui, un’importante scuola scientifica destinata a incidere in profondità nell’evoluzione degli studi medici e biologici italiani. Fra i nomi rilevanti degli allievi di Golgi possiamo ricordare Negri, che identificò le alterazioni anatomo-patologiche patognomoniche dell’infezione rabbica; Veratti, noto per l’identificazione del sistema T legato alle funzioni del reticolo sarcoplasmatico; Vittorio Marchi (1851-1908), ideatore di una tecnica istologica fondamentale per la messa in evidenza delle vie nervose; Carlo Martinotti (1859-1918), il cui nome è rimasto legato alle cellule ad assone ascendente nella corteccia cerebrale; Aldo Perroncito (1882-1929), che definì la morfologia e la cinetica di rigenerazione del nervo periferico dopo taglio sperimentale; Edoardo (poi padre Agostino) Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica, e, infine, Casimiro Mondino (1859-1924), promotore dell’Istituto neurologico di Pavia che porta il suo nome.
Oltre al premio Nobel e ad altri premi internazionali, Golgi fu insignito di lauree honoris causa a Cambridge (1898), Ginevra (1909), Kristiania (Oslo, 1911), Atene (1912) e alla Sorbonne di Parigi (1923). Nel corso del primo conflitto mondiale diresse l’Ospedale militare organizzato nell’antico collegio Borromeo di Pavia e diede impulso al trattamento riabilitativo dei feriti di guerra. Dopo la parentesi bellica cercò di contrastare la fondazione dell’Università a Milano, da lui percepita come una minaccia per la stessa esistenza dell’ateneo pavese. Quando morì, quest’uomo carico di gloria sembrava apparentemente un vinto: aveva perso la sua lunga battaglia contro la teoria del neurone, che stava trionfando nei trattati scientifici, e quella contro l’istituzione dell’Università di Milano; cionondimeno, fu una delle figure più influenti nella storia della biologia. La sua formidabile reazione nera fornì la chiave per schiudere la misteriosa scatola nera encefalica, costituendo la ‘stele di Rosetta’ che avrebbe permesso di decifrare il crittogramma nervoso, mentre un fondamentale organulo cellulare porta il suo nome. Qualcuno ha scritto che diventare un eponimo costituisce una via maestra per l’immortalità nella memoria degli uomini: se questo è vero, Golgi l’ha certamente percorsa fino in fondo.
Sulla fina anatomia degli organi centrali del sistema nervoso, Reggio Emilia 1884, ed. ampliata Reggio Emilia 1885, Milano 1886.
Opera omnia, 1°-3° vol., a cura di R. Fusari, G. Marenghi, L. Sala, Milano 1903; 4° vol., a cura di L. Sala, E. Veratti, G. Sala, Milano 1929.
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