FRANCESCHINI, Camillo
L'attività tipografica del F. ebbe inizio nel 1564 a Venezia unitamente al fratello Francesco. Della loro vita si hanno poche notizie, desumibili sostanzialmente dall'attività editoriale, l'unica, a tutt'oggi, documentabile.
Nativi forse di Venezia, vi lavorarono per circa venti anni, da soli e anche associati ad altri tipografi. La loro prima edizione fu la commedia di G.A. Giancarli, La zingana, già pubblicata nel 1545 a Mantova da V. Ruffinello e nel 1550 a Venezia da A. Bindoni. Nell'anno seguente, il 1565, i due fratelli stamparono quattro edizioni in tutto: due libri di Amadis de Gaula, il protagonista di un romanzo cavalleresco che ebbe particolare fortuna nel Cinquecento, e due opere di scrittori contemporanei, G. Giglio e A. Ulloa.
In queste edizioni compare quella che fu poi la marca dei fratelli Franceschini: il pellicano che si squarcia il petto per nutrire i suoi piccoli e il motto: offendo me per voi solo nutrire.
Nel 1566 il F. stampò anche da solo. Soltanto il suo nome si trova, infatti, nelle note tipografiche del poderoso volume delle Institutiones ad Christianam theologiam dello spagnolo J. Viguer. In quello stesso anno dalla sua officina uscì inoltre un'importante edizione dei primi tre volumi delle novelle di M. Bandello, curati dall'Ulloa, che del novelliere bandelliano seguiva l'edizione lucchese del 1554 (edizione principe) e quella milanese del 1560. La quarta parte uscì a Lione nel 1573.
La produzione tipografica di Francesco fu più intensa nel 1567. In questo anno stampò, infatti, cinque edizioni, fra cui una bella edizione dell'opera di F. Sansovino, Il simolacro di Carlo quinto imperadore, in collaborazione con I. Mantelli. Qui compare un'altra marca, un quarto di luna crescente, ma in realtà si tratta della marca dello stesso Sansovino che, in qualità di stampatore e autore, aveva appunto la luna come insegna di bottega. Nel 1568 stampò in collaborazione con il tipografo veneziano S. Zazzera un'edizione dell'Orlandofurioso di L. Ariosto. Non si hanno più sue notizie fino al 1574, quando i due fratelli tornarono a lavorare insieme per stampare La retorica di B. Cavalcanti.
Più intensa, invece, l'attività di Camillo. Molto importante fu per lui il 1572, anno in cui lavorò a Pesaro. Qui stampò due edizioni di classici. La prima, gli Euclidis Elementorum libri XV…, tradotti e commentati da F. Commandino, è un'edizione pregevole con un ricco frontespizio inciso a firma "Iacobus Criegher Germanus"; dedicata a Francesco Maria Della Rovere, principe di Urbino, svolse una funzione fondamentale nella conoscenza delle dottrine euclidee. L'altra, l'Aristarchi de magnitudinis et distantiis Solis, et Lunae liber cum Pappi Alex. explicationibus, sempre tradotta e commentata dal Commandino e dedicata ad Alderano Cibo Malaspina, marchese di Carrara. Nella stampa di Aristarco il F. si servì del carattere corsivo francese, il 118b di R. Granjon, che nel Cinquecento fu usato soprattutto a Venezia da G. Giolito de' Ferrari, da solo o in società con i fratelli.
Nel 1573 il F. era di nuovo a Venezia. Dal 1573 al 1582 stampò poco più di dieci edizioni, tra cui un'opera di G. Falloppio, I secreti diversi e miracolosi (1582), in cui compare come marca non più il pellicano, ma un tronco d'albero con il motto deiecta munitio exurgam.
Non si hanno più sue notizie fino al 1588. In questo anno pubblicò a Verona l'edizione della Mirtilla, pastorale di Isabella Andreini, in collaborazione con il tipografo veronese S. Dalle Donne. La figura di Camillo è senz'altro in secondo piano rispetto a quella di Dalle Donne, nonostante nelle note tipografiche si definiscano "Compagni". L'epistola dedicatoria a Ludovica Pellegrina è firmata dal solo Dalle Donne e sua è la marca sul frontespizio. Dopo questo anno non si hanno più sue notizie.
Il nome di Francesco riappare nel 1583 in un'edizione veneziana, l'Epitome sacramentorum a sacris canonibus et oecumenicis conciliis dell'arcivescovo di Uppsala, Laurentius Petri.
L'anno seguente, il 1584, continuarono l'attività tipografica gli eredi di Francesco. In due edizioni, una di un'opera di P. Morigi e un'altra dell'Introductio in Dialecticam Aristotelis di F. Toledo si legge, infatti, rispettivamente "appresso gli eredi di Francesco Franceschini" e "apud Haeredes Francisci Franceschini". Qui ritorna la marca già usata dal F. nel 1582: un tronco d'albero da cui spuntano due rami. L'attività degli eredi sembra iniziata e conclusa nel 1584, dal momento che non si conoscono altre loro edizioni dopo questo anno.
Fonti e Bibl.: E. Pastorello, Tipografi, editori, librai a Venezia nel secolo XVI, Firenze 1924, pp. 37 s.; F. Ascarelli, La tipografa cinquecentina italiana, Firenze 1953, pp. 209 s., 223; O. Furbetta, L'arte della stampa nelle città di Pesaro e Urbino dal sec. XV al sec. XVIII, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le Marche, s. 7, IX (1954), p. 129; A. Tinto, Il corsivo nella tipografia del Cinquecento. Dai caratteri italiani ai modelli germanici e francesi, Milano 1972, pp. 75, 97; Pesaro, Biblioteca Oliveriana, Manifestazioni roveresche (catalogo della mostra), a cura di A. Brancati, Pesaro 1981, pp. 71, 95; E. Vaccaro, Le marche dei tipografi italiani del secolo XV nella Biblioteca Angelica di Roma, Firenze 1983, pp. 90, 166, 168, 177, 276 s.; G. Zappella, Le marche dei tipografi e degli editori italiani del Cinquecento. Repertorio di figure, simboli e soggetti e dei relativi motti, Milano 1986, pp. 295 s., fig. 954; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia del '500 in Italia, Firenze 1989, pp. 210 s., 405 s., 417, 460. Per le edizioni citate si rinvia ai cataloghi e repertori generali della cinquecentine.