SCORCIATIS, Camillo de
SCORCIATIS, Camillo de. – Figlio del notaio Andrea e di una sorella di Giovanni Albino, nacque a Castelluccia, oggi Castelcivita in provincia di Salerno, poco dopo la metà del Quattrocento.
Laureato in diritto civile e canonico probabilmente a Napoli, grazie al sostegno dello zio, intraprese una brillante carriera che lo portò nel giro di pochi anni a ricoprire incarichi sempre più importanti: dopo essere stato per due anni uditore di Pietro d’Aragona, luogotenente generale nel ducato di Calabria, nel 1489 fu nominato da re Ferrante regio consigliere, ruolo che mantenne fino al 1497 e riprese per breve tempo nel biennio 1501-02 con Lugi XII di Francia.
Grazie a una solida e molto apprezzata preparazione giuridica, fu impiegato dalla corte aragonese in delicate missioni diplomatiche. Nella primavera del 1490 fu inviato a Milano per valutare la questione delle nozze, celebrate nel dicembre 1488 ma non ancora consumate, tra Isabella d’Aragona, nipote di re Ferrante, e il giovane duca Gian Galeazzo Maria Sforza, sempre più emarginato dall’ingombrante zio Ludovico il Moro, ed eventualmente chiedere l’annullamento del vincolo matrimoniale e la restituzione della ingente dote in gran parte già versata. Nel corso della stessa missione diplomatica, de Scorciatis fu raggiunto dalla notizia che il matrimonio era stato consumato, ma si portò ugualmente a Firenze e a Milano per sostenere le ragioni del re di Napoli contro le pretese di papa Innocenzo VIII. In particolare, nell’aspra controversia che aveva preso l’avvio nel 1485 con il re che si era rifiutato di pagare il censo feudale alla Chiesa e con il papa che aveva sostenuto i baroni ribelli, de Scorciatis avanzò in più circostanze la richiesta di rimettere la soluzione della vertenza a un concilio presieduto dall’imperatore, affermando esplicitamente la superiorità del concilio rispetto al papa e la superiorità dell’autorità imperiale su quella pontificia.
Le stesse argomentazioni furono infine ripetute al rex Romanorum Massimiliano d’Asburgo, destinatario finale dell’ambasceria napoletana, raggiunto dal de Scorciatis nel luglio del 1490. Le affermazioni e i toni disinvolti, probabilmente concordati con il re, anche se Ferrante in alcuni momenti sembrò prendere le distanze dal comportamento del suo ambasciatore, suscitarono reazioni ostili tanto presso la corte medicea quanto presso quella sforzesca e la decisa reazione di Innocenzo VIII, che si lamentò con gli ambasciatori delle potenze italiane del comportamento dell’oratore napoletano, colpevole anche di aver fatto circolare in forma scritta la sua orazione, considerata «vituperosissima» (Figliuolo, 1999, p. 105) e molto offensiva nei confronti della Sede apostolica. L’esito sostanzialmente negativo della missione pesò, probabilmente, sulla carriera del de Scorciatis che troviamo incaricato di una nuova missione diplomatica solo sul finire del 1493, quando la corte napoletana manifestò l’intenzione di inviarlo in Ungheria presso Beatrice d’Aragona, vedova di Mattia Corvino e da poco sposa del nuovo re, Ladislao Jagellone.
Sulle orme del fratello Giulio, luogotenente del gran camerario, anche de Scorciatis approfittò delle confische a danno dei baroni ribelli e delle strettezze finanziarie della corte napoletana e nel gennaio 1495 acquistò per 1700 ducati il feudo di Sacco nel Principato Citra, devoluto dopo la ribellione di Guglielmo Sanseverino conte di Capaccio. Poco più di un anno dopo, però, lo stesso feudo fu restituito a Sanseverino, liberato dal carcere e reintegrato nei suoi domini, e da questi venduto a Giovanni Freccia.
Nel 1498, ancora una volta seguendo la linea dettata dal fratello Giulio, de Scorciatis aderì al partito francese e, con ogni probabilità, abbandonò il Regno per farvi ritorno al seguito dell’esercito di Luigi XII di Francia nell’estate del 1501. Durante la breve dominazione francese tornò a far parte del Regio Consiglio, riformato da Luigi XII nel settembre 1501, e sul finire del 1502, come rappresentante del sedile del popolo di Napoli fu inviato, insieme con i rappresentanti dei cinque sedili dei nobili, presso il re di Francia per rendere omaggio e chiedere esenzioni fiscali a vantaggio della capitale. Con la definitiva affermazione degli Spagnoli nel Mezzogiorno fu dichiarato ribelle e i suoi beni furono confiscati. Lasciato nuovamente il Regno, si rifugiò in Francia e dal 1° ottobre 1504 alla primavera del 1508 ricoprì il ruolo di presidente del Parlamento di Normandia.
Una vertenza giudiziaria con Giovanni Freccia per il possesso del feudo di Sacco, del quale era stato a suo dire ingiustamente spogliato, ci consente di ipotizzare sin dal 1507 un suo rientro a Napoli. Circostanza che sembra confermata dal fatto che de Scorciatis viene annoverato tra i docenti di diritto dello Studio napoletano sotto il regno di Ferdinando il Cattolico.
Non sembra che avesse eredi diretti, tanto che dopo la sua morte la vertenza per il recupero della terra di Sacco fu portata avanti dal nipote Giovanni Girolamo, figlio del fratello Fabrizio. Da un altro figlio di Fabrizio, Camillo, discese il ramo più longevo della famiglia, quello dei baroni di Basciano in Abruzzo, estintosi nella seconda metà del Seicento.
Fonti e Bibl.: N. Toppi, De origine tribunalium nunc in Castro Capuano fidelissime civitatis Neapolis existentium libri quinque, II, Napoli 1659, pp. 200, 224, 238 s., 399-402; Notar Giacomo, Cronaca di Napoli, a cura di P. Garzilli, Napoli 1845, p. 269; I Diarii di Marino Sanuto, IV, a cura di N. Barozzi, Venezia 1880, coll. 77, 370, 512, 514, 761; ibid., V, a cura di F. Stefani, Venezia 1881, col. 817; Recueil des présidents, conseillers et autres officiers de l’Échiquier et du Parlement de Normandie par Bigot de Monville 1499-1550, a cura di M.G.A. Prevost, Rouen-Paris 1905, pp. 19, 26-31, 107; Dispacci e lettere di Giacomo Gherardi, a cura di E. Carusi, Roma 1909, pp. 436, 463, 480, 482, 517, 520, 522-529, 533, 537-542; M. Perotta, Gli Scorziati della Castelluccia alla corte degli Aragonesi di Napoli, in Il Postiglione, IX, n.10 (giugno 1997), pp. 53, 63-65; B. Figliuolo, Il diplomatico e il trattatista. Ermolao Barbaro ambasciatore della Serenissima, Napoli 1999, pp. 94, 105-107, 114; Corrispondenza degli ambasciatori fiorentini a Napoli, V, a cura di F. Trapani, Battipaglia 2010, pp. XV, 59-61, 64-66, 69 s., 75 s., 88-92, 95, 229, 231, 237 s., 241-243, 248-256, 259 s., 263, 270-275, 277-280, 286, 289, 297, 299-301, 303, 305, 308-312, 316, 319-321, 324-325, 332, 336s; ibid., VIII, a cura di B. Figliuolo, Battipaglia 2015, p. 445.