DE FRANCESCHI, Camillo
Nacque a Parenzo, in Istria, il 3 ag. 1868, ultimo dei quattro figli di Carlo, segretario provinciale, e di Maria Micheli. Iniziò gli studi classici al ginnasio tedesco di Pisino, dove il padre si trasferì per stargli vicino, ma, soppresso l'istituto, dovette passare a Trieste. Egli compì gli studi medi, poi si iscrisse all'Accademia di commercio che finì nel 1889. Partecipò fin dal 1886 al Comitato d'azione giuliano che faceva capo al Circolo Garibaldi, fondato a Milano da R. Battera, e dirigeva le manifestazioni d'irredentismo; educato a sentimenti di devozione all'Italia e all'Istria, vi assunse un ruolo preminente, nella distribuzione del foglio clandestino L'Eco dell'Alpe Giulia, nella formazione d'una rete di cospirazione in Istria capeggiata da G. Timeus nel dar vita a gesti di protesta contro i soprusi governativi.
Quando (24 marzo 1889) un comitato di austriacanti volle inaugurare in piazza della Stazione un monumento celebrativo della dedizione di Trieste agli Asburgo, il Comitato d'azione vi collocò un petardo; un ispettore di polizia lo notò e lo raccolse, restando ferito alla mano. Le autorità e i giornali austriaci chiesero severe misure contro gli irredentisti e in un primo tempo vennero arrestati tutti i redattori dell'Indipendente, ritenuti moralmente responsabili degli attentati; poi, in settembre, vennero arrestati sulla base di confidenze quattro giovani e tra loro il D., che a ventun'anni era il più anziano del gruppo.
Nel processo, tenutosi dopo cinque mesi di segregazione (febbraio 1890), gli accusati, che costituivano "una società positivamente contraria al presente ordine di cose ed ostile al governo, che cerca di intimorire la popolazione con ripetute esplosioni di petardi, dimostrazioni di piazza e distribuzione di giornali e manifesti", vennero condannati: A. Rascovich, A. Clementini e D. Sacco a un anno e mezzo di carcere, il D. a due anni, inaspriti da un giorno di digiuno e d'isolamento ogni due mesi.
Il D. non si avvilì e scontò la pena nel castello di Gradisca. Uscitone (22 febbr. 1892), poté assistere nei suoi ultimi giorni il padre, al cui esempio guardò nell'azione politica e negli studi. Apprezzato negli ambienti intellettuali per le sue doti e la sua coerenza, ottenne da A. Hortis un incarico alla Biblioteca comunale di Trieste (1894), dove rese utili servizi, guadagnandosi la stima del direttore e la promozione a funzionario e in seguito a vicedirettore. Mentre l'Hortis si dedicava ai suoi studi e ai molti incarichi che gli erano affidati, il D. esaminò i fondi della biblioteca, ne curò lo sviluppo, venne incontro con competenza alle richieste degli studiosi e dei lettori, poté dedicarsi a sua volta allo studio, acquisendo profonda cultura storica e paleografica.
Mentre riprendeva, coadiuvato da M. Morpurgo, a corrispondere con il Battera a Milano e partecipava all'energica azione contro le tabelle bilingui collocate sugli uffici governativi in Istria (1894), incominciò a collaborare con saggi documentati agli Atti e memorie della Società istriana di archeologia e storia patria.Accompagnato dal fratello Giulio, valente disegnatore, perlustrò luoghi e monumenti dell'Istria interna, cui dedicò la sua prima monografia, I castelli della Val d'Arsa, con documenti inediti ed alberi genealogici, ibid., XIV (1897), pp. 135-98, 337-93; XV (1898), pp. 152-97, 199-264.
Dagli istituti feudali germanici della contea di Pisino la sua indagine si spostò alla vita comunale italiana della costa, col volume su Il Comune polese e la signoria dei Castropola, ibid., XVIII (1901), pp. 168-212, 281-361; XIX (1902), pp. 147-227; XX (1903), pp. 95-130 (e con numerazione a parte pp. 283), che fa la storia d'un tormentato periodo di lotte e di tirannide, sulla base di documenti tratti da diversi archivi. Nel 1908 si fece editore degli statuti trecenteschi di Albona (Statuta Communis Albonae, in Archeografo triestino, s. 3, IV [1908], pp. 131-229), gli unici in Istria d'origine patriarchina. E di problemi di storia di Pisino e di Pola il D. continuò ad occuparsi fino al 1912, come attestano parecchie memorie ed articoli, per dedicarsi quindi allo studio del ricco Archivio comunale di Pirano.
Scoppiata la prima guerra mondiale, durante la quale, per quanto sorvegliato, poté rimanere al suo posto grazie alla tolleranza del commissario imperiale Krechich-Strassoldo e sostituire anche l'Hortis rifugiatosi in Italia nel maggio 1915, il D. custodì la biblioteca di Trieste con abilità, sottraendo alle ricerche delle autorità documenti dell'Archivio diplomatico e i materiali preparati dall'Hortis per la sua storia. Verso la fine del conflitto, appressandosi la disfatta dell'Austria, fu con l'avv. A. Pesante nella commissione che indusse il deputato triestino E. Gasser a fare alla Camera di Vienna solenne dichiarazione di separatismo.
Con la conclusione del conflitto, si aprirono agli studiosi di storia contemporanea gli Archivi dello Stato. Anche il D. vi attinse per i primi saggi di storia del Risorgimento, dedicati a T. Luciani e ai primordi del movimento unitario a Trieste e in Istria. Qualche anno dopo diede un sostanziale contributo con la pubblicazione delle memorie del padre Carlo (Memorie autobiografiche, in Archeografo triestino, s. 3, XII [1925-26], pp. 5-304), cui premise una commossa prefazione e fece seguire una appendice documentaria del massimo interesse sulla società istriana dell'800. Nello stesso periodo portò a termine l'ampio lavoro intitolato Chartularium Piranense, I (1062-1300), in Atti e mem. d. Soc. istr. di archeol. e st. patria, XXXVI (1924), pp. LXXI-364; XLIII (1931), pp. 1-96; XLIV (1932), pp. 271-320; XLV (1933), pp. 255-320; XLVI (1934), pp. 107-92; XLVII (1935), pp. 123-230; L (1938), pp. 171-200, dove sono pubblicati e illustrati documenti che vanno dal 1062 al 1350, fondamentali per la conoscenza delle origini e dello sviluppo del Comune di Pirano, simili a quelli degli altri comuni dell'Italia settentrionale.
Ritiratosi nel 1925 B. Benussi dalla presidenza della Società istriana di archeologia e storia patria, e subentratogli F. Salata, il D. ne fu valido collaboratore come vicepresidente e come autore di numerosi articoli degli Atti e memorie.Dalla Biblioteca civica di Trieste chiese invece il collocamento a riposo quando alla direzione successe F. Braun; congedandosi, pubblicò l'elegante monografia su L'Arcadia romano-sonziaca e la Biblioteca civica di Trieste (in Archeografo triest., s. 3, XV [1929-30], 1, pp. 95-225). Nello stesso anno, istituitosi a Pola il consorzio per la costituzione di una biblioteca provinciale, il Salata s'affrettò ad offrirne la direzione al D., e questi accettò, benché anziano, felice di rendersi utile all'Istria e di farvi ritorno.
L'ordinamento della biblioteca, dell'archivio, e per qualche tempo del Museo archeologico provinciali non lo distolse dagli studi prediletti; nel quindicennio che trascorse a Pola, turbato solo dalla morte della moglie, uscirono dalla sua penna numerose trattazioni di archeologia, di toponomastica, di storia e d'erudizione: importanti quella su Giuseppe de Coletti tipografo e giornalista (in Atti e mem. d. Soc. istr. di archeol. e st. patria, XLVI [1934], pp. 17-64) e quelle su Dante e Pola (ibid., XLIV [1932], pp. 1-67) e sugli Esuli fiorentini della compagnia di Dante, mercanti e prestatori a Trieste e in Istria (in Arch. veneto, s. 5, XXIII [1938], pp. 83-178).
Nel 1935, divenuta la Società istriana sezione della Deputazione di storia patria per le Venezie, di cui era presidente il Salata, questi rinunciò alla presidenza della Società, che venne affidata alla sicura guida del D., ma pochi anni dopo, con la seconda guerra mondiale, non solo l'attività sociale subì un rallentamento, ma l'Istria diventò campo di battaglia fra Tedeschi, fascisti e nazionalisti slavi. Il D. si rifugiò a Rovigno e poi si trasferì a Venezia, mentre le sue carte e i suoi libri lasciati a Moncalvo vennero asportati dai partigiani e successivamente acquisiti alla Biblioteca nazionale di Zagabria.
Nonostante la perdita della casa e degli strumenti di lavoro, il vecchio D. non si abbatté. Egli combatté nel 1946 la sua ultima battaglia, pubblicando La Venezia Giulia terra d'Italia, in La Venezia Giulia regione storicamente italiana. Dimostrazione documentaria (Venezia 1946, pp. 59-79), miscellanea tesa a dimostrare il diritto storico-culturale della regione a far parte dello Stato nazionale italiano. Inoltre ricostituì la Società istriana di archeologia e storia patria, le trovò degna sede, diede inizio alla seconda serie delle pubblicazioni sociali e vi stampò le sue ultime cose, fra cui l'importante studio sull'attività dei comitati politici di Trieste e dell'Istria dal 1859 al 1866 basato sulle carte Combi-Luciani (L'attività dei Comitati politici di Trieste e dell'Istria dal 1859 al 1866, in Atti e mem. della Soc. istr., n. s., I [1949], pp. 145-230).
Assistito dai figli Carlo (Trieste 1900-Venezia 1972) ed Italo (Trieste 1907-Venezia 1957), che insieme con la loro professione curarono lo studio della storia medievale e contemporanea nella Venezia Giulia, il D., esule, morì a Venezia il 27 ott. 1953.
Uscì postuma, a cura del figlio Carlo, la Storia documentata della Contea di Pisino (Venezia 1964), il maggiore e forse il più importante degli scritti storici del De Franceschi.
Fonti e Bibl.: Utili i seguenti articoli del D.: C. De Franceschi, Piccoli ricordi giovanili, in La Porta orientale, V (1935), pp. 473-81; Id., Il Circolo Garibaldi di Trieste per l'Italia irredenta, in Rass. stor. d. Risorg., XXXVIII (1951), pp. 342-54; Id., Ricordi di biblioteca, in Archeografo triestino, s. 4, XXII (1959), pp. 3-76. Cfr., inoltre, i necrologi: B. Ziliotto, in Giornale di Trieste, 31 ott. 1953; C. Pagnini, in Messaggero veneto, 7 nov. 1953; S. Cella, in Difesa adriatica, 8 nov. 1953; R. Cessi, in Archivio veneto, s. 5, LXXXIII (1953), 87-88, pp. 224 s.; A. Gentile, L'animo di C.D., in La Porta orientale, XXIII (1953), 11-12, pp. 447-51; G. Rossi Sabatini, In memoria di C.D., in Pagine istriane, s. 3, XVI (1953), pp. 7-10. Sono inoltre di utile consultazione: Scritti in onore di C.D. (edito dal Centro studi per la storia del Risorgimento, I), in Annali triestini, XXI (1951), suppl.; A. Tamaro, Storia di Trieste, II, Roma 1924, p. 378; L. Gasparini, Scritti in on. di C.D., in La Porta orient., XXII (1952), pp. 103 s.; A. Gentile, Omaggio a C.D., ibid., pp. 66-69; G. Quarantotti, A commemorazione di C.D., in Atti e mem. d. Soc. istr. di archeol. e st. patria, n.s., III (1954), pp. 5-19; M. Szombathely, C. D., in Archeografo triestino, s. 4, XVIII-XIX (1955), pp. 301-09; A. Gentile, Bibliogr. d. scritti di C. D., ibid., pp. 20-34; I. De Franceschi, C. D., in La Porta orientale, XXIV (1954), pp. 194-200; Id., Irredentismo d'azione a Trieste negli anni 1888-89, in Rass. stor. d. Risorg., XLIII (1956), pp. 680-92; A. Colombis, Lo storiografo istriano C. D. studioso del Risorgimento, ibid., XLIV (1957), pp. 660 ss.; A. Tassini, Ricordo di C. D., in La Porta orientale, XXVII (1957), pp. 31-34; B. Coceani, Milano centrale segreta dell'irredentismo, Milano 1962, pp. 55, 58, 72, 75, 94 s., 102 ss., 143, 174, 185-09; A. Gentile, C.D. (1868-1953) e il suo processo (19-20 nov. 1890), in La Porta orientale, XXXIII (1963), pp. 185-97; S. Cella, Scuola, cultura e arte dopo la Redenzione, in Pagine istriane, s. 4, XXII (1968), pp. 65-82 passim; C.Pagnini, In morte di Carlo De Franceschi, in Atti e mem. d. Soc. istr. di archeol. e st. patria, n.s., XX-XXI (1972-1973), pp. XIX-XXX.