CAMPANA (Campani), Camillo
Nacque a Siena nel 1508 da Benedetto d'Antonio, notaio della Repubblica. Negli anni che precedono la guerra di Siena fu più volte impegnato nella vita pubblica in rappresentanza del monte dei Riformatori e dei terzi di S. Martino e di Camollia, quale membro di diverse magistrature dal 1531. In quest'anno, durante il bimestre maggio-giugno sedette, infatti, nel Concistoro per la prima volta. Ma dovranno trascorrere dieci anni prima che il suo nome compaia nuovamente nei ruoli delle cariche supreme della Repubblica. Nel 1541 sedette contemporaneamente nel Concistoro durante maggio e giugno e nella Biccherna per sei mesi da gennaio. Debbono ancora trascorrere alcuni anni prima che si abbiano altre notizie di una sua più intensa partecipazione alla vita pubblica. Nel 1548, da luglio a dicembre, il C. fu ufficiale della mercanzia e nell'anno seguente gonfaloniere.
Nell'ultimo periodo di vita della Repubblica senese ed anche dopo la sua caduta il C. svolse la fase più intensa della sua attività pubblica specialmente come diplomatico.
La situazione politica senese alla metà del sec. XVI si era fatta drammatica sotto l'accresciuta pressione spagnola che si manifestò nella forma più esasperante con la decisione dell'imperatore Carlo V di far erigere presso la città una fortezza per accogliervi la propria guarnigione.Il governo della Repubblica si faceva interprete della viva tensione determinatasi in tutti gli strati della cittadinanza deliberando di inviare dodici cittadini a chiedere all'imperatore il ritiro del decreto. Il C. fu eletto tra questi ed accettò l'incarico, nonostante che altri si fossero rifiutati per timore della propria incolumità. L'esito della missione fu negativo, poiché l'imperatore rispose che la fortezza si doveva erigere per sicurezza della città e non per offesa da parte delle truppe spagnole.
Ritornato a Siena, il C. sedette ancora nel Concistoro durante i mesi di maggio e giugno 1551 e nel gennaio-febbraio 1552 e per i bimestri successivi ininterrottamente sino ad agosto. All'inizio di questo mese gli Spagnoli, a causa della sconfitta subita a Camollia ad opera dei Senesi, erano costretti a ritirarsi dalla fortezza che veniva immediatamente demolita.
Quantunque appartenesse alla classe dirigente che aveva guidato la città nel momento più drammatico della sua storia, il C. non fu tra coloro che proclamarono la resistenza ad oltranza contro gli Ispano-medicei, ricostituendo la Repubblica a Montalcino. Rimase, invece, in Siena anche dopo l'ingresso delle truppe assedianti e iniziò una collaborazione con il nuovo governo che, forse dettata dal timore per la incolumità propria e della numerosa famiglia oppure dal desiderio di attenuare il più possibile le conseguenze che potevano derivare alla sua città dalla resistenza lungamente opposta o più semplicemente dal desiderio dell'Ordine, gli procurò una fama piuttosto negativa presso i cronisti di queste vicende.
Pochi giorni dopo la resa della Repubblica, l'inviato del duca Cosimo, A. Niccolini, e l'ambasciatore dell'imperatore, don Francesco di Toledo, formavano una nuova Balia composta di venti persone scelte tra i meno compromessi con i Francesi; tra queste figurava anche il Campana. Per informare l'imperatore sull'andamento dell'opera di riordinamento dello Stato senese e di ridistribuzione delle cariche, il Niccolini inviava al duca Cosimo una lista di cittadini tra cui scegliere gli ambasciatori ai quali affidare l'incarico. Il C., eletto dalla Balia insieme a Giulio Santi, riscuoteva senz'altro la fiducia del duca ed era pertanto inviato all'imperatore.
Nell'agosto 1555 il C. fu nuovamente incaricato di sollecitare la riduzione della guarnigione al fine di alleviare le sofferenze dei cittadini e di chiedere l'invio a Siena del rappresentante dell'imperatore, il Toledo, nella speranza che la sua presenza entro le mura senesi moderasse la dominazione medicea. Il 25 agosto, dieci giorni dopo l'arrivo del Toledo, fu approntata una petizione in cui numerosi senesi chiedevano che la loro città venisse concessa in feudo e quindi posta sotto la protezione di Filippo di Spagna, per sfuggire al controllo del Medici. Il C., insieme al Santi, fu incaricato di recare il documento a Bruxelles presso l'imperatore Carlo V.
I due oratori furono ricompensati dall'imperatore ed il C. ricevette in dono una collana. Costretto a una lunga permanenza a Bruxelles il C., nel gennaio 1556, scriveva preoccupato a Siena chiedendo di poter presto rivedere la famiglia e la città e ottenendo, ai primi di marzo, di rientrare in patria.
Il ritorno a Siena non dovette essere lieto, poiché si racconta che avesse trovato la casa disonorata e che per questo fosse morto di disperazione dopo pochi giorni. Ma il racconto, forse dettato dal risentimento verso un personaggio che mai aveva esitato a collaborare con il nemico, non risponde a verità, poiché anche dopo il suo ritorno a Siena il C. fu per qualche tempo impegnato nella vita pubblica. Nel bimestre luglio-agosto 1556 è, infatti, capitano del Popolo e nel secondo semestre dell'anno seguente è gonfaloniere per il terzo di Camollia. È solo da questo anno che si perdono le tracce della sua attività politica.
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