CAMILLIANI, Camillo
Figlio dello scultore fiorentino Francesco, s'ignorano l'anno di nascita e il periodo di formazione, svolto presumibilmente nella bottega paterna, sebbene si avanzi l'ipotesi di un alunnato presso il Montorsoli a Messina (Di Marzo, 1880-83). Notizie certe sulla vita e attività dell'artista si hanno solo a partire dal genn. 1574, quando il C. giungeva a Palermo con l'incarico di sovraintendere ai lavori per la sistemazione, nella piazza antistante il palazzo Pretorio, della fontana monumentale creata dal padre per la villa fiorentina di don Pedro di Toledo e venduta al Senato palermitano nel 1573. In Sicilia il C. resto poi fino alla morte svolgendo attività prevalentemente di architetto e ingegnere al servizio del governo viceregio.
Assai apprezzata dovette essere la sua opera già nella sistemazione della fontana di piazza Pretoria, la cui mutata destinazione richiese certamente un adattamento della pianta e l'aggiunta di nuove sculture, come si rileva anche dai documenti di consegna dei marmi e dalla presentazione di disegni appositamente eseguiti dal C. per l'ornamento della fonte sin dall'agosto del 1574 (Di Marzo, 1880-83).
Al disegno del C. appartengono certamente l'aggiunta del giro esterno con le erme terminali, alcune statue delle rampe e, secondo alcuni, anche il gruppo di Tritoni a sostegno del pilone centrale (Venturi): difficilmente accettabile quest'ultima ipotesi, per l'assenza di altri documentati interventi del C. nella parte scultorea della fontana. Secondo altri, nella sistemazione della fonte, l'artista avrebbe operato una vera e propria ristrutturazione del complesso, con conseguente diversa disposizione delle statue, per un effetto scenografico non previsto nella forma originaria (Samonà). È certo comunque che i lavori per la fontana di piazza Pretoria vennero terminati entro il 1581.
Nel 1582 il C. risulta infatti a Messina e nel 1583 di nuovo a Palermo, ove riceve dal governo viceregio spagnolo l'incarico di una ricognizione completa delle torri costiere di difesa dell'isola. Nello stesso anno il C. iniziava il viaggio lungo la costa, partendo da Palermo verso ponente, e giungeva a Siracusa nel febbraio del 1584, a Catania nel marzo e a Messina nel maggio dello stesso anno. Alla fine del 1584 era di nuovo a Palermo come attesta un atto in cui il viceré Marcantonio Colonna concedeva all'architetto il brevetto per un congegno da lui ideato (una moltiplica per la macina del grano). Del lungo viaggio di perlustrazione delle coste della Sicilia il C. redasse un'ampia e dettagliata relazione distinta in tre parti relative alla Descrittione dell'isola di Sicilia... (pubblicata a cura di G. Di Marzo, nella Biblioteca storica e letteraria di Sicilia, VII [1877], 2, pp. 286 ss.), alla Descrittione delle torri marittime del Regno..., e alla Descrittione delle marine di tutto il Regno... (mss.inediti nella Biblioteca comunale di Palermo). Nella descrizione delle torri costiere l'architetto forniva precise indicazioni sull'ubicazione e stato di conservazione di quelle già esistenti, e disposizioni per la costruzione di nuove nei luoghi da lui ritenuti più idonei alla difesa. Sulla base delle indicazioni logistiche e dei piani forniti nella relazione sono state concordemente attribuite a disegni del C. le ancora esistenti torri cinquecentesche dell'Isola delle Femmine, dell'Acqua dei Corsari presso Palermo (1591) e dell'Isolilla presso Castellammare. Meno certa l'appartenenza al C. dell'altra torre ubicata presso la foce del torrente Mangano nel territorio di Mascali, che reca sulla chiave d'arco della porticina d'ingresso la data del 1578 (Nicotra Rizzo).
Al C., che nel 1586 riceveva a Messina la nomina ad architetto del Regno, si deve, secondo alcuni (Samonà), la progettazione e in parte anche l'esecuzione delle opere di fortificazione di Milazzo, e precisamente il quartiere fortilicato per l'alloggio delle truppe, iniziato nel 1585 e terminato dopo il 1593 (oggi in rovina), e il complesso del castello di S. Maria (torre, muraglione e sperone sud). Su disegno del C. si dice eseguito anche l'ampliamento della fortezza di Trapani compiuto nel 1586.
Anche nel campo dell'architettura religiosa e civile non restano opere documentate o a lui attribuibili con certezza. Dubbia l'appartenenza al C. della stessa tribuna di S. Giovanni di Malta in Messina, sorta nel corso del piano di trasformazione e ampliamento della chiesa seguito al ritrovamento in loco delle reliquie dei martiri Placido e compagni nel 1588.
Per detta tribuna, rimasta poi incompiuta e danneggiata dal terremoto del 1908 (che distrusse la restante parte della chiesa), il C. dettava i capitoli di appalto tra la fine del 1590 e i primi del 1591, ma alla direzione dei lavori succedevano nel 1592 l'architetto Iacopo del Duca e nel 1601 gli Zuccarella, padre e figlio. A Iacopo del Duca attribuiscono pertanto alcuni l'intera opera (Bellafiore), che, secondo altri (Samonà), sarebbe stata portata a termine nel pieno rispetto del progetto iniziale del C., come dimostrerebbe il grandioso ma sobrio e lineare schema architettonico del prospetto con il grande nicchione centrale a raccordo dei due ordini laterali, d'ispirazione ancora michelangiolesca (Fattico è integrazione di restauro).
Più concorde, anche se non documentata, l'attribuzione al C. del progetto della cattedrale nuova all'interno del castello di Milazzo, iniziata tuttavia dopo la morte del maestro nel 1608, consacrata nel 1616 e terminata dopo il 1621. Analogie con la tribuna di S. Giovanni di Malta a Messina mostrerebbero il chiaro ordine simmetrico della pianta della cattedrale, a croce greca, l'interno sobrio dominato dall'ampio vano della cupola, la scarsezza di elementi decorativi, la linearità delle strutture anche dell'esterno a pareti lisce scandite da lesene con capitelli (Samonà). Tra varie altre ipotesi relative all'attività di architetto del C., quali la partecipazione alla erezione della porta Nuova e ai rifacimenti del palazzo reale di Palermo o al progetto del palazzo baronale di Spadafora (Calandra), la più fondata appare quella di un suo intervento nei rifacimenti cinquecenteschi (due lati del cortile e facciata est) del palazzo baronale di Roccavaldina (Samonà). A conforto di tale ipotesi stanno anche i rapporti intercorsi tra l'artista e la baronessa Laura Valdina, la quale commissionava al C., il 24 settembre del 1599, un monumento funerario per il figlio Mauro. Non è del tutto certo peraltro se appartengano poi al maestro il monumento di Marco Valdina, posto nella chiesa madre di Roccavaldina (1606), tre anni dopo la morte del C., e il sepolcro del marito della baronessa Laura, Marco Valdina, posto nella stessa chiesa e datato invece al 1600. Entrambe le opere (semplici sarcofagi a cofano montati su mensole) non presentano d'altronde elementi utili per l'accertamento della loro paternità, stante anche la mancanza di precisi termini di confronto. Scarse restano infatti le testimonianze dell'attività plastica del C., anche per la dispersione o distruzione delle sue poche opere documentate, ad eccezione della fontana Pretoria di Palermo, ove tuttavia il suo intervento come scultore dovette essere, come abbiamo visto, assai limitato.
Alla celebre opera paterna dovette peraltro ispirarsi il C. nella progettazione della fontana dell'Acqua Nuova, commissionatagli nel 1592 dalla città di Caltagirone, e il cui primitivo progetto, mai realizzato, prevedeva una grande vasca con figure di divinità marine e animali fantastici in marmo e bronzo, con pilo centrale sostenente una conca minore sormontata dalla statua bronzea di Gerone di Siracusa. Avanzo di una versione ridotta di tale fontana, realizzata dal C. nel 1596, ma distrutta dal terremoto del 1691 resta ancora la vasca con figura mutila di Tritone nel giardino pubblico di Caltagirone. Per la stessa città nel 1592 l'artista riceveva anche la commissione di un tabernacolo d'argento destinato alla chiesa di S. Maria, tabernacolo che il C. consegnava finito, a Palermo, nel 1597. Anche di quest'opera, che doveva misurare oltre due metri di altezza ed essere ornata di statuette degli Apostoli e degli Evangelisti, non restano tuttavia che pochi frammenti (dodici colonnine e altre parti della decorazione) adattati ad un tabernacolo posteriore, sempre per la stessa chiesa di Caltagirone. Altri documenti relativi ad opere di scultura eseguite dal C. riguardano un'aquila in marino con scudo della casa reale di Spagna da porre sulla porta Nuova della città di Siracusa, ordinatagli dal viceré Marcantonio Colonna nel 1581 (Meli), un'acquasantiera di marmo bianco, venduta nel 1599 ad un tale Francesco Curcio per la chiesa di S. Paolino dei Giardinieri in Palermo, e altre due analoghe pile per acqua santa per la chiesa di S. Antonio al Cassaro, ricordate nello stesso documento (Di Marzo, 1880-83) e, come la prima, ora perdute. Un documento del 1598 ci informa, inoltre, della spedizione, da Carrara, da parte di Taddeo Carlone in Genova al C. a Palermo, di trentasei carrate di marmo bianco (Campori); ma non si sa a quale opera fossero destinate.
La mancanza di precisi termini di confronto rende assai dubbia l'appartenenza al maestro della statua di Tritone che suona la buccina (con vari restauri e rifacimenti) posta al centro di una fontana nel primo cortile del Museo nazionale di Palermo, ma proveniente dal giardino del palazzo reale, ove nel 1584fuvista e molto lodata dal viceré Marcantonio Colonna (Di Giovanni). L'opera, a lui attribuita dal Di Marzo, ma assegnata in seguito a Battista Lorenzi (Wiles, Kissel), mostra in effetti caratteri stilistici non rapportabili al Tritone di Caltagirone, unica opera certa del Camilliani.
Si sa, infine, da Gaspare da Regio (Breve ragguaglio della trionfal solennità fatta in Palemo l'anno MDXCIII..., Palermo 1593) che nel 1593 il C. veniva incaricato dalla "nazione" fiorentina di Palermo di erigere un arco di trionfo e di curare gli addobbi della cattedrale in occasione dei festeggiamenti per l'arrivo della reliquia del capo di S. Ninfa. Per l'arrivo a Palermo del viceré duca di Feria, nel 1602 il C. innalzò altri due archi trionfali, uno sul luogo di sbarco, l'altro sulle fondamenta dell'erigenda porta Felice (Giuliana Alaimo). Nel 1603 l'artista moriva a Palermo.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite..., a cura di G. Milanesi, VII, Firenze 1881, p. 628; V. Di Giovanni, Del Palermo restaurato, in Bibl. storica e letteraria di Sicilia, I (1872), pp. 155, 225 ss.; J. I. Hittorff-L. Zanth, Architecture moderne de la Sicile, Paris 1835, p. 48, tav. LII; G. Di Marzo, Gli scultori della penisola che lavorarono in Sicilia nei secoli XIV, XV e XVI, in Archivio storico italiano, XVI (1872), pp. 355 ss.; Id., I Gagini e la scultura in Sicilia nei secoli XV e XVI, I, Palermo 1880, pp. 646, 811-820; II, ibid. 1883, pp. 440-447; G. Campori, Memorie biografiche..., Modena 1873, p. 300; B. H. Wiles, The fountains of Florentine sculptors..., Cambridge, Mass., 1933, pp. 70, 126; G. Samonà, L'opera dell'architetto fiorentino C. C. in Sicilia alla fine del Cinquecento, in Rivista dell'Istituto di archeologia e storia dell'arte, IV (1932-33), pp. 227 s.; A. Venturi, Storia dell'arte ital., X, 2, Milano 1936, pp. 542-545; E. Calandra, Breve storia dell'architettura in Sicilia, Bari 1938, p. 93; A. Nicotra Rizzo, Un'opera di C. C. nel territorio di Mascali, in Atti del VII congresso di storia dell'architettura - Palermo 1950, Palermo 1956, pp. 303-305; A. Giuliana Alaimo, Architettura in Sicilia dal sec. XIV al sec. XVI, Palermo 1952, pp. 16 s.; G. Patti Ferrara, Appunti sul palazzo civico di Palermo, in Regione siciliana, giugno 1951, pp. 61-63; Id., Il Palazzo delle Aquile e la fontana pretoria, in Panormus, 1952, pp. 5-8; F. Meli, Matteo Carnelivari, Roma 1958, p. 349; L. Russo, La fontana di piazza Pretoria Palermo 1961; G. Bellafiore, Lamaniera italiana in Sicilia, Palermo 1963, pp. 62, 68, 79, 114; A. Parronchi, Resti del presepe di S. Maria Novella, in Antichità viva, III (1965), pp. 9-28; H. UtzKissel, Battista Lorenzi, Inauguraldiss., München 1969, pp. 73-78, 223-228; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 440.