BORGHESE, Camillo
Primogenito di Marcantonio IV, principe di Sulmona e di Rossano, e di Anna Maria Salviati, nacque in Roma il 19 luglio 1775. Ricevette scarsa istruzione, distinguendosi invece per attitudini cavalleresche, oltre che per l'affabilità del carattere e il bell'aspetto. Accogliendo con favore il rinnovamento portato dai Francesi in Italia, aderì, fin dal febbraio 1798, alla Repubblica romana, insieme al padre e al fratello Francesco. Per tale adesione, clamorosamente manifestata nei festeggiamenti repubblicani e con la partecipazione alla campagna antiborbonica del gen. J. E. Championnet, incorse nella condanna da parte del re di Napoli, nel cui territorio erano compresi feudi della famiglia. Alla caduta della Repubblica (30 sett. 1799) dovette perciò andare in esilio, col principe Checchino Santacroce e il duca Lante Della Rovere, compromessi come lui. Tornato in Roma nel 1802, in seguito all'amnistia di Pio VII, ospitò, nel maggio, il generale G. Murat, che probabilmente lo esortò a recarsi a Parigi. Dopo aver soggiornato dal 1802in varie città italiane (Firenze, Bologna, Venezia, Milano e Torino), giunse nel marzo 1803 nella capitale francese, dove il legato pontificio, cardinale G. B. Caprara, lo presentò al primo console, Napoleone Bonaparte, nell'udienza del 3 aprile. Segnalatosi presto per l'altezza del rango e la vita sfarzosa negli ambienti mondani e diplomatici, conobbe, in casa di Giuseppe Bonaparte, la sorella di questo, Paolina, da poco vedova del gen. Ch.-V.-E. Leclerc, intrecciando con lei una relazione sentimentale che, grazie alla mediazione, sollecitata da Giuseppe, del Caprara - cui non sfuggiva l'importanza delle nozze, nel quadro degli accordi tra il Papato e la Francia - e del diplomatico toscano L. Angiolini, si risolse col matrimonio.
La cerimonia religiosa fu celebrata il 28 agosto e quella civile, a causa del lutto vedovile di Paolina, il 6 novembre. La coppia si trasferì quindi a Roma.
Il principe ebbe tuttavia presto a dolersi dell'irrequieto e leggero comportamento della moglie: ne scrisse all'Angiolini fin dal 31 marzo 1804, né mancò un appello a Paolina dello stesso Napoleone, informato dallo zio card. J. Fesch, ambasciatore a Roma.
Avendo Paolina voluto tornare a Parigi, il B. ottenne, come corrispettivo della sua condiscendenza, quegli onori attribuiti agli altri parenti del Bonaparte, frattanto proclamato imperatore: il senato-consulto del 27 marzo 1805 gli diede i diritti di cittadino francese ed il titolo di principe della famiglia imperiale; fu decorato con la gran croce della Legion d'onore e uno degli ordini del Toson d'oro, che Napoleone aveva ricevuto dal re di Spagna; quindi, per le segrete pressioni di Paolina, desiderosa di allontanarlo, venne in luglio posto al comando di uno squadrone della guardia imperiale. Partecipò, così, alle operazioni contro la terza coalizione ed il 27 dic. 1805 conseguì il grado di colonnello.
Col decreto del 30 marzo 1806 il B. fu creato duca di Guastalla, come consorte di Paolina, che però, il 24 maggio, vendette il possesso, per sei milioni di lire, al Regno d'Italia. Prese poi parte alla guerra contro la quarta coalizione e fu inviato da Napoleone in Polonia per promettere l'appoggio francese ai moti nazionali di quel paese. Culminata, al tempo della pace di Tilsitt (1807), la sua carriera nell'esercito napoleonico, col grado di generale di divisione, anche per il B. si aprì, sia pure su un piano relativamente modesto, la via del potere politico in uno dei paesi conquistati: venne, infatti, nominato, nel 1808, governatore generale, con sede a Torino, dei nove dipartimenti transalpini, corrispondenti ai territori del Piemonte (fino alla Sesia), dell'ex ducato di Parma e della Liguria.
In quest'incarico non svolse un'attività significativa, sia per la mancanza di particolari capacità politiche sia per l'invadenza dei prefetti che agivano in diretta corrispondenza con il governo centrale di Parigi. Il B. si distinse, invece, per lo splendore della corte, stabilita in palazzo Chiablese. Al costoso mantenimento di questa si aggiunse, per le finanze piemontesi, il peso del rimborso (che era stato fissato in 8 milioni) dovuto al principe per le numerose opere d'arte del museo Borghese cedute alla Francia: in conto di tale somma fu attribuita al B. la vasta tenuta di Lucedio. In compenso la nuova legislazione, l'ordinamento amministrativo e i lavori pubblici, eseguiti su vasta scala, crearono in questo periodo condizioni favorevoli allo sviluppo economico del territorio.
Durante il periodo di prigionia di Pio VII in Savona (1809-12), il B. seguì rigorosamente le direttive di Napoleone, facendo controllare gli atti, le visite, la corrispondenza del papa, pur preoccupandosi di circondarlo d'ogni attenzione.
Nell'aprile 1814, dopo l'abdicazione di Napoleone, il B. si affrettò a concludere la capitolazione col feldmaresciallo austriaco F. A. Bubna, mantenendo l'ordine durante il passaggio dei poteri e provvedendo al rientro in patria delle truppe francesi.
Contemporaneamente interruppe i rapporti col Bonaparte, cercando di annullare il matrimonio con Paolina. Ma la principessa insistette, con successo, per la semplice separazione legale ed egli dovette continuare a corrisponderle l'assegno annuale e l'uso dei beni ed appartamenti, secondo quanto stabilito nel contratto nuziale. Tentò anche il recupero delle opere d'arte, rientrando in possesso solo di quelle che non gli erano state pagate.
Dopo un breve soggiorno a Roma, si trasferì a Firenze in palazzo Salviati. Ivi, accolto con favore dal granduca, riprese la sua vita di decoro e di lusso, legandosi alla cugina duchessa Lante Della Rovere, vedova del compagno d'esilio del 1799. Ottenne da Leone XII un salvacondotto diplomatico per potersi recare in Francia a curare i propri interessi, malgrado il divieto d'ingresso in quel paese per i parenti di Napoleone. Fu, a sua volta, invitato dal pontefice a riunirsi con Paolina, gravemente malata: dimenticando ogni motivo di rancore, egli accolse in Firenze la moglie, assistendola fino alla morte.
Alla prudenza del suo atteggiamento ufficiale dopo la Restaurazione, che gli valse la benevolenza del papa, avrebbe fatto riscontro la partecipazione del B. a società segrete di ispirazione napoleonica (cfr. D. Pasolini, Dueprincipi giacobini e la loro discendenza, in Strenna dei romanisti, X [1949], pp. 168-177).
Il B. morì a Firenze il 10 apr. 1832, lasciando erede del titolo e delle sostanze il fratello Francesco.
Bibl.: P. L. Courier, Lettres écrites de France et d'Italie, Paris s.d., p. 21; F. Pignatelli Strongoli, Memorie intorno alla storia del regno di Napoli dall'anno1805all'anno 1815, I, Napoli 1820, p. 157; [C.-M. de Catherinet Villemorest], Le Piémont sous l'Empire et la cour du prince B. …, in [L. C. Wairy], Mémoires de Constant, Paris 1830; A. F. Artaud de Montor, Storia del pontefice Pio VIII, Milano 1844, pp. 132-137; N. Bianchi, Storia della monarchia piemontese dal 1773 sino al 1861, IX, Torino 1885, passim; H.Chotard, Le pape Pie VII à Savone Paris 1887; T. Chiuso, La Chiesa in Piemonte dal 1797 ai giorni nostri, II, Torino 1888, pp. 318-321, 336, 350, 353; A. Dufourcq, Le règime jacobin en Italie..., Paris 1900, p. 149; I. Rinieri, Napoleone e Pio VII…, Torino 1906, pp. 119, 121 s., 279 ss., 379; L. Madelin, La Rome de Napoléon, Paris 1906, pp. 97 ss., 128, 145, 157, 164, 172, 189, 271, 679, 683; M. Degli Alberti, Piemonte e Piemontesi sotto il primo impero, II, Torino 1909, passim; F. Lemmi, La Restaurazione in Italia nel 1814 nel diario del barone von Hügel, Roma-Milano 1910, pp. 94 s.; D. Angeli, Storia romana di trent'anni,1770-1800, Milano 1931, pp. 243 s., 247; F. Lemmi, L'età napoleonica, Milano 1938, pp. 174, 196, 252, 312, 346, 352, 369, 380, 383, 389, 398, 550; G. Six, Los généraux do la révolution et do l'empire, Lyon 1948, pp. 28, 64, 127, 278, 299, 323; V. E. Giuntella, Le classi sociali di Roma giacobina, in Rass. stor. del Risorgimento, XXVIII (1951), pp. 428-433; P. Saint-Girons, L'adieu à la France du Prince C. B., in Revue d'histoire diplomatique, 1957, pp. 293-310; R.Romeo, Cavour e il suo tempo, I, Bari 1969, ad Indicem. Cfr. inoltre la bibl. alle voci Angiolini Luigi e Bonaparte Paolina di questo Dizionario.