Vedi CAMARINA dell'anno: 1959 - 1973 - 1994
CAMARINA (ν. vol. II, p. 279 e S 1970, p. 176)
L'indagine archeologica di C. ha avuto, a partire dagli anni Settanta sotto la guida di P. Pelagatti, un notevole incremento, con particolare riguardo all'area urbana, secondo un preciso piano di ricerca, che ha coinvolto anche altre città siceliote. Il complesso che merita oggi maggiore attenzione è naturalmente il settore pubblico della città, comprendente l'agorà e il Tempio di Atena, che si trova nella parte occidentale.
Lo spazio occupato dall'agorà, come si è chiarito in questi ultimi anni, è quello che, dal porto alla foce dell'Ippari, raggiunge appunto l'area sacra alla divinità polìade. Tale area fu all'origine lasciata libera da costruzioni private e poi edificata lungo i margini. Inoltre, la preservazione dello spazio pubblico rispetto alla rete stradale inserisce la pianta di C. nella problematica del modello «ippodameo» delle città metropolitane; tuttavia determinante potrebbe essere l'eventuale corrispondenza della maglia urbana del V sec. con quella della prima fase coloniale.
I monumenti individuati sono: la stoà N, quattro basi, una di altare e le altre per statue o ex voto, e un edificio a pianta rettangolare molto allungata, denominato stoà O, il quale divide l'agorà in due rettangoli, uno più ampio a occidente, l'altro, a levante, più stretto, che corrisponde alle misure di due isolati (m 140 X 80), delimitato a Ν dalla platèia Β e a S dalla platèia A. La bipartizione dello spazio, la disposizione dei monumenti e la vicinanza del porto inducono a riconoscere, nella parte più piccola, quella che Aristotele definiva l'agorà politica, e in quella più grande l'agorà commerciale.
Un imponente deposito di anfore vuote, del tipo greco-italico, trovato nel settore S dell'edificio suddetto, ha confermato la destinazione commerciale di quello spazio, sul finire del IV sec. e nei primi decenni del successivo. Del resto, neppure in età tardo-ellenistica e romana esso fu occupato da costruzioni private, anzi, le attività concentrate in questa parte della città hanno sicuramente favorito il sorgere di case di prestigio, come quella detta «dell'altare».
Com'è già noto, il témenos del Tempio di Atena è una delle poche strutture camarinesi che risalgono al VI sec. a.C. e la destinazione sacra della relativa area permane in maniera continuativa fino all'età medievale e oltre, tanto che la cella templare fu trasformata in edificio di culto cristiano (chiesa di S. Maria di Cammerana). Durante i lavori di riattamento della masseria ottocentesca oggi trasformata in museo, sono venuti alla luce particolari delle strutture templari sulle quali essa è sorta; in particolare è stato individuato il lato orientale del tempio ed è stato messo in luce l'angolo NE, ora visibile all'interno del museo. Inoltre, presso la fondazione del lato Ν del pronao, nell'estate del 1987, sono state ritrovate c.a 150 tessere di piombo, sulle quali sono incisi il nome e altri dati anagrafici di altrettanti cittadini di Camarina. L'importanza del rinvenimento, dovuto all'attenzione di G. Di Stefano e reso possibile dall'uso del metal-detector, deriva dalla rarità di documenti simili e anche dalla loro datazione.
Il confronto migliore si trova a Stira in Eubea, dove nel secolo scorso furono rinvenute c.a 500 tessere simili, del V sec. a.C., riposte presso una base che poteva appartenere a un altare (IG, XII, 9,56 e add. p. 176). Un confronto più utile viene però dalle tessere dei cittadini ateniesi, anche se più recenti di almeno un secolo, in particolare da quelle destinate all'estrazione a sorte dei giudici delle dieci tribù, nelle quali i singoli cittadini erano identificabili tramite nome, patronimico e demotico. Questo schema si ritrova sulle tessere dei Camarinei, con la differenza che a C. i cittadini erano divisi in «fratre» anziché in «demi»; perciò sulla tessera che ognuno di essi possedeva, e che usava in tutte le occasioni di vita pubblica, erano indicati nome, patronimico e numero della «fratra». Le tessere dei Camarinei sono databili alla prima metà del V sec. a.C., per motivi paleografici, e in quell'ambito cronologico la fondazione democratica di C., avvenuta nel 461 a.C. c.a, sembra la più adatta a una suddivisione artificiale dei cittadini, quale emerge dalla creazione di «fratre» distinte tramite numeri ordinali.
L'alfabeto usato a C. nel V sec. a.C. è del tutto simile a quello contemporaneamente in uso a Gela, e presenta caratteristiche di origine mista, come già si poteva constatare nella scrittura più confusa delle defixiones, pressappoco coeve, dalle quali dipendeva finora la conoscenza dell'onomastica personale di età classica. Invece, quella di età ellenistica deriva in gran parte dalle registrazioni su piombo di atti di compravendita fra privati cittadini assistiti da garanti. Purtroppo solo una piccola parte di tali documenti proviene da scavi regolari, ed è quindi sicura fonte di informazione per la storia di Camarina. Fra questi va ricordato il contratto relativo alla c.d. Casa dell'Iscrizione, nell'isolato A 34, in prossimità della cinta muraria sud-orientale, al di fuori della quale si trova il Santuario di Persefone ricordato nel piombo.
L'indagine condotta in questo quartiere di C. ha dato due importanti risultati confermando che l'orientamento dei muri è lo stesso dal V sec. all'età timoleontea e che esso era abitato anche nel VI sec., visto che tra la fine di questo e l'inizio del successivo è avvenuto il riempimento del pozzo della casa n. 18.
Riguardo alle mura urbiche sud-orientali, che si mantengono rettilinee per c.a un chilometro, rimane confermata l'esistenza di una strada pomeriale, larga c.a 10 m, che dovrebbe correre lungo tutto il lato S. Alla difesa nord-occidentale appartiene invece la torre del V sec. a.C., scavata nel 1958, ma pubblicata solo in anni recenti da A. Di Vita.
L'area extraurbana del settore orientale e sud-orientale, interessata dalla necropoli del VI sec. (Rifriscolaro-Dieci Salme) e occupata nel V dalla nuova organizzazione territoriale, è stata oggetto di un'approfondita indagine, che ha pure chiarito la viabilità antica. Le tombe, dei tipi già noti (a fossa, a cassa di lastroni, a sarcofago monolito, alternate a enchytrismòi e a cappuccina), sono orientate in senso SE-NO, e allineate parallelamente alla strada già indicata dal Pace, attualmente non riconoscibile sul terreno, che usciva probabilmente dalla città in corrispondenza della platèia E.
Fra i tipi di sepoltura citati merita una particolare segnalazione quello a enchytrismòs in anfora, naturalmente riservato ai bambini, perché ha fornito più di 500 anfore da trasporto del VI sec. a.C., il quaranta per cento delle quali di produzione corinzia, e poi, in ordine di quantità, ionico-marsigliesi, greco-orientali, samie, attiche, chiote, lesbie, etrusche, puniche e laconiche. Questa collezione, che non ha confronto per la completezza dei singoli esemplari e per la varietà dei tipi, è soprattutto diventata un punto di riferimento, obbligatorio e stimolante, per lo studio di questa importante classe di materiali.
Anche la necropoli di Passo Marinaro, in uso nell'età classica, è stata oggetto di un'indagine a tappeto, che offre, con le quasi 1000 sepolture, una vasta campionatura dei costumi funerarî dei camarinei, fra i quali merita una speciale menzione quello della combustione primaria, non perché frequente, ma per i confronti con la zona geografica di provenienza dei Geloi, in particolare Rodi. Nella valletta fra le due alture che costituiscono il cuore della necropoli, è stato portato in luce un tratto della strada che usciva dalla città, probabilmente all'altezza dello stenopòs 44/45, per raggiungere il cimitero, ma anche per il normale transito extraurbano. Questa è solo una delle tre strade individuate sui lati orientale e sud-orientale della città. Le altre due sono quella che esce dalla Porta Iblea, risalente al VI sec., che attraversava la necropoli del Rifriscolaro, e quella corrispondente alla platèia A, che guadava il fiume a E delle case di Passo Marinaro.
La strada della Porta Iblea raggiunge anche la fattoria Jurato, uno dei due stabilimenti agricoli del V sec. a.C. interamente esplorati. L'altro è in proprietà Capodicasa. L'organizzazione della chòra di C. si presenta con aspetti molto particolari che coincidono con lo spostamento della necropoli a S del fiume: il fatto che gli orientamenti delle due fattorie siano uguali e coincidano con quelli dell'impianto urbano, e che la distanza tra i due edifici, di c.a 270 m, corrisponda alla lunghezza di due isolati della città, sembra riflettere un'organizzazione del suolo agricolo analoga e concomitante con quella del suolo edificabile all'interno della città; e, nella già citata fondazione post-tirannica del 461 a.C., che prevedeva la ridistribuzione delle terre, i due fenomeni possono trovare la comune collocazione cronologica e funzionale.
Le più recenti indagini riguardanti il territorio di C., oltre a individuare altre fattorie, ne hanno raggiunto uno dei confini storici, quello orientale sul fiume Irminio. Poco prima della foce, a sinistra del fiume su una collinetta, in località Maestro, sorgeva infatti un emporio greco di età arcaica, che ovviamente si serviva del fiume come di un porto-canale.
Anche il porto urbano, quello alla foce dell'Ippari, era un porto-canale già individuato dall'Orsi; poi indagato da D. Blackman e J. Parker, esso continua a dare, sebbene frutto di occasionali recuperi subacquei, importanti testimonianze scultoree.
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(con bibl. prec.); V. Lavore, L'iscrizione di Ippò, in II «Gulli e Pannisi» (1885- 1985), Acireale 1985, pp. 3-14; M. Gras, Trafics tyrréniens archaïques, Roma 1985, passim; AA.VV., Camarina arcaica. Atti del Colloquio, Ragusa 1986, in Kokalos, XXXIII, 1987 (1990), pp. 63-208; O. Belvedere, Himera, Naxos e Camarina, tre casi di urbanistica coloniale, in Xenia, 14, 1987, pp. 6-20; R. J. A. Wilson, Archaeology in Sicily 1982-87, in ARepLondon, 34, 1988, pp. 105-150, in part. 116; F. Cordano, Le «maledizioni» della necropoli di Passo Marinaro-Camarina (V sec. a.C), in AnnMacerata, XXI, 1988, pp. 11-32; F. Giudice, La seconda e la terza fondazione di Camarina alla luce dei prodotti del commercio coloniale, in Quaderni dell'Istituto di Archeologia dell'Università di Messina, III, 1988, pp. 49-57; L. Dubois, Inscriptions grecques dialectales de Sicile, Roma 1989, in part. pp. 118-141; G. Manganaro, Case e terra a Ka- marina e Morgantina nel III e II sec. a.C., in PP, XLIV, 1989, pp. 189-216; F. Cordano, Primi documenti di un archivio anagrafico a Camarina, in Rend- Linc, XLIV, 1989, pp. 135-150, taw. i-ix; P. Pelagatti, Ceramica laconica in Sicilia e a Lipari. Materiale per una carta di distribuzione, in BdA, LIV, 1989, pp. 1-62, in part. 39-42; AA.VV., Lo stile severo in Sicilia, Palermo 1989, passim·, P. Orsi, Camarina. La necropoli di Passo Marinaro. Scavi 1904-1909, a cura di M. T. Lanza (Accademia Nazionale dei Lincei, s. miscellanea, IV), Roma 1990; F. Cordano, Le tessere pubbliche dal tempio di Atena a Camarina, Roma I992.