CAMAINO di Crescentino (di Crescenzino, o di Crescenzio)
Nacque a Siena presumibilmente intorno al 1260 da Crescentino di Dietisalvi. La sua prima formazione di architetto dovette avvenire alla scuola, o quanto meno nell'orbita, di Giovanni Pisano che negli anni tra il 1284 e il 1296 attendeva all'innalzamento della parte inferiore della facciata del duomo senese. La prima notizia documentata della sua attività risale al 1298: il 10 agosto di quell'anno C. e altri quattro maestri, a ciò deputati dal Comune di Siena, definiscono il sito, le dimensioni e le caratteristiche architettoniche dell'erigenda "fonte nuova" da edificarsi nel piano d'Ovile nella contrada di Vallerozzi. Sempre alle dipendenze del Comune lo ritroviamo nel 1305, quando fu arbitro di una assegnazione di terreni esistenti a Macereto, Foiano e Tocchi, da dividere tra l'Opera del duomo e i monaci di S. Galgano (Milanesi, p. 184); e quando, insieme con cinque altri periti, ebbe l'incarico di esaminare e stimare varie case e piazze, situate tra la chiesa dell'abbadia di S. Donato e la strada di Camollia, che dovevano essere distrutte per la realizzazione di una nuova strada, quasi certamente l'attuale via della Stufa Secca (Romagnoli, c. 47, Milanesi, p. 183).
Ma l'attività principale e l'impegno maggiore furono dedicati ai lavori per la cattedrale, ai quali attese fino alla morte. Forse egli era al servizio dell'Opera del duomo già nel 1300, e certamente comunque nel 1305, quando il suo nome si trova, accostato a quelli di un maestro Ciolo e di un maestro Orlando, in un documento citato dal Lusini (p. 113): non solo, ma quasi certamente del duomo egli fu capomaestro dal 1310 al 1318, e poi dal 1321 fino alla morte (negli anni 1319 e 1320 l'incarico fu tenuto dal figlio Tino). In un documento del 28 novembre del 1310 (in Milanesi, pp. 175 s.) C. figura al primo posto tra i dieci maestri che il Comune deliberò di mantenere ancora adibiti ai lavori del duomo dopo avere licenziato tutti gli altri. L'opera alla quale C. sovrintese fu l'ampliamento, o meglio l'allungamento della cattedrale in direzione dell'abside: impresa di non lieve impegno sia per motivi tecnici e statici (la gran mole doveva ergersi sul ripido scoscendimento di Vallepiatta) sia per ragioni estetiche, non dovendosi turbare l'equilibrio architettonico all'interno del tempio, soprattutto in rapporto alla cupola. Il grande lavoro ebbe inizio il 21 apr. 1316 (Lusini, p. 115) e procedette ininterrottamente, nonostante le difficoltà, tanto che nello spazio sottostante il prolungamento dell'abside fu ricavato il battistero di S. Giovanni le cui possenti volte a crociera furono chiuse nel 1326 (ibid., p. 162). Tuttavia C. non poté vedere il compimento dell'opera che si ebbe solo nella seconda metà del secolo, dopo l'abbandono della fallita impresa del duomo nuovo. In questi anni il nome di C. appare in due documenti, entrambi dell'8 giugno 1318: nel primo (Milanesi, pp. 191 s.) l'Opera del duomo riconosce di essere debitrice di 300 lire, per lavori eseguiti in quell'anno, verso C., il figlio Tino e altri ventitrè maestri; nel secondo (ibid., pp. 182 s.). C., Tino e un Giovanni di Nerio sono ammessi al credito di 25 fiorini d'oro da loro anticipati per pagare una fornitura di marmo rosso portato da Gerfalco.
L'impegno dei lavori della cattedrale non impedì a C. di adoperarsi varie volte in altri incarichi per commissione del Comune. Così nel 1329 egli fa uno dei maestri deputati a definire il confine della, piazza del Campo sul lato verso la porta Salaria, e nel 1330 gli fu affidato, insieme con altri, il compito di indicare e determinare i luoghi ove doveva sorgere la nuova cinta muraria della città.
La morte di C., avvenuta senza dubbio a Siena, è da collocarsi tra il 1337 (Carli, 1934, p. 91) e il 1338 (Supino, Brach, Thieme-Becker). Non si sa dove sia stato sepolto, mentre si sa che in vita era stato abitante della contrada di Vallepiatta.
Non esistono tracce o testimonianze attendibili di una qualche attività scultoreadi C.: mentre egli è da alcuni definito scultore (Romagnoli, Micheli, Thieme-Becker), è certo che la qualifica di magister lapidum, che troviamo a lui riferita nei documenti del 1298 e del 1318, può indicare anche soltanto un architetto. Il Carli (1946, pp. 15 s.) ha con molta cautela avanzato l'ipotesi che a C. scultore possa essere assegnata qualcuna delle statue eseguite per l'esterno del duomo. È poi del tutto errato parlare di C. mosaicista, come fece il Romagnoli male interpretando il documento del 1310.
La fama di C. è dovuta anche, ed in buona parte, al fatto di essere padre di Tino, il più grande scultore senese del Trecento. I rapporti tra padre e figlio sono attestati sia dai citati documenti sia dalla nota iscrizione che Tino appose al monumento del vescovo Antonio Orso (1321-22: Firenze, S. Maria del Fiore), nella quale l'artista con filiale reverenza dice di non meritare il titolo di magister mentre è vivente il padre.
Fonti e Bibl.: Siena, Bibl. com. degli Intronati, ms. L II 2: E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bellartisti senesi [1830-38], II, cc. 45-47; G. Milanesi, Docc. per la storia dell'arte senese, I, Siena 1854, pp. 30, 175 s., 181-185;[E.Micheli], Guidaartistica della città e contorni di Siena, Siena 1863, pp. 3, 105; G. Vasari, Le vite..., a cura di G. Milanesi, I, Firenze 1878, p. 432 nota 1; I. B. Supino, Arte pisana, Firenze 1904, p. 186; A. Brach, Nicola und Giovanni Pisano, Strassburg 1904, pp. 88 s.; F. Bargagli Petrucci, Le fonti di Siena e i loro acquedotti, II, Siena 1906, p. 166; V. Lusini, Il duomo di Siena, I, Siena 1911, pp. 113-15, 154, 162, 165, 169, 171, 181, 191, 202, 248; L. Dami, Siena e le sue opere d'arte, Firenze 1915, pp. 55, 68 s., 83; E. Carli, Tino di Camaino scultore, Firenze 1934, pp. 23, 91, 96; Id., Sculture del duomo di Siena, Torino 1941, pp. 25 s., 30; P. Bacci, Docc. e commenti per la storia dell'arte, Firenze 1944, p. 44; E. Carli, Il Museo dell'Opera e la Libreria Piccolomini di Siena, Siena 1946, pp. 8, 15 s.; G. Previtali, Secondo studio sulla scultura umbra del Trecento, in Paragone, XXI (1970), 241, pp. 16, 24; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 42.