CALVI
Marcantonio, Aurelio, Benedetto e Felice, tutti pittori, a seguito del padre Pantaleone e dello zio Lazzaro costituirono a Genova, negli ultimi decenni del sec. XVI, una scuola di frescanti tra le più famose e richieste, anche se non tra le più aggiornate.
Solitamente dalle fonti sono attribuite ai "fratelli Calvi" opere di affresco in cui è difficile distinguere le diverse personalità, peraltro non spiccate. I giudizi sulla loro mediocre attività sono, in genere, piuttosto severi, perché copiavano spesso, come dice l'Alizeri (1847, p. 512), peggiorandolo "in Caricatura", lo stile del padre e dello zio. Mancano i dati anagrafici di tutti i fratelli. Di Benedetto che a dire del Ratti (p. 52), "essendo per sua mala sorte uscito di senno, restò affatto inabile alla pittura e ad ogni altro mestiere", non si conosce nessuna opera esclusivamente sua; una individuazione delle singole attività degli altri tre è stata possibile solo per il palazzo di Antonio Doria (palazzo della prefettura) all'Acquasola dove già avevano lavorato il padre e lo zio.
Di Marcantonio, il maggiore, sappiamo che, a partire dal 1571, raggiunti i venticinque anni di età, ricevette commissioni in proprio, pur lavorando per lo più in collaborazione con i fratelli: l'ultimo suo lavoro con il padre pare sia stato la decorazione di due facciate di un palazzo Vivaldi in Canneto (1571). Nel 1584 affrescò la volta dell'atrio del palazzo di Antonio Doria all'Acquasola con un medaglione centrale raffigurante Antonio Doria in assetto di guerra, circondato da figure allegoriche. Affrescò inoltre la loggia degli Spinola (ora non più esistente), in piazza Fontane Marose, con Uomini illustri della famiglia;in collaborazione con i fratelli, a fianco del padre e dello zio, lavorò ancora in alcuni palazzi a Sampierdarena e a Pegli, e nei palazzi di Pantaleo Spinola, di A. G. Spinola e Lercari Parodi in Strada Nuova. La sua conoscenza di opere d'arte doveva essere notevole perché fu inviato dal principe Doria a Venezia e in altre città per l'acquisto di quadri dei più famosi pittori, che dovevano essere inviati a Filippo II di Spagna, Non si conosce la data della morte, anteriore a quella degli altri fratelli, rispetto ai quali è considerato dalla critica il più valido, pur nella sua mediocrità.
Aurelio nel 1584 dipinse nel porticato del palazzo di Antonio Doria Uominiillustri della famiglia Doria;con i fratelli Benedetto e Felice lavorò alla decorazione della cappella De Marini in S. Pietro in Banchi, del chiostro della chiesa di Gesù e Maria, ora distrutta, della chiesa e del chiostro del convento di S. Caterina, del vestibolo del palazzo di Giulio Spinola (Strada Nuova), degli interni di palazzo Squarciafichi (piazza Invrea, n. 5), di palazzo Lercari Parodi (Strada Nuova), e, sempre a Genova, nel palazzo Pallavicini, già Vivaldi Pasqua, in piazza Fontane Marose. Operò inoltre in un salone della villa Sciallero Carbone a Sestri Ponente, nei soffitti al primo piano della villa Asplanati Morsello a Coronata, nella villa Doria Masnata a Sampierdarena e nelle sale terrene di villa Centurione Musso Piantelli. Interruppe la sua attività di pittore "preso dal genio di compor versi, ne' quali provava qualche facilità" (Ratti, p. 52).
Di Felice sono, nel palazzo di Antonio Doria, gli affreschi delle quattro pareti del loggiato, con raffigurazioni delle piante di alcune importanti città: si conservano quelle di Roma, Venezia, Milano, Firenze, Gerusalemme, Anversa, Napoli, mentre sono andate distrutte quelle di Palermo, Costantinopoli, Bologna, Ancona e frammenti di altre due città; la pianta della città di Genova è da alcuni (Labò) ritenuta falsa: con probabilità, infatti, fu aggiunta dopo il 1879 quando il palazzo divenne proprietà della provincia di Genova. Rispetto agli ornati delle volte del loggiato stesso, che sono pure di mano di Felice, le vedute sono realizzate con un gusto più elegante e raffmato: si ritiene pertanto che l'artista traducesse in pittura precisi disegni fornitigli da un cartografo di notevole qualità, aggiungendovi di suo i motivi ornamentali. Sono attribuiti ancora a Felice, nello stesso palazzo, altri due affreschi che presentano una vaga analogia con quegli ornati: La regina di Saba davanti a Salomone, nel medaglione centrale del soffitto in una sala al piano nobile, e La vittoria navale di Antonio Doria, in una sala al piano terreno. Secondo il Ratti (p. 52), Felice a una certa età divenne "scioperato, e fantastico" e abbandonò così la pittura.
Fonti e Bibl.: R. Soprani, Le vite..., Genova 1674, pp. 75 s.; R. Soprani-C. G. Ratti, Vitede' pittori..., I, Genova 1768, pp. 51 s.; F. Alizeri, Guida artistica..., I, Genova 1846, p. XXXII; II, ibid. 1847, pp. 451 s., 511-513, 1191;Id., Guida illustrativa..., Genova 1875, pp. 35, 204, 217, 237;D. Castagna-U. Masini, Guida di Genova, Genova 1929, pp. 140, 228, 349, 425; A. Cappellini, Il palazzo del governo, già Doria Spinola, Genova 1932, pp. 35, 39, ill. 5, 9 s.; P. Rotondi, Il palazzo di Antonio Doria a Genova, Genova 1958, pp. 25(per Marcantonio), 32 (per Aurelio), 54, 189-192, ill. 30-39, 130-137(per Felice); P. Torriti, Note d'arte genovese, in Boll. ligustico, X (1958), p. 91(per Felice); Cat. delle ville genovesi, Genova 1967, pp. 183, 226, 231, 234, 351; G. Salvi, Pegli, Genova 1967, II, pp. 157-159, tav. XVI; V. Belloni, Pittura genovese, del Seicento, Genova 1969, p. 28;F. Caraceni Poleggi, La committenza borghese..., in La pitt. a Genova..., Genova 1970, pp. 277, 288, 307;A. Labò, I palazzi di Genova di P. P. Rubens e altri scritti .., Genova 1970, p. 209 (per Felice); P.Torriti, Tesori di Strada Nuova, Genova 1970, pp. 55, 107, figg. 52, 109 s.