DELFINA, Calociro
Apparteneva a una famiglia, forse di origine armena, i cui membri avevano più volte ricoperto alte cariche civili e militari nell'amministrazione bizantina nel corso dei secoli X e XI. Non abbiamo, però, notizie circa i suoi genitori, né sappiamo alcunché del luogo e della data di nascita, nonché della prima fase della sua carriera amministrativa. In realtà le notizie precise su di lui iniziano nel 982, quando assunse una delle più alte cariche dell'amministrazione provinciale bizantina, quella di catapano dell'Italia meridionale (il suo titolo ufficiale era era ἀνϑύπατος πατρίκιος καὶ κατεπάνω ᾿Ιταλίας).
Quando il D. assunse il suo incarico il dominio bizantino nell'Italia meridionale si trovava ad affrontare la politica espansionistica di Ottone II. Sin dal suo arrivo a Roma, nel gennaio del 981, l'imperatore germanico, con il pretesto di una campagna contro i Saraceni, era venuto preparando sul piano diplomatico un attacco contro i temi bizantini d'Italia, attacco che il debole governo di Costantinopoli dei due giovani imperatori Basilio II e Costantino VIII non era in grado di contrastare. Sembra che Ottone II riuscisse a mobilitare a proprio vantaggio da un canto il timore degli abitanti dei temi per le continue incursioni e scorrerie arabe, dall'altro i sentimenti antibizantini dei cattolici romani della Puglia. Indusse, ad esempio, il papa Benedetto VII a sottrarre all'arcivescovato di Bari, capitale dei catapanato d'Italia, le città di Trani, Ruvo, Giovinazzo, Minervino e Montemilone, per riunirle nella nuova diocesi di Trani, affidata al vescovo Rodostamo. Sembra inoltre che il governo del predecessore del D., il catapano Romano, avesse reso il dominio bizantino assai impopolare. Di conseguenza molte città della Puglia, tra cui Bari e Trani, si staccarono da Bisanzio quando l'imperatore germanico avanzò nel settembre del 981 nella Puglia settentrionale.
Il D. giunse in Italia nella primavera del 982. L'11 giugno 982, quando cioè Ottone II si era già trasferito in Calabria, il D. recuperò al governo bizantino la città di Bari che gli fu consegnata dai fratelli Sergio e Teofilatto (non ulteriormente identificabili). Qualche tempo dopo il D. si mosse verso il Nord. Nel dicembre 982, cioè dopo la sconfitta di Ottone II presso Crotone, egli riconquistò Ascoli Satriano, nel gennaio 983 Lucera, dove Ottone II aveva risieduto per quasi un mese all'inizio della sua campagna pugliese; poco dopo - a quanto pare - anche Termoli veniva annessa al catapanato. Successivamente il D. si volse alla riconquista di Trani e nel corso della campagna trovò un utile alleato nel vescovo Rodostamo, che pure doveva la sua dignità all'imperatore d'Occidente: il D. lo ricompensò confermandogli, nell'agosto 983, il suo vescovato nei limiti stabiliti da papa Benedetto VII.
Questa è l'ultima notizia che abbiamo relativa al catapanato del D. in Italia; sembra tuttavia che il suo successore, l'ἀνϑύπατος πατρίκιος Romano, abbia preso possesso della sua carica soltanto tra il settembre 984 e l'agosto 985. Non sappiamo a quale carica il D. sia stato trasferito dopo essere stato richiamato dall'Italia. Nel 987 aderì alla rivolta di Barda Foca contro Basilio II, rivolta alla quale presero parte quasi tutti gli alti generali bizantini e la nobiltà terriera. Gli insorti si concentrarono in Asia Minore, da dove volevano sferrare un attacco congiunto da terra e da mare contro Costantinopoli. Mentre lo stesso Barda Foca si avviò ad assediare Abido con il grosso dell'esercito, suo fratello Niceforo e il D. si acquartierarono presso Crisopoli sul Bosforo, di fronte a Costantinopoli. Prima che i due eserciti potessero ricongiungersi, nell'estate del 988, Basilio II con truppe ausiliarie russe sconfisse l'esercito di Niceforo Foca e del D. presso Crisopoli. Ambedue i generali caddero prigionieri, ma mentre Niceforo rimaneva in prigione, probabilmente per essere usato come ostaggio per eventuali trattative col fratello, il D. fu condannato a morte dall'imperatore e la condanna fu immediatamente eseguita, non sappiamo se per impiccagione o per crocefissione.
Fonti e Bibl.: Leon Diakonos, ῾Ιστορία, a cura di C. B. Hase, Bonn 1828, pp. 173 s.;Lupus Protospatharius, Rerum in regno Neapolitano gestarum breve chronicon, in Monum. Germaniae Historica, Scriptores, V, a cura di G. H. Pertz, Hannoverae 1844, p. 55; F. Trinchera, Syllabus Graecarum membranarum, Napoli 1865, n. 17 p. 18; G. Beltrani, Docc. longobardi e greci per la storia d. Italia merid. nel Medio Evo, Roma 1877, n. 8, pp. 9 ss.; L. Auvray, Les registres de Grégoire IX, I, Paris 1896, n. 1654, p. 908; E. Asliok de Taron, Histoire univers., a cura di F. Macler, Paris 1917, p. 130; R. Briscese, Le pergamene d. cattedrale di Venosa, in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, X (1940), p. 116; Ioannis Scylitzac Synopsis historiarum, a cura di I. Thurn, Berolini-Novi Eboraci 1973, p. 336; J. Gay, L'Italie mérid. et l'Empire byzantin..., Paris 1904, pp. 326-35, 342, 347, 361, 367; A. Pertusi, Contributi alla storia dei Temi bizantini d'Italia merid., in Atti del III Congr. internaz. di studi sull'alto Medioevo, Spoleto 1959, p. 512; V. von Falkenhausen, La dominaz. bizantina nell'Italia merid. dal IX all'XI sec., Bari 1978, pp. 52, 55, 86 s., 183 ss., 193; A. P. Každan, Social'nyi sostav gospodstvujuščego klassa Bisantii XI-XII vv. (la composizione sociale della classe dirigente bizantina nei secc. XI-XII), Moskva 1974, pp. 95, 104, 108, 118, 126, 149, 160, 164, 176, 179, 189, 199, 201, 207, 210, 213, 217 (sulla famiglia Delfina).