CALLISTENE (Καλλισϑένης, Callisthĕnes) di Olinto
Storico, pronipote o secondo cugino di Aristotele. Nato nella prima metà del sec. IV a. C. (circa 370), visse probabilmente in casa del filosofo già ad Atarneo, lo seguì a Pella (343-42) quand'egli fu chiamato presso Alessandro e vi rimase, secondo ogni probabilità, anche quando Aristotele nel 335-34 passò ad Atene. Accompagnò Alessandro, quale storiografo ufficiale, nella spedizione asiatica, e, com'è naturale in un Greco uomo di cultura, gli fu dapprima fedele contro l'opposizione della nobiltà macedone. Scoppiò però fra i due un conflitto, quando C., che pure aveva proclamato Alessandro figlio del dio Ammone, parve contrario al disegno di Alessandro, di costringere i suoi sudditi, anche Elleni, alla proscinesi (προσκύνησις), cioè a gettarsi a terra dinanzi a lui, come esigevano i re persiani di cui egli era il successore. C., inviso ormai al re, fu coinvolto, probabilmente innocente, nel processo dei paggi (primavera 327) e messo a morte. Teofrasto scrisse il suo encomio funebre, ma apoftegmi attribuiti ad Aristotele mostrano che questi lo riteneva vano e difficile di carattere, più che assennato e mite.
Scrisse molto, ma a noi non sono conservati se non frammenti; e poco più si può ricavare da analisi della storiografia posteriore. Di un periplo (Περίπλους) non possiamo farci idea chiara, gli apoftegmi ('Αποϕϑέγματα) contenevano sentenze di contemporanei celebri. Dell'autenticità dell'una e dell'altra opera si è dubitato senza ragione sufficiente. Di un'opera archivistica sui giochi pitici, scritta in comune con Aristotele, ci ha dato notizia un decreto delfico. L'encomio a Ermia di Atarneo sarà stato scritto subito dopo la morte di costui (v. ermia) nel 341. È probabile che la monografia sulla prima guerra sacra (v. delfi; focide; filippo) sia uscita mentre era ancora in vita Filippo.
Un'idea alquanto più chiara possiamo farci delle sue opere maggiori, le Elleniche (‛Ελληνικά) e i Fatti di Alessandro (Πράξεις Αλεξάνδρου). Le Elleniche contenevano in 10 libri la narrazione dei trent'anni trascorsi tra la pace di Antalcida e lo scoppio della guerra di Focide (387-6 - 357-6). La tendenza era antispartana, filotebana e specie filomacedone. L'opera, scritta alla corte macedone, è più o meno contemporanea ai tentativi di Isocrate di additare in Filippo l'unificatore della Grecia. Peripatetica è la predilezione per excursus naturalistici (specialmente celebri quelli sulle inondazioni del Nilo e sul terremoto che distrusse le città achee di Bura ed Elice); peripatetico l'interesse per i poeti e il metodo di indurre da testi poetici la storia (fatale l'uso di Tirteo per la ricostruzione delle guerre messeniche). La predilezione per l'excursus in sé deriva dalla storiografia ionica. Dello stile non sappiamo se non che era retorico; Marco e Quinto Cicerone consideravano, a ogni modo, C. quale un modello formale per la storiografia. È probabile, per quanto contestato, che Eforo (v.) almeno dal libro 20 in poi abbia adoperato C.; Polibio lo ha difeso contro Timeo, lo hanno letto e usato Posidonio e Plutarco.
Un po' meno sappiamo dei Fatti di Alessandro. La narrazione sembra cominciasse con il passaggio di Alessandro in Asia; ultimo fatto attestato sicuramente pare sia la battaglia di Arbela (331). All'opera che rimase in tronco per la morte dell'autore egli sembra lavorasse con certa rapidità, se la narrazione della visita del santuario di Giove Ammone (fr. 14 Jac.) è stata scritta non prima dell'autunno 330, il giudizio su Parmenione (fr. 37) non prima dell'inverno 330-29. Dal poco che abbiamo appare evidente che l'opera è stata scritta specie per i Greci della madrepatria e che quindi Alessandro è rappresentato molto più come condottiero comune dei Greci che come re macedone. Rispetto alle Elleniche i Fatti di Alessandro si accostano molto più alla storiografia ionica per lo sviluppo degli excursus; nuovo è il rilievo romantico dato abilmente all'eroe principale. Proprio la narrazione della visita di Alessandro ad Ammone dové essere un miracolo di composizione sapiente. L'influsso dell'opera sulla nostra tradizione intorno ad Alessandro è difficile a determinare: Aristobulo e Clitarco devono avergli fatto presto concorrenza felice.
Bibl.: I frammenti sono raccolti e commentati esemplarmente da Jacoby, Fragmente der griechischen Historiker, II, Berlino 1926, n. 124; in stretta relazione con questa raccolta è la monografia del medesimo autore in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., X, coll. 1674-1707. Di scritti precedenti mantengono in parte il loro valore gli articoli ingegnosi, ma non scevri di ipotesi troppo ardite, di Ed. Schwatz, in Herm., XXXV, pp. 106-130; XLIV, p. 491 segg.; sui Facta Alexandri (tendenza, composizione, stile) da ultimo G. Pasquali, in Riv. di filologia, LVII (1929), pp. 513-21, e in senso contrario U. Wilcken, in Berliner Sitzungsber., 1930, p. 159 segg.; replica del Pasquali, in Riv. di filologia, 1930.
Lo Pseudo-Callistene. - A C. è in alcuni manoscritti e da Tzetze attribuita una vita romanzesca di Alessandro Magno, che è nota in tre redazioni greche parecchio differenti fra loro; inoltre in numerosissime versioni medievali in lingue europeee e orientali. Il romanzo, per quanto si può ricostruirne il nucleo primitivo, ha già originariamente tendenza filegizia: Alessandro è figlio non già del macedone Filippo, ma dell'ultimo re d'Egitto, Nectanebo. Probabilmente proprio un Egizio ha, da elementi disparatissimi, attinti però quasi tutti da tradizione storiografica sia pure di terz'ordine (specie da quella, che ci è rappresentata dai frammenti chiamati comunemente "Epitome di Metz"), e non certo da leggenda popolare, messo insieme questa narrazione senza riuscire a formare un tutto armonico. Grande parte in questo romanzo hanno lettere, non genuine ma che, come si può dimostrare, esistevano già in tempo relativamente antico e furono inserite nel romanzo in parte senza gravi mutazioni. L'autore, che (1, 31) si tradisce alessandrino, non può esser vissuto molto prima del 300 d. C.; e al sec. III conviene bene la lingua, convengono gli errori prosodici in versi (specie coliambi) inseriti. D'altra parte il romanzo è già adoperato verso il 340 nell'Itinerarium Alexandri attribuito a Giulio Valerio.
Bibl.: Manca ancora un'edizione critica completa: la redazione A è stata edita di recente da W. Kroll, Historia Alexandri Magni, Berlino 1926; l'introduzione dà i lineamenti di una storia e di tutto il testo (già prima in Herm. XXX, p. 462). Per le altre redazioni conviene ancora servirsi dell'edizione di C. Müller in calce all'Arriano del Didot, Parigi 1846. Orienta su tutte le questioni W. Kroll, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., X, coll. 1707-1726. Per le versioni e per la bibliografia v. alessandro (II, p. 336 segg.); l'opera capitale di A. Ausfeld, Der griechische Alexanderroman, Lipsia 1907, pare ormai errata nelle conclusioni. Da aggiungere specie: Kuhlmann, De Pseudo-Callisthenis carminibus, Münster 1912.