CALÌ
Famiglia di scultori di origine siciliana, attivi a Napoli nel sec. XIX. Poco si conosce dell'attività del primo rapprescntante, Andrea, trasferitosi a Napoli prima del 1799 (anno di nascita del figlio Gennaro) e dal 1803 al 1808 titolare, insieme con A. Brunelli, della cattedra di scultura e restauro della locale Accademia di Belle Arti. Di Andrea restano alcuni bassorilievi in cera (già nel palazzo reale di Napoli), esercitazioni accademiche eseguite insieme al Brunelli, in cui compaiono i primi influssi della nuova corrente neoclassica diffusa da V. Villareale (a Napoli nel 1795) e affermatasi poi, dopo la restaurazione borbonica (1815), con la nuova generazione di scultori, alla quale appartengono i suoi due figli Antonio e Gennaro.
Antonio, figlio maggiore di Andrea, nato a Catania il 17 nov. 1789, fu prima allievo del padre all'Accademia di Belle Arti di Napoli, poi, ottenuto un pensionato reale, si recò a perfezionare i suoi studi a Roma con il Canova e il Thorvaldsen. Da Roma, ove era ancora nel 1818, inviava come saggio d'obbligo la scultura Ilpugilatore (oggi all'Accademia di Belle Arti di Napoli) che, come la più tarda Baccante (esposta alla Mostra napoletana del 1826), dimostra nel soggetto e nello stile la convinta adesione dell'artista all'ideale estetico canoviano. Tornato a Napoli, Antonio vinceva il concorso indetto nel 1823 per il completamento del monumento equestre in bronzo di Ferdinando I destinato ad ornare la piazza antistante il palazzo reale (oggi piazza del Plebiscito), opera commissionata al Canova nel 1821, ma rimasta incompiuta per la sua morte. Oltre ad alcune parti secondarie del cavallo, il C. modellò e fuse la figura di Ferdinando I, ispirandosi al modello, più neorinascimentale che neoclassico in verità, dell'altro monumento equestre di Carlo III, eseguito dal Canova per la stessa piazza.
Stabilitosi a Napoli, Antonio collaborò poi con il fratello Gennaro e altri artisti alla decorazione plastica, con rilievi e statue allegoriche (la Fortezza), dello scalone del palazzo reale. Di Antonio è anche la statua dell'evangelista San Luca per la chiesa di S. Francesco di Paola, opera quest'ultima che, insieme con altre sculture per monumenti funerari, mostra l'evoluzione dell'arte sua verso lo stile tardo del Thorvaldsen e la nuova corrente purista. Altre opere eseguì lo scultore per la città di Catania, e precisamente i monumenti dei monarchi borbonici Francesco I, con la figura del re vestita all'antica su un piedistallo ornato con una Minerva (eretto nel 1833 in piazza degli Studi), Ferdinando II, raffigurato alla poppa di un'antica bireme su piedistallo ornato con le figure di Mercurio e del Genio di Catania (esposto alla Mostra di Belle Arti di Napoli nel 1841 ed eretto nel 1842 in piazza Stesicoro), e Ferdinando I, vestito della divisa di gran maestro dell'Ordine di s. Gennaro (eretto nel 1853 in largo S. Francesco). Sfregiate e decapitate durante i moti del 1848-49 le prime due statue e guasta nel i 860 anche la terza, gli avanzi dei monumenti vennero tolti e conservati parte nei depositi del comune parte nell'ex convento dei benedettini. Dopo i restauri del 1970, la statua di Francesco I venne ricollocata in via Dusmet e le altre due nella villetta Pacini. A Catania, nel castello Ursino, resta di Antonio anche la statua di Ignazio Paternò Castello, fondatore di quel museo.
Nel 1847, con lo sdoppiamento della cattedra di scultura e restauro all'Accademia di Belle Arti di Napoli, Antonio otteneva l'incarico di restauratore e sostituto del maestro di scultura T. Angelini. Insignito, per i suoi meriti artistici, del titolo di cavaliere dell'Ordine di Ferdinando I, lo scultore entrava nel 1864 a far parte del Consiglio riunito della stessa Accademia, carica che ricoprì fino alla morte avvenuta a Napoli due anni dopo, il 3 marzo 1866.
Gennaro, figlio minore di Andrea, nato a Napoli nel 1799 (secondo il Callari nel 1795), studiò con il padre all'Accademia di Belle Arti di Napoli, poi con il Thorvaldsen a Roma, ove si era recato insieme al fratello Antonio. Tra i primi suoi saggi si ricorda il bassorilievo in gesso raffigurante il Sacrificio di Polissena (1823), ispirato appunto al freddo accademismo del Thorvaldsen. A questa prima fase di fedele ripresa neoclassica appartengono varie altre opere di soggetto mitologico, come Psiche e Amore e Venere (disperse) e la Baccante (Napoli, Museo di Capodimonte), eseguite da Gennaro al suo ritorno a Napoli, ove collaborò con il fratello all'ornamentazione dello scalone del palazzo reale (sua la statua della Giustizia)e fissò poi stabilmente la sua dimora. Nella sua vasta produzione napoletana numerose anche le opere di soggetto sacro, come la statua di S. Giovanni Crisostomo, in S. Francesco di Paola, il grande gruppo della Pietà per l'altar maggiore della chiesa del cimitero di Poggioreale (opera questa celebrata in versi dal poeta G. Genoino) e la Madonna Addolorata oggi nel Museodi Capodimonte. Opere queste e altre, come il rilievo in stucco con allegoria della Fama per il ponte di Chiaia, che ancora risentono della sua formazione accademica. Un maggiore avvicinamento alla corrente purista dimostra lo scultore nella sua produzione tarda rappresentata dai monumenti a Torquato Tasso in piazza Tasso a Sorrento (1870), a Pietro Colletta nella Villa nazionale di Napoli (1866) e a Carlo III a Palermo.
Sempre legato all'ambiente accademico partenopeo, Gennaro venne chiamato nel 1841 a far parte della commissione giudicatrice per il concorso alla cattedra di pittura dell'Accademia di Belle Arti, di cui era stato titolare C. Angelini e che venne poi assegnata a Giuseppe Mancinelli. Morì a Napoli nel 1877.
Ernesto, scultore, figlio di un fratello di Antonio e di Gennaro, nato a Napoli nel 1821, studiò con gli zii e nella locale Accademia di Belle Arti, ove ottenne vari riconoscimenti ufficiali, ma svolse poi la propria attività prevalentemente fuori di Napoli. Fu a Roma, a Parigi e a Londra, ma nulla della sua produzione è stato sinora rintracciato.
Sono ricordati altri artisti della famiglia attivi a Napoli, anche se non se ne conoscono gli esatti rapporti di parentela: di Beniamino, scultore, nato a Napoli nell'ottobre 1832, e di Ignazio, pittore, nato a Capua il 29 sett. 1855, nulla più sappiamo di quanto accennato nel De Gubernatis (Diz. degli art. ital. viventi, Firenze 1889, pp. 86 s.).
Gaetano, pittore formatosi nelle Reali Scuole d'arte durante la dominazione francese, fu amico e condiscepolo di A. Cammarano, con il quale prese parte alle Mostre borboniche dal 1826 al 1830. Nelle sue vedute di Napoli e dintorni si notano motivi e spunti che anticipano la più nota produzione della scuola napoletana di paesaggio fondata dal Pitloo (Lorenzetti, p. 237).
Fonti e Bibl.: Oltre che U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 389 s., si veda, per Andrea: A. Borzelli, L'Accademia del Disegno, in Napoli nobilissima, X(1901), p. 4; C. Lorenzetti, L'Accademia di Belle Arti di Napoli, Firenze 1952, pp. 55, 19; F. De Filippis, Il palazzo reale, Napoli 1960, p. 54; G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napoléonienne, Paris 1964, pp. 395, 401.
Per Antonio: C. Guerrin, Breve cenno in morte dell'illustre collega e celebre scultore A. C., Napoli 1866; P. S. Mancini, S. Luca, scultura di A. C. in S. Francesco di Paola, in Le ore solitarie (Napoli), IV(1838), 12, pp. 183-186; G. Quattromani, Saggio sopra alcune opere di belle arti messe in mostra il 30maggio 1841, in Annali civili del Regno delle Due Sicilie, IX(1841); A. Lugo, Le tre statue del C. in Catania, Catania 1853; G. Ceci, La chiesa di S. Francesco di Paola e le statue equestri di Carlo III e di Ferd. I, in Napoli nobiliss., V (1896), pp. 102-105; S. Fiducia, Cenni sulla vita e sulle op. di A. C. scultore catanese, in Catania, Rivista del Comune, genn. 1954, pp. 17-21; E. Lavagnino, L'arte moderna, Torino 1956, pp. 190 ss., 606; C. Lorenzetti, L'Accademia di Belle Arti di Napoli, cit., pp. 69, 105, 124, 294; M. Biancale, Ottocento e Novecento, Roma 1961, I, pp. 53, 64, 175, 178; G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napolèonienne, cit., pp. 401, 420, 458 n., 466; S. Correnti, Alla scoperta di Catania, Catania 1968, ad Indicem;in Espresso Sera (Catania), 11-12 febbr. 1970.
Per Gennaro: M. Ruggiero, Di una mostra di Belle Arti fatta in Napoli il mese di giugno 1833, in IlProgresso, V(1833), pp. 119-146; Mascolo, Intorno ad alcuni dipinti… e a un gruppo in marmo di G. C., Napoli 1848; San Francesco d'Assisi, statua in marmo di G. C., in Poliorama pittoresco, XIV(1852-53), pp. 309 s.; G. Genoino, ibid., VIII(1843), p. 268; XII (1847-48), p. 54; Tasso e Sorrento, Album per il IV centen. della morte del Tasso, Napoli 1895, p. 16; L. Callari, Storia dell'arte ital. contemp., Roma 1909, p. 30; L. Cardinali, in Memorie romane di antichità e belle arti, II(1825), p. 284; C. Lorenzetti, L'Accademia di Belle Arti di Napoli, cit., pp. 114, 294, 295; E. Lavagnino, L'arte moderna, cit., p. 191; G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napolèonienne, cit., pp. 401, 458 n., 466.