calendario
Sistema convenzionale di divisione del tempo in periodi costanti. Presso le società tradizionali il computo del tempo è il risultato di un interesse per le feste periodiche che produce c. festivi di carattere religioso. In queste società il ricorrere di eventi naturali, astronomici o terrestri (lunazioni, solstizi, ritorno regolare dei prodotti della terra, selvatici o coltivati) non poteva essere calcolato esattamente, per es. a causa di un margine di oscillazione dei fenomeni connessi con la stagionalità. Solo quando le civiltà dotate di sistemi di scrittura costruirono c. scritti, questo margine di oscillazione cominciò a ridursi. I c. mesopotamici, differenti da città a città nel periodo sumerico e poi babilonese, con vari tentativi di unificazione (III dinastia di Ur, poi adottato dalla dinastia babilonese), avevano di norma il capodanno all’equinozio di primavera e 12 mesi di 30 giorni, più un mese intercalare quando necessario per adeguare il c. lunare al ciclo solare. Nell’Egitto antico l’inizio dell’anno fu fissato in origine alla levata eliaca di Sirio, che coincideva pressappoco con l’inizio dell’inondazione del Nilo. L’anno greco constava di 12 mesi lunari, che ebbero nomi diversi da regione a regione e spesso anche tra città della stessa regione. Per ovviare all’inconveniente di un anno che durava meno di quello solare, e dunque faceva slittare la corrispondenza tra mesi e stagioni, fu introdotto un ciclo di 19 anni dall’astronomo Metone. A Roma l’istituzione di un c. di 12 mesi è attribuita a Numa Pompilio, ma fu Giulio Cesare a operare una radicale riforma e, dietro consiglio dell’alessandrino Sosigene, istituì un anno civile di 366 o 365 giorni: il c. giuliano. La fissazione del c. costante ebraico giunse assai tardi, nel 4° sec. d.C. (Rabbi Hillel), e in modo definitivo solo nel sec. 10°. L’anno dell’, con inizio il 16 luglio 622, è posto dalla tradizione all’origine del c., istituito per ispirazione divina da Maometto in luogo del c. di tipo lunisolare con un mese intercalare, prevalente fra le popolazioni nomadi dell’Arabia. Il c., puramente lunare, è composto di 12 mesi che alternano 29 e 30 giorni, per un totale di ca. 354 giorni; ogni 33 anni ca. esso conta un anno in più rispetto al c. solare. Imposto dal califfo omayyade ‛Abd al-Malik a tutto l’impero alla fine del 7° sec., esso ha convissuto a lungo con diversi sistemi di computo del tempo, più funzionali all’agricoltura e all’imposizione fiscale. Il c. ufficiale dell’Etiopia è basato su quello copto egiziano ed è composto da 12 mesi di 30 giorni e da 1 mese di 5 giorni (di 6 ogni 4 anni). Ma l’era etiopica parte dall’incarnazione di Cristo (datata al 9 d.C. del c. giuliano-gregoriano), mentre l’era copta inizia nel 284 (persecuzioni anticristiane di Diocleziano). L’inizio dell’anno coincide con l’11 settembre gregoriano. Il c. dell’India non musulmana prevedeva 12 mesi, divisi in due quindicine (secondo la luna crescente o calante) con capodanno variabile su base regionale. In Cina solo nel 4° sec. a.C. si cominciò a calcolare l’inizio dell’anno dall’equinozio di primavera e ad applicare, per influsso del mondo greco, il ciclo di Metone. Numerose riforme si succedettero fino a quella del 1645, dovuta ai gesuiti.
Nel 1582 papa Gregorio XIII, secondo un piano elaborato da Luigi Lilio e sottoposto all’approvazione di matematici di tutto il mondo, promulgò la correzione del c. giuliano per ricondurre l’equinozio di primavera al 21 marzo fissato dal Concilio di Nicea, dando luogo al c. gregoriano, che si diffuse rapidamente in tutti i Paesi cattolici e solo più tardi in area protestante, mentre i Paesi dell’Oriente facenti capo alla Chiesa greca rimasero fedeli al c. giuliano. Dopo la Rivoluzione russa (1917), uno dei primi atti del governo sovietico fu quello di adottare – a tutti gli effetti civili – il c. gregoriano, in ciò imitato in seguito da altri Stati dell’Oriente europeo. Lo stesso c. si è andato generalizzando tra le varie città dell’India durante la dominazione inglese e ha sostituito in Cina il c. gesuita a partire dal 1930.