caldo
Aggettivo e aggettivo sostantivato. Numerose le occorrenze, soprattutto nella Commedia, e più nel Paradiso che nell'Inferno. Nel Purgatorio solo quattro volte.
1. Aggettivo. In senso proprio vale " infuocato ", " ardente ", " bollente ", " incandescente ": caldo suolo (If XVII 48), calda cera (" cera liquefatta per il calore ", XXV 61), i monimenti son più e men caldi (" i sepolcri sono più e meno arroventati ", IX 131), caldi rai (del sole, Pd II 106), caldo borro (Rime CIII 60). In Pd IX 93 Marsiglia è detta la terra... / che fé del sangue suo già caldo il porto; si tratta di una reminiscenza lucanea (Phars. III 572-573), alla quale tuttavia D. aggiunge l'idea del porto che " si riscalda " per il sangue appena versato. In Fiore XXXII 13 la cotal ha troppo caldo il forno, è evidente il senso osceno, derivato da Roman de la Rose 3903 ss.. In If XIV 31 Alessandro in quelle parti calde / d'Indïa vide..., l'intera espressione significa non " nell'India, che è una regione calda ", bensì " nella parte più calda dell'India ", ossia " nel deserto indiano ". Invece la calda parte di Pg IV 84 indica il sud, l'emisfero australe; in Rime CII 9 tempo caldo vale " estate ".
In senso traslato, riferito a sostantivi astratti: " ardente ", " vibrante ", " impaziente ": caldo parlar (Pg XXX 72), e dimandar... / più caldo (Pd IV 12); caldo disio (XXI 51), e disiri più che fiamma caldi (Pg XXXI 118). In Pd XX 95 caldo amore vale " ardore di carità ", e in unione con viva speranza indica l'unico mezzo per far violenza alla volontà divina e ottenere la salvezza. Anche in Pd XIII 79 Però se 'l caldo amor la chiara vista / de la prima virtù dispone e segna, / tutta la perfezion quivi s'acquista, c. è unito ad amore, ma dal difficile contesto si deduce che l'espressione va interpretata simbolicamente: " la spiegazione preferibile è quella, che risale al Daniello, secondo cui... si adombra ancora una volta il concetto trinitario: ‛ se lo Spirito Santo (il caldo amor) dispone, nell'atto del creare, il Verbo procedente dal Padre (la chiara vista...) e... suggella l'impronta del Verbo nella creatura, questa aduna in sé il massimo della perfezione '. La creazione, in quanto atto d'amore, s'attribuisce allo Spirito Santo " (Sapegno). Più sintetica la spiegazione della terzina proposta dal Chimenz (e accettata dal Fallani), ma sostanzialmente non diversa: caldo amor è inteso come Spirito Santo, fra gli altri, anche dal Momigliano e dal Grabher. In Pd XXXI 140, infine, caldo... calor è lezione della '21 e del Casella, non accolta dal Petrocchi, che preferisce caldo... caler (cfr. ad l., e Introduzione 253; v. anche AMORE).
2. Sostantivato, in unione col verbo ‛ sentire ' o ‛ avere ' (‛ avere c. ', " avvertire il calore " del sole, della stagione; spesso in compagnia del suo opposto, ‛ freddo ': lf XV 9, Pd XI 46, Fiore CLIV 4).
Più propriamente sostantivo in altri casi. Vale " luogo caldo " e si riferisce ai luoghi delle pene infernali, in If XXII 54, come in III 87, ove l'espressione in caldo e 'n gelo vale genericamente " nell'Inferno ". Lo stesso accostamento a ‛ gelo ' si ha in Pg III 31, ma in questo luogo l'espressione tormenti, caldi e geli varrà non tanto " diverse pene, calori insopportabili, e tormenti di gelo ", quanto piuttosto " tormenti dicaldi e di geli ", ossia addirittura " pene d'ogni genere ". L'idea del ‛ calore ' è qui passata in secondo piano.
S'intende che ‛ il c. ' può riferirsi non solo al calore del fuoco ma, per esempio, a quello della pece (If XXII 142 Lo caldo sghermitor sùbito fue) o a quello del sole (Pd V 134 'l caldo ha róse / le temperanze d'i vapori spessi). In Rime C 27 ogne augel che 'l caldo segue, l'uccello migratore " segue il calore del clima temperato " e lascia l'Europa. Ancora in senso meteorologico in Pd XXI 116: s. Pier Damiano pur con cibi di liquor d'ulivi / lievemente passava caldi e geli, cioè " estati e inverni ".
Ci si avvicina così all'uso traslato del vocabolo, per cui si riferisce al " calore " d'amore (Pd V 1, e cfr. anche XXXIII 8 e XXII 47, in cui ‛ amore ' è sottinteso, come del resto in Pd XV 77 'l sol che v'allumò e arse, / col caldo e con la luce; ovviamente il sole che " riscalda col calore del suo amore " è Dio).
Infine, in altri luoghi, c. non è più né il calore del sole, né del clima, né d'amore, ma " il calore " in sé, concepito ad esempio come ‛ strumento ' di cui si serve l'arte del trebbiare (Cv IV IX 11), o come ‛ qualità ' naturale: Cv IV XXIII 13 Adolescenza... s'appropria al caldo e a l'umido... Gioventute... s'appropria al caldo e al secco; XXIV 5 la nostra natura... a lo scendere raffrena, però che lo caldo naturale è menomato; XXIX 1 esser non puote... lo fuoco sanza caldo; Rime dubbie XXX 23 [l'uomo] spesse volte suda / de l'altrui caldo, tal che poi agghiaccia. Infine vanno citate due occorrenze del Fiore (XVII 9 e CXLV 8) in cui abbiamo il caldo del brandon (di quel brandon), ossia della torcia che Venere porta a Bellaccoglienza, simbolo della passione amorosa.