calcolatore
calcolatóre [Der. di calcolare "eseguire calcoli", da calcolo] [ELT] [INF] Termine, equivalente all'ingl. computer, per indicare generic., spec. nel passato, dispositivi per effettuare calcoli e ora, specific., sistemi elettronici, di varia architettura e complessità in rapporto alle prestazioni richieste, per l'esecuzione di elaborazioni, non soltanto di calcolo, su dati numerici e di altra natura, ma comunque trattati sotto forma numerica; tali sistemi sono dunque, propr., c. elettronici numerici, o digitali; accanto a questi, esistono anche c. elettronici analogici (v. oltre), ma nell'uso il termine, a meno di contraria specificazione, indica sempre un c. elettronico numerico. I c. di ridottissime dimensioni e di ridotte prestazioni (ma comunque non esclusivam. algebrici e spesso programmabili), nonché i dispositivi meccanici (ora esclusivam. elettromeccanici ed elettronici) per eseguire soltanto operazioni quasi esclusivam. aritmetiche, sono detti calcolatrici [s.f.]. Il primo c. elettronico, denominato MARK I, apparve nel 1942 negli SUA, era a relé elettromagnetici ed era stato sviluppato per esigenze di calcolo nell'ambito militare; è del 1946 l'ENIAC (Electronical Numerical Integrator and Computer), a tubi elettronici (18 000 tubi), sempre statunitense; intorno al 1950 cominciano a essere usati circuiti con diodi a semiconduttori e, qualche anno dopo, appaiono i primi c. transistorizzati, con una drastica riduzione dell'ingombro e della potenza elettrica assorbita; poco dopo, un considerevole aumento della capacità di calcolo e un'altrettanto notevole diminuzione dell'ingombro, ancora in corso, si sono ottenuti con i circuiti integrati. ◆ [ELT] [INF] C. analogico: a differenza dei c. numerici, i c. analogici non operano su numeri, ma su grandezze che rappresentano, secondo un certo "schema analogico", altre grandezze, puramente matematiche oppure caratteristiche di un certo sistema fisico; le grandezze che il c. elabora sono dette variabili di macchina, e il c. costituisce quello che si chiama un modello analogico del sistema fisico o del sistema di equazioni che si sta studiando. Le variabili di macchina possono essere di natura meccanica (per es., le posizioni angolari di assi rispetto a un riferimento) e si hanno allora c. analogici "meccanici"; di natura elettrica (per es., tensioni elettriche), e si hanno allora c. analogici "elettrici", o di altra natura. Questo non significa che un c. analogico non sia in grado di ricevere dati iniziali numerici o non sia in grado di fornire risultati in forma numerica: vi sono infatti dispositivi, detti convertitori analogico-numerici e numerico-analogici, che consentono di passare automaticamente da numeri a variabili di macchina, e viceversa. Oltre che per il tipo di rappresentazione delle grandezze, i c. analogici si distinguono da quelli numerici per il fatto che mentre nei c. numerici, nella quasi totalità dei casi, per eseguire più operazioni simili tra loro (per es., addizioni) si utilizza, successiv. nel tempo, uno stesso operatore, negli analogici invece si hanno operatori distinti che eseguono contemporaneamente tali operazioni; inoltre, mentre nei c. numerici operazioni tra loro diverse (addizioni, moltiplicazioni, integrazioni, ecc.) si riconducono generalm. a una successione ordinata di operazioni semplici (al più di pochi tipi, di norma addizioni), nei c. analogici si impiegano invece operatori diversi per le diverse operazioni (sommatori, moltiplicatori, integratori, ecc.). Relativ. diffusi non molti anni fa, i c. analogici sono oggi di uso ristretto ad alcune specifiche applicazioni (per es., simulatori) in quanto i modelli che costituiscono la loro ragion d'essere possono ora essere costruiti e studiati anche con c. numerici. Il campo di applicazione tipico dei c. analogici è quello della risoluzione di equazioni e sistemi di equazioni differenziali ordinarie (lineari e non) e per questa ragione essi vengono talora chiamati analizzatori differenziali. È possibile risolvere con queste macchine anche problemi algebrici o di altro tipo, ma in questi casi risulta preferibile l'impiego dei c. numerici. Per quanto riguarda, in generale, i problemi per i quali risulta più conveniente l'impiego dei c. analogici conviene distinguere fra il caso in cui si tratti di risolvere una data equazione o un dato sistema di equazioni differenziali e il caso in cui, invece, si tratti di esplorare il comportamento di un sistema fisico (per es., un servomeccanismo), in parte noto e in parte da progettare. La differenza tra i due casi sta sostanzialmente nel fatto che, mentre nel primo caso si tratta di trovare la soluzione di un'equazione o di un sistema di equazioni, assegnati, nel secondo caso è invece l'equazione che deve essere determinata, essendo assegnata, sia pure parzialmente, la soluzione. Ora, mentre per i problemi del primo tipo sono disponibili metodi matematici ben definiti che ne consentono la programmazione anche su c. numerici, per quelli del secondo tipo non è disponibile un metodo rigoroso e generale; poiché i c. analogici sono partic. adatti ad affrontare i problemi da un punto di vista operativo, risulta conveniente l'impiego di tali macchine quando i problemi da risolvere (purché legati in definitiva a equazioni differenziali) sono appunto del secondo tipo. Dal punto di vista storico, è da ricordare che di c. analogici meccanici del passato se ne conoscono di svariati tipi. Nel 1675, I. Newton realizzò un apparecchio, costituito da più regoli logaritmici, atto a risolvere equazioni algebriche di grado qualunque; in seguito molte macchine, sempre basate sulle proprietà del regolo calcolatore furono realizzate per la risoluzione di equazioni algebriche e di qualche tipo di equazione trascendente; tra esse, notevole quella realizzata da L. Torres y Quevedo (1920), basata su regoli logaritmici circolari, convenientemente vincolati tra loro, atta a determinare le radici reali e immaginarie di una qualunque equazione algebrica. In questa categoria possono porsi anche le macchine integranti a rotella (planimetri, integrometri, integrafi) e differenzianti (peraltro poco diffuse a motivo della loro complessità), nonché quelle costituite da sistemi articolati (E. Baschforth, 1822; A.B. Kempe, 1873), atte alla risoluzione di equazioni trascendenti, o costituite da aste articolate portanti pulegge su cui scorrono fili tesi da pesi convenienti (per es., quella realizzata da Lord Kelvin nel 1879), atte alla risoluzione di sistemi di equazioni lineari. L'istituzione di convenienti analogie idrostatiche ha consentito la realizzazione di macchine, piuttosto semplici, le cosiddette calcolatrici idrostatiche, atte alla risoluzione di equazioni di terzo grado (A. Demanet, 1898) e anche di grado superiore al terzo (G. Meslin, 1900). Sempre per la risoluzione di equazioni algebriche, sono da ricordare vari c. elettrici, basati sull'uso di reti di resistori (A. Wright, 1909), nonché un numeroso gruppo di macchine elettromeccaniche (notevoli le centrali di tiro per le artiglierie navali della 2a guerra mondiale). Passando alla situazione odierna, i c. analogici sono detti di tipo diretto oppure di tipo indiretto a seconda che si possa o no stabilire una corrispondenza diretta tra gli elementi fisici del sistema studiato e gli "elementi di calcolo" della macchina, siano questi elementi circuitali oppure operatori. I c. diretti sono in generale di tipo elettrico; tra essi rientrano i cosiddetti analizzatori di reti, modelli analogici elettrici costituiti da resistori, induttori, condensatori e trasformatori, ove le variabili sono tensioni e intensità di correnti, tra le quali gli elementi circuitali ora detti stabiliscono determinate relazioni matematiche. In ogni caso, si hanno tre unità fondamentali: l'unità di calcolo, l'unità di immagazzinamento dei coefficienti, l'unità di collegamento e di controllo. L'unità di calcolo è costituita da tutti gli operatori di calcolo della macchina. Gli operatori, nei quali le variabili dipendenti sono tensioni elettriche, e, e la variabile indipendente è il tempo, t, si dividono in due categorie: operatori lineari e non lineari; fra i primi sono: i combinatori lineari, che forniscono a partire da n tensioni d'ingresso ei1(t), ei2(t), ..., ein(t), una tensione d'uscita eu(t)=Σkakeik(t), essendo le ak costanti; casi particolari sono il moltiplicatore per una costante, l'invertitore, il sommatore e l'integratore che fornisce a partire da una tensione d'ingresso ei(t) una tensione d'uscita eu(t)=a∫ei(τ)dτ+euo, essendo a una costante ed euo il valore iniziale di eu(t); gli operatori non lineari più diffusi sono i moltiplicatori, i divisori, gli elevatori a potenza e i generatori di funzioni, o di forme d'onda (v. circuiti non lineari). La fig. 1 mostra lo schema, il simbolo e la relazione funzionale dei principali operatori di calcolo. Strettamente collegata all'unità di calcolo è l'unità di immagazzinamento dei coefficienti, costituita dai componenti che consentono d'inserire nella macchina i coefficienti numerici relativi al problema da risolvere. L'unità di collegamento e di controllo è costituita dagli organi che consentono di effettuare il collegamento dei diversi elementi delle altre unità e da dispositivi per il comando delle varie fasi del calcolo (in genere costituiti da circuiti molto semplici, anche a relè) che consentono d'inserire le condizioni iniziali, di avviare il calcolo, di fermarlo, di eseguire prove degli schemi di calcolo, ecc.; nel caso dei c. ripetitivi, in tale unità sono previsti anche gli organi per la ripetizione automatica della soluzione. Altre operazioni occorrono per stabilire la connessione degli elementi di calcolo e l'inserimento dei coefficienti, da un lato, per la presentazione dei risultati del calcolo, dal-l'altro, cioè in definitiva le operazioni corrispondenti a quelle svolte dall'unità d'ingresso e dal-l'unità di uscita dei c. numerici. Pur potendo impiegare, come si è detto, i c. analogici per risolvere problemi di vario tipo, la risoluzione di equazioni differenziali ordinarie è l'impiego più diffuso di tali macchine. Descriveremo brevemente un esempio. Data l'equazione bx(t)=a₂y✄✄(t)+a₁y✄(t)+ a₀y(t), in cui x(t) è una funzione data, y(t) è la funzione da determinare e a₀, a₁, a₂ e b sono coefficienti costanti, la si riscrive in maniera da lasciare al primo membro la derivata di ordine più elevato: y✄✄=(b/a₂)x-(a₀/a₂)y-(a₁/a₂)y✄. Per risolvere questa equazione con un metodo di successive approssimazioni si può procedere nel modo seguente. Si fissano soluzioni di prima approssimazione per y e y✄, e siano y₁ e y✄₁; si sostituiscono tali valori al secondo membro dell'equazione per y✄✄; si esegue il calcolo indicato dall'espressione, e cioè la combinazione lineare di x, y₁ e y✄₁. Integrando il risultato si ottiene una soluzione di seconda approssimazione per la derivata prima, e sia y✄₂; integrando ancora si ottiene y₂. In definitiva, per passare dai valori di prima approssimazione a quelli di seconda approssimazione sono state necessarie soltanto operazioni di combinazione lineare e di integrazione. I valori ottenuti, e cioè y₂ e y✄₂, possono essere utilizzati per ottenere valori di terza approssimazione, e così via. Se il procedimento è convergente, yn(t) e dyn(t)/dt per n→∞ tendono a y e y✄, rispettivamente. Ciascuna fase di questo procedimento è realizzabile con gli operatori di un c. analogico, e precis. con combinatori e integratori, secondo lo schema della fig. 2. Operando con questo schema, alla fine di ciascuna fase bisogna introdurre all'ingresso del combinatore i valori ottenuti; viene allora naturale collega-re direttamente le uscite dei due integratori con gl'ingressi corrispondenti del combinatore, eventualmente per il tramite di invertitori: nasce così lo schema definitivo della fig. 3, con il quale le successive approssimazioni vengono effettuate automaticamente e molto rapidamente; la soluzione fornita dalla macchina è la tensione d'uscita del secondo integratore. Per quanto riguarda le operazioni iniziali, esse vengono effettuate di norma da un operatore umano; solo in macchine di dimensioni notevoli può risultare conveniente renderle automatiche; sono peraltro disponibili unità d'ingresso che eseguono automaticamente la predisposizione della macchina, a partire da un programma di calcolo (connessione degli operatori, inserimento dei coefficienti, ecc.) introdotto con un nastro magnetico o con altri sistemi equivalenti. Per quanto riguarda la presentazione dei risultati, occorre tener presente che le soluzioni di un problema sono costituite, nelle macchine che si stanno esaminando, da tensioni che variano nel tempo, per cui l'unità di uscita è di norma costituita, per i c. di tipo lento, da voltmetri registratori, del tipo a bobina mobile o del tipo ad asservimento, eventualmente a due coordinate (ingl. plotter); possono essere usati anche un convertitore analogico-numerico e una stampante, che consentono di ottenere, a intervalli di tempo regolari, i valori numerici della soluzione. Nei c. di tipo veloce o ripetitivo, s'impiega invece un oscilloscopio a raggi catodici. ◆ [ELT] [INF] C. a flusso di dati (ingl. chart-flow computer): v. calcolatori, architettura dei: I 398 a. ◆ [ELT] [INF] C. a pila (ingl. stack computer): v. calcolatori, architettura dei: I 398 b. ◆ [ELT] [INF] C. con un insieme complesso e ridotto di istruzioni: v. microprocessore: III 831 a. ◆ [ELT] [INF] C. dedicato: denomin. generica di c., di varia capacità, con architettura concepita per un uso specifico: v. calcolatori dedicati alla fisica teorica e calcolatori elettronici in medicina. ◆ [ELT] [INF] C. elettronico: denomin. propria dei c. attuali, che fu usata in passato, circa fino ai primi anni '60, per distinguere i c. elettronici da quelli, allora ancora largamente usati, di tipo meccanico, elettromeccanico e misto. ◆ [ELT] [INF] C. massicciamente parallelo: v. oltre: C.parallelo. ◆ [INF] C. non von Neumann: v. calcolatori, architettura dei: I 397 f. ◆ [INF] [OTT] C. ottico: denomin. di c., ancora allo stadio di progetto di fattibilità, che utilizza circuiti ottici integrati invece di circuiti elettronici: v. calcolatore ottico: prospettive recenti: VI 617 a. ◆ [ELT] [INF] C. parallelo: c. che, anziché avvalersi per i suoi scopi di un unico processore centrale (CPU), utilizza molti (decine o centinaia) processori identici collegati tra loro in parallelo, con numerosi vantaggi, primo tra i quali è l'aumento della rapidità di esecuzione dei calcoli; se il numero dei processori (o microprocessori) che operano in parallelo è partic. grande (migliaia) si parla di c. massicciamente paralleli, per i quali v. calcolatori massicciamente paralleli e supercalcolatore. ◆ [ELT] [INF] C. personale (ingl.: personal computer o anche, spec. se di uso domestico, home computer): c. di medie prestazioni (ma sempre notevoli, considerando ingombro e costo), caratterizzato da una sola tastiera, e quindi dal fatto che con esso può operare una persona alla volta; esiste peraltro la possibilità d'interconnettere più c. di questo tipo, in modo che ciascuno di essi possa essere usato sia autonomamente, sia come terminale intelligente del sistema (rete di c. personali): v. calcolatore personale: I 392 a. ◆ [ELT] [INF] C. professionale (ingl.: professional computer): c. personale di prestazioni partic. elevate o specializzate per una determinata attività professionale. ◆ [ELT] [INF] Architettura di un c.: la specifica struttura di un c., che lo rende adatto a una specificata funzionalità: v. calcolatori, architettura dei. ◆ [INF] Sistemi di c.: interconnessione di più c. per determinate funzioni, non assolvibili con un solo c.: v. calcolatori, sistemi di.