Calcio
Il calcio è un elemento chimico (simbolo Ca), appartenente al gruppo dei metalli alcalino-terrosi, esistente in natura soltanto allo stato combinato, soprattutto come carbonato, fosfato e silicato. è il minerale più abbondante nel corpo umano, dove è presente in misura dell'1,5-2% del peso corporeo totale. Più del 99% del calcio è contenuto nello scheletro; la restante parte si trova nel plasma e nei liquidi extracellulari, metà in forma ionizzata (come catione bivalente) e metà legata a proteine. La forma metabolicamente più attiva è quella ionizzata, mentre il calcio legato a proteine plasmatiche e quello contenuto nelle ossa possono considerarsi come una riserva cui attingere per mantenere costante la concentrazione della quota ionizzata.
Gli alimenti più ricchi di calcio sono rappresentati da latte, yogurt e formaggi, i quali ultimi, se stagionati, contengono dieci volte più calcio di analoghe quantità di latte o yogurt. Anche alcuni vegetali, come cavoli e broccoli, o piccoli pesci consumati con la lisca possono contribuire all'introito di calcio. Le acque potabili costituiscono un'apprezzabile fonte solo se sono di tipo duro. L'assorbimento intestinale di calcio è influenzato da fattori fisiologici e nutrizionali. Tra i primi, va annoverato il maggiore assorbimento che si osserva quando i bisogni fisiologici sono più elevati, ossia durante l'accrescimento, la pubertà, la gravidanza e l'allattamento. I bambini, per es., assorbono fino al 75% del calcio ingerito, mentre nei giovani adulti il valore oscilla tra il 20 e il 40%, e la percentuale si riduce ulteriormente nel caso degli anziani. L'assorbimento varia anche, in modo inversamente proporzionale, in relazione alla la dose ingerita, tanto che con introiti superiori agli 800 mg al giorno la quantità assorbita si aggira intorno al 15%.Le capacità adattative dell'assorbimento di calcio sono coordinate dall'ormone-vitamina D, tramite due meccanismi: uno genomico, mediato da recettori, e realizzato attraverso trascrizione genica di apposita proteina (calbindina K28), capace di legare il calcio e di facilitarne il trasferimento nell'enterocita; l'altro (transcaltachia), condotto mediante meccanismi di diffusione probabilmente paracellulari. Il primo meccanismo è più lento a manifestarsi, il secondo più rapido. Alcuni fattori nutrizionali interferiscono negativamente con l'assorbimento del calcio: per es. il fitato e l'ossalato si combinano con il calcio rendendolo insolubile, e i lipidi non assorbiti formano saponi insolubili di calcio. Effetti negativi sono inoltre esercitati da certi componenti della fibra, mentre la presenza di lattosio, di aminoacidi, di saccarosio e di acido fosfatidico, che mantengono il calcio in forma solubile, sembrerebbe favorirne l'assorbimento.
Il calcio viene eliminato con le urine, le feci e, in piccola parte, con il sudore. Il calcio fecale è costituito da calcio non assorbito, proveniente sia dagli alimenti sia dal succo pancreatico che ne è ricco. La quota di calcio eliminata con le urine, pur riflettendo la quantità assorbita, è regolata per via ormonale.Il calcio svolge il suo ruolo metabolico in due grandi aree funzionali: una di tipo strutturale, dove agisce come componente della idrossiapatite (fosfato basico di calcio) delle ossa e dei denti, e l'altra regolatoria, dove agisce in forma ionizzata. Tra le attività regolatorie, che sono numerosissime, vanno menzionate quelle collegate con la trasmissione neuromuscolare di stimoli chimici ed elettrici, con la secrezione cellulare, con la coagulazione del sangue e con la trasduzione di alcuni segnali ormonali. La frazione di calcio ionizzato è essenziale per la sopravvivenza dell'organismo, e infatti esistono potenti meccanismi omeostatici volti a mantenerne costante la concentrazione plasmatica, anche a costo di provocare una demineralizzazione delle ossa.Il sistema endocrino, che coopera per il mantenimento dell'omeostasi calcica, è altamente integrato e complesso. Esso comporta l'intervento di tre ormoni, due dei quali di natura polipeptidica, il paratormone e la calcitonina, e uno di natura steroidea, il calcitriolo o 1,25-diidrossicolecalciferolo (la forma attiva dell'ormone-vitamina D). Una batteria di altri ormoni, tra cui gli estrogeni, e certi fenomeni fisici, come la stazione eretta sotto l'influenza della forza di gravità, esplicano inoltre un ruolo nel regolare e modificare le risposte metaboliche all'azione primaria dei tre ormoni. In breve, quando il livello del calcio nel sangue diminuisce, la secrezione di paratormone aumenta, quella della calcitonina diminuisce e la vitamina D viene trasformata nella forma attiva di 1,25-diidrossicolecalciferolo. Queste modificazioni dell'assetto ormonale inducono tre risposte fisiologiche: un aumento del riassorbimento delle ossa con mobilizzazione del calcio solubile verso il comparto sanguigno; un incremento dell'assorbimento intestinale di calcio; una diminuzione della sua escrezione renale. Non è ancora del tutto chiaro quale di questi effetti sia provocato direttamente dal paratormone, o se essi siano tutti, o in parte, mediati dalla vitamina D, la quale viene trasformata nella sua forma attiva proprio dal paratormone. Sembra generalmente accettato che il ruolo principale della vitamina D sia quello di potenziare la capacità di assorbimento intestinale del calcio, anche se non si esclude un effetto parallelo del paratormone. L'insieme di queste azioni può portare i valori della calcemia leggermente al di sopra della norma: entra allora in azione la calcitonina, che promuove nelle ossa un'azione inversa a quella precedentemente descritta, favorendo l'incorporazione del calcio. Sembra che il meccanismo, nel suo complesso, funzioni come un pendolo e che il valore della calcemia oscilli di continuo, seppure minimamente, intorno ai valori normali, con costanti interventi correttivi degli ormoni agonisti e di quello antagonista.
I livelli plasmatici di calcio sono in rapporto con quelli di fosforo. Per decenni si è ritenuto che i due elementi dovessero trovarsi in un rapporto unitario, e che introiti di fosforo di molto superiori a quelli del calcio potessero produrre gli stessi effetti della carenza di calcio (v. fosforo). Negli ultimi anni il significato fisiologico del rapporto plasmatico tra ioni calcio e ioni fosforo è stato in qualche modo ridimensionato e si sono abbandonate talune rigidità riguardo al valore ritenuto ottimale. Gli esperti riconoscono tuttavia che un rapporto plasmatico calcio-fosforo inferiore a 0,7 mmol/l è di solito indicativo di un difetto nella mineralizzazione delle ossa, mentre valori superiori a 2,2 mmol/l riflettono una propensione alla calcificazione dei tessuti molli.
La carenza di calcio si manifesta con svariati sintomi, tra cui debolezza muscolare e, nelle forme più gravi, contrazioni di tipo tetanico e convulsioni. Le carenze acute sono tuttavia piuttosto rare e sembrano riguardare quasi esclusivamente neonati alimentati con latte artificiale, contenente calcio e fosforo in rapporto inadeguato. Sembrano invece più comuni le sindromi ipocalcemiche indotte da alcalosi sistemica. Nelle sue forme croniche, la carenza di calcio provoca nei bambini una diminuzione della densità delle ossa; è invece dibattuto se essa determini un ritardo nell'accrescimento. Negli adulti, la carenza di calcio si manifesta come osteoporosi, che è una condizione di demineralizzazione delle ossa, cui si aggiunge una perdita di materiale organico, con conseguente maggiore fragilità. Ciò avviene più facilmente se nel periodo di formazione delle ossa non è stato raggiunto il picco massimo di densità ottenibile in base alla predisposizione genetica individuale. Il massimo di densità si raggiunge alcuni anni dopo l'interruzione del processo di crescita longitudinale delle ossa, ossia intorno ai 25 anni di età, anche se una certa quantità di minerale continua a essere depositata dopo questa età. Nelle decadi seguenti ha invece luogo una lenta ma progressiva perdita di densità, che si accentua notevolmente nelle donne nel periodo della menopausa, per poi rallentare. Negli uomini, le perdite di tessuto osseo sono più lente, perché più lento è il declino del livello di ormoni sessuali. Infatti, nonostante il calcio sia il principale costituente delle ossa, la densità ossea è determinata anche da fattori genetici, dagli ormoni sessuali e dall'attività fisica. Quest'ultima, se svolta in modo continuo, sembra essere un fattore molto importante, come evidenzia il fatto che l'immobilità a letto provoca una demineralizzazione delle ossa. Analoga rilevanza sembra avere la stazione eretta sotto l'effetto della forza gravitazionale: infatti l'esercizio fisico svolto in posizione orizzontale non previene la perdita di calcio dalle ossa e bilanci negativi di calcio sono stati riscontrati anche negli astronauti impegnati in voli spaziali di una certa durata, in condizioni di assenza o forte riduzione di gravità. L'osteoporosi deve essere prevenuta nelle prime decadi di vita, assicurando buoni introiti di calcio e un adeguato stato vitaminico-ormonale, perché una maggiore assunzione di calcio quando il processo di rarefazione delle ossa si è instaurato appare priva di efficacia. Il processo di demineralizzazione, almeno nelle donne, sembra dipendere soprattutto dallo stato ormonale, e la terapia sostitutiva con estrogeni, pur con le sue controindicazioni, appare in grado di contenere il fenomeno. Al riguardo le raccomandazioni nutrizionali statunitensi (RDA, Recommended dietary allowances) fanno notare che è stato osservato un rapporto inverso tra peso corporeo e incidenza di fratture, suggerendo l'ipotesi che nel tessuto adiposo di donne anziane, moderatamente obese, possa verificarsi una conversione di precursori steroidei in estrogeni. A ciò si può aggiungere che il tessuto adiposo, oltre a formare un cuscinetto di protezione intorno alle strutture ossee, è anche tessuto di riserva per la vitamina D. L'insieme di questi dati sembrerebbe indicare che, nelle donne, un moderato grado di obesità non è associato unicamente a fattori di rischio, ma può offrire addirittura qualche vantaggio.
È difficile stabilire quali siano i bisogni fisiologici di calcio, data l'esistenza di quell'enorme riserva corporea rappresentata dal calcio delle ossa, nonché dei meccanismi omeostatici per il controllo della calcemia, che ne rendono problematico l'accertamento. Parametri come la densità ossea o l'incidenza di osteoporosi non sono considerati idonei a definire il bisogno, in quanto troppo influenzati da fattori fisici, genetici e nutrizionali in senso lato.Secondo alcuni autori, i bisogni andrebbero stimati basandosi sul presupposto che i principali fattori che determinano il bisogno fisiologico di calcio sono le perdite obbligatorie attraverso la pelle, le feci e l'urina, alle quali vanno aggiunte quantità ritenute adeguate per permettere la crescita e il consolidamento delle ossa. I LARN (Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana), nella revisione 1996, ritengono invece di doversi avvalere del criterio basato sull'effetto che l'assunzione di calcio ha sulla massa scheletrica e prendono in considerazione le varie fasce d'età, come viene qui di seguito descritto.
a) Adulti. Per i giovani adulti, fino a 29 anni, si ritiene opportuno raccomandare un'assunzione di 1000 mg al giorno. Per gli adulti di 30-60 anni si mantiene la precedente raccomandazione di 800 mg al giorno.
b) Gravidanza e allattamento. L'incremento consigliato è di 400 mg al giorno, per tener conto della formazione dello scheletro del bambino e del calcio che viene secreto con il latte. Le RDA europee, al contrario, ritengono ingiustificato un incremento per la gravidanza, perché in questo periodo aumentano sia l'efficienza dell'assorbimento sia la mobilizzazione del calcio dalle ossa materne; esse consigliano invece un incremento di 500 mg giornalieri durante il periodo dell'allattamento.
c) Anziani. Considerato che negli anziani si verifica una riduzione dell'assorbimento, dovuta a una minore sintesi di calcitriolo, si ritiene appropriato raccomandare un'assunzione di 1000 mg al giorno.
d) Menopausa. Per le donne al di sopra dei 50 anni viene raccomandata un'assunzione di 1200-1500 mg al giorno.
e) Bambini. Per i bambini si tiene conto del calcio che deve essere depositato nelle ossa in formazione, in relazione al ritmo di accrescimento nelle varie fasce di età. Si raccomanda quindi un'assunzione di calcio pari a 800 mg al giorno per i bambini da 1-6 anni d'età, mentre per i bambini di 7-10 anni il livello è aumentato a 1000 mg al giorno.
f) Adolescenti. Per maschi e femmine che si trovino nel periodo di crescita adolescenziale sono ritenute adeguate assunzioni di 1200 mg di calcio al giorno, mentre le RDA europee, per le stesse classi d'età, non vanno oltre i 1000 mg giornalieri per i maschi e 800 per le femmine.
Un eccesso di calcio può indurre cambiamenti funzionali in molti sistemi, compresa la calcificazione di tessuti molli. È difficile che si instauri ipercalcemia quando il calcio è introdotto con gli alimenti, poiché esistono efficienti meccanismi omeostatici che ne limitano l'assorbimento o ne aumentano l'escrezione. Tuttavia, fenomeni di ipercalcemia infantile, anche con esiti fatali, si sono verificati in passato in Gran Bretagna, dove si usava arricchire numerosi alimenti per l'infanzia con vitamina D. Gli adulti sembrano tollerare senza danno apparente fino a 2,5 g di calcio giornalieri. Con dosi superiori, sotto forma di supplementi che contengono anche vitamina D, oppure in seguito a ingestione continuata di antiacidi, spesso a base di sali di calcio, si prospettano rischi di ipercalcemia, di alterazioni nella funzione renale nonché di formazione di calcoli urinari. Perciò le RDA europee consigliano, in effetti, di non superare il limite di 2,5 g di calcio al giorno.
Energy and protein requirements. Report of a joint FAO-WHO-UNO expert consultation, Genève, WHO technical report series 724, 1985.
LARN: Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana, Revisione 1996, a cura della Società italiana di nutrizione umana, Roma, 1997.
Nutrient and energy intakes for the European Community, Reports of the Scientific committee for food, Luxembourg, Office for official publications of the European communities, 1993.
Recommended dietary allowances (RDA), Washington, National Academy Press, 198910.