CALCIDICO (χαλκιδικόν, chalcidicum)
Parecchie fonti antiche fanno menzione di questa costruzione; ma poiché non pare che esse accennino tutte a un medesimo tipo di edificio, non appare chiaro che cosa debba intendersi per calcidico. Secondo Vitruvio (V; 1, 11), il calcidico è quel membro dell'edificio o portico, che si deve aggiungere alle estreme parti della basilica, se la lunghezza di queste sia eccessiva e turbi l'armonia fra lunghezza e larghezza. Al concetto vitruviano si ricollegano un passo del Monumentum Ancyranum (IV,1) che menziona in Roma curiam et continens ei chalcidicum, calcidico che è forse da riconoscere nell'Atrium Minervae, tra la Curia e il Secretarium Senatus (attualmente chiese di S. Adriano e di S. Martina), un passo del glossario di Isidoro e alcune iscrizioni (Corp. Inscr. Lat., I, 659; X, 810).
Al concetto vitruviano rispondono il calcidico, che correva dinnanzi alla fronte della basilica di Pompei, e il calcidico dell'edifizio di Eumachia, in Pompei stessa (v. basilica). In senso lato il calcidico è dunque un porticato ampio, annesso a un edificio.
Altri autori indicano con la parola chalcidica le parti superiori delle case, nel senso di cenacoli e luoghi all'aria aperta e nel significato degli omerici ὑπερωϊόϑεν ed ὑπερῷον (Arnob., Adv.gentes, IV,33; Auson., Perioch. Odyss., I, 23).
La notizia che di calcidico ci dà Festo (s. v.) è la più laconica: e si limita a darci della parola un'etimologia probabile, ma non sicura: che il calcidico cioè è una specie di edificio, così detto dalla città di Calcide nell'Eubea.
Bibl.: A. Promis, Vocaboli latini di architettura, Torino 1875, p. 55; A. Mau, Osservazioni sull'edifizio di Eumachia in Pompei, in Röm. Mitt., 1892, p. 113; A. Sogliano, La Basilica di Pompei, in Memorie della R. Acc. d'Arch. di Napoli, 1913, p. 120.