CALCARE (da calce; fr. calcaire; sp. calcáreo; ted. Kalkstein, ingl. limestone)
La più diffusa tra le rocce semplici, è costituita essenzialmente di carbonato di calcio (CaCO3) (v.). È facilmente riconoscibile per la sua facile solubilità negli acidi, anche deboli, producendo viva effervescenza. È intaccato da una punta di acciaio. Il carbonato di calcio però non entra quasi mai da solo a costituire il calcare; eccezione fatta per la creta e il calcare saccaroide, che sono calcari quasi puri, entrano generalmente a far parte, nella costituzione dei calcari, l'argilla, la silice, ossidi di ferro, carbonato di magnesio, sostanze carboniose, bituminose, ecc., in quantità variabilissime, che ne modificano la struttura e la colorazione.
Il calcare si trova già nelle più antiche formazioni geologiche e si forma attualmente sotto i nostri occhi: esso è così abbondante in natura da formare da solo intere catene montuose. Nella grandissima quantità il calcare si è formato e si forma nel mare, in molto minor parte nei laghi (limnocalcare), ed anche per rapida deposizione di acque di fiumi, sorgenti, ecc. riccamente calcarifere. Nella quasi totalità è di origine organogena, com'è provato dai numerosi avanzi di animali e di piante in esso contenuti; spesso però la originaria struttura organica è distrutta del tutto o in parste dai processi diagenetici e metasomatici che portano ad una ricristallizzazione del carbonato di calcio. Vi sono tuttavia calcari di origine chimica, come l'alabastro e il travertino.
Il calcare si presenta sotto differentissimi aspetti che saranno passati rapidamente in rassegna. Il più comune, che forma considereboli depositi su tutta la terra, è il calcare compatto, la cui grana cristallina è così minuta, che la struttura ad occhio nudo apparisce compatta; quando è puro presenta frattura scagliosa o concoidale e non contiene più di 1-3% di sostanze estranee. Il tipo dei calcari compatti è la pietra litografica di Solenhofen e Pappenheim in Baviera, appartenente alla formazione giurese e che si presenta in strati assai regolari, di color giallognolo, quasi puro, a grana uniforme; la grana finissima congiunta a una certa porosità permette a questi calcari d'impregnarsi facilmente delle sostanze grasse, che entrano nella composizione delle matite e inchiosti litografici. Gli scisti litografici di Solenhofen sono le rocce fossilifere più famose di tutta la terra e in essi sono stati trovati, tra gli altri fossili, numerosissimi crostacei di una conservazione perfetta e il più antico uccello conosciuto, l'Archaeopteryx. Pietre litografiche, di qualità inferiore, si trovano da per tutto, e in italia una analoga, ma più bianca, più tenera e più scheggiosa è la maiolica del Cretacico lombardo, che qualche volta è pure usata come pietra litografica. A tale uso si presta anche egregiamente un calcalare compatto di Spello nell'Umbria. I calcari compatti spesso sono variamente colorati da sostanze estranee, e siccome sono suscettibili di bel pulimento vengono impropriamente detti marmi. Uno speciale contenuto in sostanze estranee serve a distinguerli: così si hanno calcari fetidi, contenenti sostanze bituminose, che puzzano alla percussione del martello; calcari asfaltiferi o bituminosi, se impregnati di bitume, e quando ne sono ricchi servono per l'estrazione di questo: in Italia sono ben noti il calcare bituminoso di Ragusa in Sicilia e quello dell'Abruzzo; calcari arenacei, quando contengono sensibile detrito sabbioso; calcari siliciferi, se contengono silice organogena; calcari glauconitici, se contengono glauconite; calcari argillosi, contenenti sostanze argillose; se queste ultime poi sono nella proporzione del 12-15% si hanno i calcari marnosi, e infine se calcare ed argilla sono circa nella stessa proporzione si ha la marna. I calcari cristallini hanno una grana molto più grossa dei calcari compatti, la quale somiglia a quella dello zucchero, detti perciò anche calcari saccaroidi; di solito sono bianchi, bianco-lattei, bianco-grigi, a vene, a chiazze, a zone di tono diverso. Questi calcari sono quelli che il petrografo chiama marmi. Il tipo di questi calcari è il marmo statuario, di cui abbiamo grandi depositi nella catena delle Alpi Apuane, che forniscono marmi a tutto il mondo: esso è di color bianco-latteo, bianco-perla, translucido, purissimo; simili sono i marmi greci dell'antichità (marmo pario di Paros, pentelico dell'Attica). Altro calcare saccaroide è il bardiglio venato di grigio e di azzurro. I calcari saccaroidi prevalgono negli orizzonti geologici più antichi intercalati nel gneiss e negli scisti cristallini e più energicamente dislocati o in vicinanza di masse di rocce eruttive. I calcari oolitici sono formati di granuli sferoidali od ovoidali, piccolissimi (ooliti), sparsi più o meno fittamente in una massa calcarea cementante di natura calcitica. Se si spezza una oolite, vi si nota una struttura fibroso-raggiata, oppure microgranulare. Sull'origine dei calcari oolitici non si hanno cognizioni precise: l'origine chimica non pare possa applicarsi alle potenti masse di detti calcari sviluppati specialmente nelle formazioni giuresi, onde ne venne a queste anche il nome di formazione oolitica: è probabile invece si tratti di depositi organogeni, dovuti ad alghe codiacee. Calcari oolitici si sono formati in tutte le epoche geologiche. La pietra di Caen in Francia, di reputazione secolare, è il tipo dei calcari oolitici: essa è bianca o leggermente giallognola, tenera, e si presta alla più delicata scultura, e perciò è stata adoperata per la costruzione di numerose chiese gotiche.
Si dicono lumachelle certi calcari zeppi di gusci di conchiglie; ve ne sono di molte varietà e alcune adoperate come marmi: rinomato è il drappo mortuario di Francia, a fondo nero, su cui spiccano numerose sezioni di conchiglie di color bianco. I differenti tipi di fossili, di cui certi calcari sono più o meno interamente costituiti, servono a dare il nome ad una infinita varietà di calcari, i quali quando sono compatti e suscettibili di un bel pulimento, vengono adoperati come pietre ornamentali. Così se sono formati dall'accumulo di certe alghe calcaree, dette litotanni, si hanno i calcari a litotanni; calcari a nummuliti, ad alveoline, a fusuline, ad amfistegine, ecc. sono quelli che risultano dall'accumulo di detti foraminiferi; calcari corallini o madreporici, se costituiti da madreporarie (fra questi ricordiamo la pietra stellaria); calcari a crinoidi o ad entrochi, se formati dall'accumulo di articoli di crinoidi, che nelle fratture presentano lamelle spatiche brillanti; calcari a briozoi, calcari a brachiopodi, ecc. Calcari grossolani, calcari teneri e calcari terrosi sono rocce porose, leggiere, tenere, per lo più di color bianco-giallognolo, costituite di granuli calcarei provenienti in gran parte dal disfacimento di conchiglie e di coralli, ma non sono sabbiosi. Il tipo del calcare grossolano è il calcare grossier di Parigi, che è largamente adoperato per costruzione: sono comuni specialmente nei terreni terziarî inferiori. In Italia ben nota è la pietra leccese, quella di Custoza, quella dei dintorni di Cagliari, ecc. Il tipo dei calcari terrosi è la creta (craie dei Francesi), che ha dato il nome ad un periodo della storia della terra (v. cretacico): essa è bianca, farinosa, ricca di avanzi organici e talvolta è così fina ed omogenea, che viene adoperata, previa levigazione, col nome di bianco di Spagna, e serve per farne gessetti, per pulire metalli, ecc.; la creta si adopera anche per correggere i terreni argillosi privi di calcare.
Col nome di calcari tufacei o tufi calcarei s'intendono dei calcari grossolani, teneri, per lo più di color bianco-gialliccio, formati dall'accumulo di minutissimi detriti organici e granelli di sabbia, rilegati da un cemento calcareo e in parte argilloso. Questi calcari si formarono intorno alle spiagge, dove il mare sminuzza le conchiglie e deposita la sabbia. Le varietà più resistenti sono largamente adoperate per costruzione. Essi sono comuni da noi specialmente nell'Italia meridionale ed in Sicilia. È però necessario rilevare qui che geologicamente col nome di calcari tufacei o di tufi calcarei s'intendono quei calcari formatisi nelle acque dolci, mentre nel linguaggio edilizio vien chiamato tufo qualsiasi calcare tenero, poroso, leggiero; ma la parola tufo è ambigua, perché in senso petrografico serve a designare una roccia piroclastica.
Da tutti i calcari finora descritti formatisi per processi organogeni, bisogna distinguere quelli di origine chimica: la distinzione non è assoluta né sempre facile a farsi, specialmente per le rocce antiche, ma tuttavia è utile mantenerla come principio. Chiara è l'origine chimica per deposito di acque calcarifere degli alabastri calcarei od orientali (v.). Anche i travertini si originano, almeno in via principalissima, da fenomeni d'incrostazione operati da acque calcarifere, sia presso le cascate sulle rive, sia sul fondo di bacini alimentati da tali acque. I travertini formano talora grandi masse non veramente stratificate, porose, cavernose e ricche d'impronte vegetali. Ben noto, fra tutti, è il travertino di Tivoli (lapis tiburtinus dei Romani) che è servito e serve ancora per tante costruzioni monumentali nella Roma antica, medievale e moderna. Pure molto adoperato è il tufo calcare di Terni, detto spugna delle Marmore perché prodotto dal Velino sui lati della cascata. Un calcare pure di origine chimica è la pietra-spugna, leggerissimo, porosissimo, formato di croste calcaree deposte dall'acqua dolce sulle piante, in forma di bacchette irregolarmente intrecciate, vuote per la distruzione dei fusticini incrostati. Analoga al travertino, ma formatasi lungo la spiaggia del mare quando nel mare sgorghino acque molto calcarifere, è la panchina, che è un calcare arenaceo talora passante a conglomerato, ricco spesso di conchiglie; esempio notissimo di tale calcare è la panchina di Livorno, di cui si hanno varietà compatte e resistenti da poter essere adoperate per costruzioni.
Agraria. - Il calcare o carbonato di calcio si riscontra nel terreno agrario in quantità più o meno rilevanti e sotto forme diverse per origine, struttura, granulazione, ecc. Tuttavia nella pratica si distinguono due sole qualità di calcare: il compatto, dovuto al disfacimento di rocce calcaree, e il terreno, il quale ultimo proviene o dalle acque cariche di bicarbonato di calcio o dalla precipitazione dei sali di calcio più o meno solubili per azione dei carbonati alcalini:
II primo, dotato di notevole resistenza all'azione degli agenti naturali, va anche sotto il nome di calcare inerte e, se anche è presente in notevole quantità, non conferisce al terreno qualità calcaree considerate dal punto di vista pedologico; il secondo invece, facilmente attaccabile dagli acidi, va sotto il nome di calcare attivo e di esso bastano lievi percentuali perché sia assicurata la nutrizione calcarea della pianta. Occorre però dire che l'attività o l'inerzia sono strettamente legate al grado di finezza delle particelle calcaree e che infatti anche il calcare compatto, se finemente granulato, assume un certo grado di attività.
Le percentuali di calcare nel suolo agrario variano entro limiti estesissimi: dall'80%, riscontrato in alcuni terreni della Sicilia, si scende a percentuali del 5 a 10°0‰ nei terreni argillosi, né è raro il caso in cui si scenda a tracce soltanto.
Così ad es. D. Martelli (1899), in 60 campioni di terreni della provincia di Pisa, ottenne le seguenti percentuali:
Comunque, perché un terreno possa dirsi calcareo, è necessario che la percentuale di carbonato di calcio non sia inferiore al 10%.
S'intende che queste percentuali per uno stesso terreno subiscono forti variazioni. Il calcare infatti ha vita effimera: basti pensare che le acque cariche di acido carbonico lo disciolgono, che gli acidi umici e i concimi chimici, chimicamente o fisiologicamente acidi, lo intaccano, e che queste azioni si compiono tanto più facilmente quanto più sottili sono i granuli del minerale. Ad esse non è perciò estranea l'azione meccanica degli strumenti agricoli, che, impiegati nella lavorazione del suolo, conducono alla frantumazione dei granuli men che sottili. Il calcare, se contenuto in quantità moderate, ha un'azione decisamente favorevole sulle proprietà fisiche e chimiche del terreno e quindi sullo sviluppo dei vegetali. Da ciò la necessità degli ammendamenti calcarei (v.).
In particolare:
1. Azione del calcare sulle proprietà fisiche del terreno: tale azione è particolarmente efficace nei terreni argillosi e umidi e in qualche caso anche nei terreni sabbiosi. In quelli infatti esercita un'azione coagulante rispetto ai colloidi, e quindi conduce a una diminuzione delle superficie totali con abbassamento del grado di capillarità e igroscopicità ed elevamento della permeabilità del terreno rispetto all'acqua.
Nei sabbiosi invece, come fu rilevato dal Ramann (Berlino 1893), può spesso agire in senso inverso: e infatti se un'acqua ricca di carbonato di calcio invade un terreno sabbioso, esso vi abbandona la maggior parte del sale disciolto e il carbonato amorfo precipitato riunisce e salda le particelle del terreno, elevandone la capillarità e igroscopicità e abbassando la penetrabilità rispetto all'acqua.
2. Azione del calcare sulla reazione del terreno: la presenza del carbonato di calcio dovrebbe condurre alla neutralizzazione dell'acidità del terreno ed eventualmente a una reazione alcalina del terreno stesso; potrebbe infatti passare in soluzione (0,0131‰ a 16°) con reazione debolmente alcalina, o potrebbe anche reagire con sali solubili di sodio e di potassio, dando luogo a carbonati alcalini, ad es. secondo l'equazione:
Ma tutto ciò dipende dalla maggiore o minore attaccabilità del calcare e dalla sua eventuale inattivita (calcare compatto o cristallino); e infatti esistono terreni sensibilmente acidi che tuttavia contengono discrete quantità di CaCO3, come nei casi seguenti. Cfr. U. Pratolongo, sulla reazione, ecc. (v. Bibl.).
Occorre dunque escludere una netta correlazione fra la reazione di un terreno e il suo contenuto in CaCO3. Nella seguente tabella figurano infatti alcuni terreni, i quali pur contenendo quantità notevolmente diverse di calcare, tuttavia possiedono a un dipresso lo stesso grado di acidità.
Qui evidentemente, in qualche caso, ci troviamo di fronte a un eccesso di calcare inattivo: nella pratica dunque ha notevole importanza la scelta del calcare destinato a correggere l'acidità del terreno; e infatti secondo le esperienze di Schollenberger nei processi di neutralizzazione e alcalinizzazione il carbonato ottenuto per precipitazione ha la maggiore efficacia, poi segue il calcare naturale, e a parità di finezza la calcite è più facilmente attaccata che non la magnesite e la dolomite.
Non è superfluo aggiungere che le diverse qualità di calcare agiscono indirettamente, con maggiore o minore efficacia, sui processi microbiologici che si compiono nel terreno e che sono legati strettamente alla reazione del mezzo. Si sa infatti che un lieve aumento di acidità diminuisce o annulla addirittura l'attività dei microrganismi, che una reazione debolmente alcalina favorisce i processi di umificazione, di ammonizzazione e di nitrificazione. In questo ultimo caso infatti Boussingault prima, Schloesing e Muntz dopo (1873), dimostrarono che la continuità del processo dipende dalla presenza di una base capace di saturare l'acido che si va formando.
3) Azione del calcare sullo sviluppo delle piante. Che il carbonato di calcio sia necessario allo sviluppo delle piante risulta dall'analisi stessa delle loro ceneri, nelle quali la presenza del calcio è costante. Ma quale sia l'ufficio di questo elemento non è ancora sufficientemente chiarito: stando però alle ricerche di Maquenne e di Demoussy (1917) ad esso va attribuita una particolare efficacia nei processi di germinazione, per cui il rendimento in semi in presenza di calcio (le esperienze si riferiscono ai piselli) è costantemente maggiore. Peraltro ono asserzioni che non autorizzano a conclusioni generali. Lo stesso si dica dell'azione stimolante del calcio dimostrata dal Petri per l'accrescimento delle radici dell'olivo, per la formazione dei peli assorbenti e per la costituzione e ispessimento delle pareti cellulari.
Certo è che alcune piante, cosiddette calcicole, hanno verso il calcio un tenue potere assorbente, tanto che si possono coltivare senza danno anche in terreni ricchi di calcare; altre invece (calcifughe) sono capaci di assorbirne quantità maggiori, per cui vegetano male in terreni calcarei.
Bibl.: F. Todaro, Lezioni di agricoltura, I, Casal Monferrato 1920, p. 32; D. De Ambrosis, Monografie di geogr. milit. naz., Torino 1924, p. 24; D. Martelli, Atti R. Acc. dei georgofili, XXII, 1899; Bottini, Sulla resistenza dei diversi calcari alle soluzioni acide circolanti nel terreno agrario, Staz. sper. agrarie ital., LVII (1925); U. Pratolongo, Sulla reazione dei terreni italiani, in Annuario della Stazione agraria Andrea Ponti, XVI (1923); Schollenberger, Soils science, II (1921), pp. 261-275; E. Ramann, Forstliche Bodenkunde und Standortslehre, Berlino 1893, p. 57; id., Bodenkunde, 2ª ed., Berlino 1905, p. 229; L. Petri, Nuovi annali dell'agricoltura, IV, novembre 1924, n. 4, p. 581.