CAIVANO
Cittadina a N di Napoli, sulla via da Aversa a Capua, quasi a mezza strada, nell'ampia ed ubertosa pianura campana, che si distende oltre la cinta delle colline napoletane. Caivano occupa anche una piccola parte del territorio dell'antica Atella, come si ricava, oltre che dai numerosi trovamenti di necropoli sannitiche e romane nel perirnetro urbano e nelle località viciniori di Cardito, Succivo, S. Arpino, Frattammore, anche da quel rilevato in forma di terrazzo quadrangolare di circa m 500 di lato, perfettamente orientato, detto Castellone di Orta di Atella, che si eleva sulla pianura e mostra chiare tracce del tracciato dell'antica città.
La questione dell'identificazione topografica della città con l'odierna Caivano fu proposta per primo dal Castaldi contro l'ipotesi di qualche altro studioso che proponeva invece S. Antimo, più vicino ad Aversa. Peraltro gli antichi e recenti trovamenti di lembi di necropoli e strutture romane, nel territorio di Caivano, confermano un più immediato rapporto dell'antico centro con quest'ultima borgata. Del resto frammenti architettonici e di scultura decorativa, provenienti da Atella, si trovano sparsi nelle chiese di Aversa e di Napoli.
Aree della necropoli (databile fra il 340 ed il 300 a. C.) si presentano dislocate in località "Padula" e "Cantaro" con gruppi di tombe, a cassa di blocchi di tufo, con corredi vascolari di produzione campana e figurazioni di guerrieri sanniti e donne in costume campano. Inoltre in località "Masseria Scarrupata" fu rinvenuta una tomba a camera di pianta quadrata e copertura a vòlta senza decorazione e scarso corredo di suppellettile. Una più ricca tomba databile fra il 100 e il 150 d. C. ci dà un prezioso esempio di pittura postpompeiana. È un grande ipogeo a camera quadrata con letti in muratura, vòlta a botte e corridoi di accesso, interamente affrescato con scene di paesaggio fluviale e quadretti di genere; trovato nel 1923, e successivamente trasportato al Museo Nazionale di Napoli (fu scoperto in un giardino urbano). Ruderi di un edificio termale si trovano nei pressi del Castellone e sono tuttora visibili. Non è ancora trovato il grandioso anfiteatro dove sarebbe stato cremato il corpo di Tiberio (Svetonio).
Atella era attraversata, oltre che dalla via principale Napoli-Capua, anche da una via trasversale che la collegava con la via Consolare da Pozzuoli a Capua e di là con l'Agro Literno e la Domiziana. Sita a mezza strada tra Capua e Napoli, ottenne nel 338 la cittadinanza romana, per la sua importanza strategica, ma fu ben presto costretta a darsi ad Annibale. Distrutta durante la seconda guerra punica, trapiantata la popolazione parte a Thurii, parte a Calatia fu ripopolata con i Nocerini. Risorse rapidamente per la fioridezza del suo territorio, tanto che nel 63 Cicerone la ricorda tra i centri più importanti della Campania; divenne poi municipio romano e poi ancora colonia militare di Augusto. Nei primi secoli del cristianesimo fu sede episcopale e tale durò fino al IX sec. In questo tempo infatti fu distrutta e definitivamente abbandonata. Atella, come Capua e Calatia, battè moneta nel periodo anteriore alla rivolta annibalica, in pieno accordo con Roma. I tipi del periodo autonomo recano sul recto la testa di Zeus o una testa radiata e sul verso due guerrieri affrontati e la leggenda in grafia osca Aderl. La città è inoltre ricordata dalle fonti perché nel 30 a. C., secondo una notizia di Donato, Virgilio vi lesse ad Augusto, in presenza di Mecenate, il poema delle Georgiche.
Atella ha legato il suo nome ad un particolare genere di poesia drammatica, le Fabulae atellane, una specie di commedia dell'arte, legata ad un determinato gruppo di maschere Bucco e Maccus, Pappus e Dossenus, le immagini delle quali sono conservate in taluni esemplari della coroplastica campana.
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