CAISSOTTI DI CHIUSANO, Luigi
Nacque a Torino il 3 apr. 1868 dal conte Emilio e da Laura Ferrero d'Ormea. Di nobile famiglia piemontese, ebbe una educazione ispirata a tradizionali principi cattolici e seguì gli studi presso il collegio militare di Milano, dal quale uscì sottotenente di cavalleria. La sua giovinezza fu caratterizzata dalle tensioni fra la tradizione militare della famiglia, le insofferenze del suo carattere indocile e le aspirazioni di un animo intimamente religioso. L'esigenza di procedere a un chiarimento interiore e a un approfondimento culturale, constatata l'insufficienza della formazione ricevuta, lo sollecitò a compiere letture vaste e disparate e ad abbandonare la carriera militare. L'assenza di preoccupazioni economiche gli consentì di approfondire gli studi e di lasciarsi attrarre, poi, dalla tentazione di emigrare negli Stati Uniti, dove si recò nel 1894 ma per soli sei mesi: il viaggio, che non ebbe alcun risultato pratico, aveva fatto maturare in lui una vocazione a una religiosità attiva e partecipe dei problemi del secolo.
A Torino, sempre nel 1894, un gruppo di giovani cattolici di estrazione aristocratica e borghese aveva incominciato a riunirsi intorno al canonico Giuseppe Piovano, professore nel seminario, con lo scopo di studiare possibili applicazioni pratiche dei principi esposti nell'enciclica Rerum novarum.IlC. trovò in questa rinascente prospettiva di successo di un cattolicesimo democratico il terreno propizio per l'azione. Il movimento cattolico, di ispirazione intransigente, aveva avuto, fino a quel momento, in Piemonte uno sviluppo abbastanza modesto, probabilmente a causa della tradizione filosabauda dell'episcopato e di una certa insensibilità dell'ambiente per rivendicazioni astratte come il potere temporale dei papi. La vocazione eminentemente pratica del C. si rivelò nel 1896 a Padova, in occasione del II Congresso dell'Unione cattolica per gli studi sociali, dove egli incontrò Giuseppe Toniolo, che sarebbe diventato il suo principale ispiratore e confidente, e Romolo Murri.
Dopo il congresso si susseguirono a Torino progetti di inchieste sulle condizioni sociali delle classi lavoratrici, fondazioni di circoli operai, dibattiti con i socialisti, analisi dei problemi amministrativi dei grandi centri urbani, sulla scorta di esperienze straniere, soprattutto inglesi (caratteristico e ricorrente il richiamo alle Trade Unions) e dei fecondi scambi di idee con economisti quali Einaudi e Prato, che avvenivano presso il laboratorio di economia politica dell'università, allora frequentato assiduamente dal Caissotti.
Verso la fine del 1896 i cattolici democratici torinesi diedero vita al settimanale La democrazia cristiana che, per le sue tesi sociali assai avanzate, suscitò la reazione degli ambienti conservatori. In questo fermento di idee il C. si rivelò uno dei protagonisti della prima democrazia cristiana. I suoi scritti furono dedicati ai problemi della rappresentanza politica sulla traccia delle proposte corporative del La Tour du Pin e del Toniolo e ai problemi amministrativi e politici della sua città, sui quali il dibattito era assai vivo e stimolava i cattolici ad elaborare scelte autonome. Assai interessante fu, a partire dal 1898, la collaborazione del C. alla rivista del Murri Cultura sociale con alcuni articoli dedicati alla "organizzazione professionale" delle classi lavoratrici e alla riorganizzazione corporativa del parlamento.
Questi scritti provocarono un intervento polemico del Salvemini sulla Critica sociale che indusse il C. ad approfondire l'argomento dei rapporti con i socialisti, in concomitanza con le repressioni del 1898, e ad attaccare, sempre sulla Cultura sociale, la repressione militare e lo spirito di "schietta tirannide" che l'aveva provocata (Tribunali militari e tribunali civili, 16sett. 1898).
Di grande rilievo fu pure l'attività del C. in favore della organizzazione degli agricoltori. Un suo scritto sull'argomento, apparso nell'aprile del 1897 sulla Rivista internazionale di scienze sociali del Toniolo, propugnava la riorganizzazione delle strutture economiche e sociali dell'agricoltura nell'ambito del rinnovamento corporativo del paese. Lo stesso anno fu costituita la Federazione cattolica agricola torinese con lo scopo di difendere la piccola proprietà contadina, diffusissima in Piemonte, di costituire casse rurali, società di assicurazione contro gli incendi, la grandine e la mortalità del bestiame e soprattutto unioni rurali, organismi interclassisti che dovevano coordinare gli interessi di tutti gli operatori agricoli. Il C. fu il primo presidente della Federazione, che ebbe un lusinghiero sviluppo per circa un trentennio e giunse a riunire parecchie società di vario genere. Sull'onda di questi successi il C. avanzò persino, con un articolo pubblicato nel 1909 sul quotidiano cattolico torinese Ilmomento, la proposta di costituire un partito agrario aconfessionale ma di ispirazione cattolica e in grado di presentarsi come terza forza fra socialisti e liberali. Non minore impegno egli rivelò nel promuovere l'attività bancaria, fondando nel 1911, con alcuni amici, il Credito cooperativo piemontese, e nello studio del problema delle abitazioni popolari al quale dedicò alcuni accurati saggi e una relazione alla Settimana sociale di Brescia nel 1908.
Questa accentuazione degli interessi sociali, alla fine del primo decennio del '900, aveva per il C., e non per lui solo, il significato di un ritorno alle passioni ed alle certezze giovanili, quando ancora agli entusiasmi dei primi democratici cristiani non era succeduto il clerico-moderatismo della maggioranza cattolica, e non era ancora esplosa la crisi modernista con le sue coscienze turbate e poi oppresse. In quegli anni si era verificato il distacco del C. dal Murri con il rifiuto di ogni esperienza modernista. Nel tentativo di dare nuova vita alla vocazione sociale del movimento cattolico, si inserisce anche la polemica ideologica che egli condusse, fino alla vigilia della prima guerra mondiale, contro gli intransigenti, che amavano definirsi, non smentiti, cattolici integrali o papali, e tendevano a includere nella condanna del modernismo ogni realizzazione pratica che non volesse ignorare la lezione dei tempi nuovi.
Questa polemica del C. toccò vari argomenti, dalla questione meridionale al femminismo, e divenne particolarmente vivace nel 1914, nel corso di una controversia con la Civiltà cattolica sul "sindacalismo cristiano" con la quale si verificò una revisione, imposta dai fatti, dei suoi ideali corporativi. Ad alcuni articoli apparsi sulla rivista dei gesuiti, in cui si contestava la legittimità del sindacalismo cristiano, il C. rispose, dopo che, attraverso il Toniolo, l'iniziativa era stata valutata positivamente negli ambienti cattolici meno reazionari, con l'opuscolo Il sindacalismo cristiano in un articolo della Civiltà cattolica (Torino 1914), vigorosa affermazione del diritto dei lavoratori cattolici ad organizzarsi in sindacati, ferma restando l'esclusione della lotta di classe fra le finalità. Esso provocò molte adesioni individuali dall'Italia e dall'estero, ma anche attacchi da parte dei giornali cattolici intransigenti e della stessa Città cattolica. Questi ebbero anche conseguenze negative per il C., alienandogli le simpatie di autorevoli esponenti del movimento cattolico e impedendo la sua nomina a presidente dell'Unione economico-sociale. uno dei rami dell'organizzazione cattolica rinnovata dal pontefice Benedetto XV.
L'antica tradizione militare della famiglia lo aveva poi indotto a farsi paladino dell'interventismo sulle pagine di Vita e pensiero e ad indossare la divisa che lasciò solo al termine del conflitto. Abbandonò da quel momento, e per sempre, ogni attività pubblica e si ritirò in una sua avita casa di campagna presso Cuneo, pago di lunghe e solitarie meditazioni religiose e con un singolare e costante atteggiamento critico, nel volgere degli anni, nei confronti prima del Partito popolare, poi del fascismo e infine della rinata Democrazia cristiana, che pure, in varia misura e con diversi fini, avevano recepito alcune istanze delle avanguardie cattoliche ottocentesche.
Il C. morì a Cuneo il 15 genn. 1963.
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