CAIROLI
. Famiglia di patrioti pavesi illustrata dai cinque fratelli, Benedetto, Ernesto, Luigi, Enrico e Giovanni. Il padre loro, Carlo, medico, nacque a Pavia il 29 maggio del 1777, e da umilissima origine riuscì a conquistarsi uno dei posti più cospicui nella vita cittadina, tanto che fu chiamato nel 1848 alla reggenza della città per popolare acclamazione. Quale ricco possidente di terre nel limitrofo stato sardo visse ancora un anno per prodigare alla patria lumi e denaro; morì a Groppello il 9 aprile 1849.
La moglie di Carlo, la nobildonna Adelaide Bono, nata a Milano il 5 marzo 1806, era figlia dell'avvocato Benedetto, conte dell'Impero napoleonico e congigliere di stato del Regno Italico. Essendo cresciuta in età di transizione, il suo carattere si sviluppò nei contrasti più violenti fra il vecchio e il nuovo, senza però smarrire il senso squisito della propria personalità che ebbe forte e vibrante, a motivo di un'eccezionale forza d'animo. Tale carattere si trasfuse in quello dei suoi figli, che giovanetta ebbe da Carlo C. a cui, malgrado la differenza di età, si unì nell'aprile del 1824. Se la venerazione per il marito fu grande, i più intimi affetti questa donna di eccezione riversò sui figli, la morte eroica dei quali le angustiò ancor più l'esistenza, già minata da tanti pensieri e da tanti dolori. Morì a Pavia il 27 marzo 1871.
A Benedetto (v.) per ordine di nascita, tenne dietro Ernesto, nato a Pavia il 20 settembre 1832, il quale, al pari dei suoi fratelli, percorsi gli studî universitarî, vide nella guerra del 1848-49 tutto lo scempio inflitto dall'Austria alla propria patria e al limitrofo Piemonte, in cui si trovavano i paterni possedimenti; e da questo spettacolo apprese ad esecrare il nemico e a cospirare contro di esso. Nei primi anni fu seguace delle teorie mazziniane, più per sentimento che per riflessione; ma se ne staccò, insieme con Benedetto, dopo l'insuccesso del moto del 6 febbraio 1853, accostandosi alla politica del governo piemontese. Ardente di partecipare all'azione, nel 1859 s'arruolò nei Cacciatori delle Alpi, e morì combattendo a Biumo Inferiore (26 maggio).
Il terzo figlio di Adelaide fu Luigi, nato a Pavia il 9 luglio 1838. Rivelò un ingegno precoce e felicemente disposto agli studî matematici. Fece il rilievo di tutte le fortificazioni di Pavia per parteciparlo al governo piemontese. Per tali attitudini, nel 1859, cedendo al consiglio di alcuni eminenti patrioti, si ascrisse al Collegio militare d'Ivrea, ma il suo bisogno irrefrenabile di azione gli fece preferire il grado di sottotenente di fanteria a qualsiasi altra gloriosa prospettiva. Giunse però sul campo solo dopo Villafranca e nel 1860 partecipò all'impresa di Sicilia, arrolandosi come semplice soldato nella seconda spedizione di Cosenz, che lo nominò tenente fin da quando era a bordo. A Palermo fu addetto allo stato maggiore della divisione Sirtori. Ebbe quindi gran parte nei pericoli e nelle gloriose vicende del passaggio dello stretto di Messina. Nelle Calabrie fu fra i primi a imporre la resa alla brigata Briganti; ma le fatiche vinsero la sua tempra: ammalatosi di tifo in Cosenza, cessò di vivere in Napoli il 18 settembre 1860.
Il quarto di questa eroica famiglia di patriotti, Enrico, nato a Pavia il 6 febbraio del 1840, morì a Villa Glori il 23 ottobre 1867. S'iscrisse nel 1856 ai corsi di medicina della patria università e, non ancora diciottenne, segui i suoi fratelli tra i Cacciatori delle Alpi. Finita la guerra, nel '60, s'iscrisse col fratello Benedetto alla settima compagnia dei Mille. Si distinse a Calatafimi e nella giornata di Palermo spinse l'ardire sino alla temerità, ma, per una grave ferita riportata, dovette lasciare le armi, e fu nominato maggiore di Stato maggiore. Instancabile nell'azione, nel 1862 partecipò alla spedizione di Aspromonte. Negli anni seguenti si adoperò con i suoi fratelli a suscitare agitazioni a favore della Polonia, del Veneto e del Trentino. Scoppiata la guerra del '66, a capo di un battaglione di volontarî garibaldini fu presente alla battaglia di Monte Suello. Nell'autunno del '67 con il fratello minore Giovanni assunse a Terni il comando del drappello di sessantotto prodi, i quali dovevano insinuarsi in Roma di sorpresa; ma a Villa Glori, alle porte della città eterna, si scontrarono con le forze pontificie di assai superiori: nella mischia Enrico morì tra le braccia del fratello Giovanni, mentre questo, a sua volta, cadeva gravemente ferito.
L'ultimo fratello Giovanni, costretto nel 1859 a restare presso la madre perché ancor troppo giovane (era nato a Pavia il 27 agosto 1842), si avviò per gli studî matematici, e, nell'intento di partecipare a sua volta alla guerra imminente di liberazione, si arrolò nella scuola di artiglieria del Collegio militare di Torino. Nel 1867 partecipò col fratello Enrico all'impresa di Villa Glori. Fatto prigioniero il 23 ottobre e condotto ferito a Roma, dopo un breve soggiorno alle Carceri Nuove fu dimesso; fece ritorno in patria, dove tra le più atroci sofferenze si spense appena venticinquenne. Sull'impresa di Villa Glori egli scrisse alcuni ricordi e un diario che fu pubblicato da P. Ferrari (Villa Glori, Roma 1899).