CAGNOLI
Il Cognome C. comincia a essere usato intorno alla metà del Duecento dai figli di un Cagnolo di Arrigo di Dente, lucchese d'antica data: è infatti soltanto per un errore di lettura che il Fumi ha indicato i C. come provenienti da Ghivizzano (R. Arch. di Stato in Lucca, Regesti, IV, p.954 e ad Indicem).
Nelle prime tre generazioni successive a Cagnolo la famiglia, modestamente ramificata, risulta proprietaria di terre e case (si segnala nel 1282 una torre dei figli di Cagnolo) e prevalentemente dedita alle attività notarili. Furono notai Enrico di Cagnolo (attestato fra il 1310 e il 1312), Niccolò di Dente di Cagnolo (1331), che nel 1323 aveva acquistato il provento della gabella del bestiame, Bindo di Dente di Cagnolo (1330-1332), Iacopo di Cagnolino di Arrigo (1332) e un Roberto (o Uberto), che compilò nel 1340-42 un registro di atti civili e un "quatemus" di misure agrarie; fu anche ambasciatore a Pistoia, per una missione di carattere amministrativo, nell'agosto-ottobre 1345.
Durante la dominazione pisana su Lucca la famiglia sembra aver attraversato un periodo di difficoltà: troviamo ad es. un figlio del notaio Enrico, Giovanni "vocatus Vannellus", ridotto a vivere a San Benedetto a Settimo, un piccolo centro del contado pisano (Arch. di Stato di Firenze, Not. Antec., C 295 [1358-1361], cc. n.n., 15 ag. 1358).
è soltanto con la riconquistata libertà di Lucca (1369) che i C. possono nuovamente affermarsi in città sia nella mercatura sia nella vita politica. Già nei primi decenni del Trecento Pietro di Enrico era stato mercante a Londra, probabilmente al servizio dei Busdraghi; dopo la metà del secolo le attività mercantili sono esercitate dai membri di tutti e tre i rami in cui erano divisi i Cagnoli. Marco di Rocchigiano di Iacopo di Cagnolo, ad esempio, era "puer" della compagnia Giuffredi Cenami, Francesco e Pietro Martini nel 1381. E Manfredi di Cecio di Dante, membro del Consiglio dei cinquantasei nel 1349, anziano nel 1354, nel 1361 e nel 1370, sposato a una figlia del mercante Labbruccio Buzzolini, trattava drappi di seta; fattore nel 1372 della compagnia di suo cognato Francesco Buzzolini, era registrato come sensale presso la Corte dei mercanti nel 1380. Tuttavia nell'estimo del 1399 la sua vedova era iscritta con la modestissima cifra di 34 fiorini.
Solo la discendenza di Tommasino di Cagnolino di Arrigo sopravvisse oltre la fine del sec. XIV: Tommasino, che ebbe vari uffici pubblici e fu anziano nel 1348, era mercante di seta e la sua ditta è registrata presso la Corte dei mercanti nel 1372; nel 1376 era già morto ed era stato sepolto nella tomba di famiglia nella chiesa di S. Martino, presso l'altare di S. Benedetto. Gli sopravvissero due figli, Bartolomeo e Giovanni. Bartolomeo non risulta sia stato mercante; fu anziano nel 1375, nel 1377, nel 1378, nel 1381 e nel 1384 ed ebbe quattro figli: Giovanni, Francesco, Tommaso (garzone del banco Tegrirni di Lucca nel 1407) e Lorenzo. Lorenzo, che era anziano nel 1448, nel 1450 e nel 1453, mercante, associato nel 1402 al cugino Benedetto, a Parigi e legato a Dino Rapondi nel 1405, nel 1412 aveva imprestato, su garanzia di gioielli, 2.000 franchi a Giovanni Senzapaura. I quattro fratelli, che rimasero tutti senza discendenza, nell'estimo del 1399 erano accreditati d'un imponibile di soli 300 fiorini.
Giovanni di Tommasino ci è noto come console della Corte dei mercanti e come "campsor" fin dal 1371; l'anno successivo compariva negli elenchi della Corte come socio del padre nella compagnia di arte della seta; era anche rappresentante, e lo fu almeno fino al 1375, del mercante lucchese residente a Venezia Marco Turchi; nel 1380 era "banchiere". Fu anziano nel 1370, nel 1372, nel 1374, nel 1378, nel 1381 e nel 1383, e, primo della sua famiglia, gonfaloniere nel 1376 e nel 1379. Numerose lettere a lui dirette in qualità di gonfaloniere si conservano nell'Archivio di Stato di Lucca. Nell'agosto del 1382 fu autore, con Bartolomeo Balbani, di una singolare richiesta agli Anziani perché si prendessero provvedimenti per una migliore conservazione del Volto Santo (Regesti, II, pp. 159-160). Nello stesso anno Giovanni fece costruire l'altare dell'Annunziata in S. Martino. Dal testamento, rogato il 4 ag. 1383, risulta che Giovanni abitava nel "palazzo nuovo" di Dino e Lazzaro Guinigi, suoi stretti parenti per parte della moglie, Beatrice di Francesco di Lazzaro Guinigi. Giovanni disponeva col testamento la restituzione di un prestito di ben 1.000 fiorini, che gli aveva concesso il suocero. è indubbio che fu l'appoggio dei ricchissimi Guinigi a consentire a Giovanni di Tommasino di farsi una posizione di rilievo nel mondo mercantile lucchese. Ne son prova, fra l'altro, la cospicua dote assegnata alla figlia Caterina, 500 fiorini; l'elevato imponibile, 5.666 fiorini, attribuito ai suoi figli nell'estimo del 1399; e il possesso di una schiava, liberata per disposizione testamentaria nel 1430 dalla vedova.
La banca Cagnoli passò, dopo la morte di Giovanni, ai figli Benedetto e Gherardo, che nel 1407 erano associati a Urbano Interminelli. Gherardo fu console della Corte dei mercanti per i "campsores" nel 1415 e consigliere nel 1420; fu anziano nel 1434. Era patrono della cappella dello Spirito Santo in S. Martino nel 1433. Ebbe un figlio, Lazzaro, rimasto senza discendenza maschile. Benedetto di Giovanni collaborò attivamente col signore di Lucca Paolo Guinigi e fu vicario di Montecarlo nel 1409 e nel 1411; venne a morte intorno al 1412. Risulta infatti che in quest'anno sua moglie Angela di Bartolomeo Buzzolini era già vedova e richiedeva la tutela della nonna paterna Beatrice Guinigi per i suoi figli minori: Giovanni, nato nel 1400, Niccolò, nato nel 1404, e Girolamo, nato nel 1405.
La caduta dei Guinigi (1430) determinò probabilmente il declino delle fortune mercantili dei C., che, pur conservando le posizioni politiche e sociali conseguite nell'ambito dell'oligarchia lucchese, non riuscirono più a riportarsi ai livelli di ricchezza raggiunti alla fine del Trecento e all'inizio del Quattrocento. Soprattutto Giovanni di Benedetto continuò nelle attività mercantili e nel 1461 fu console per l'arte del cambio: nel 1456 era stato console dello Spedale della Misericordia. Anziano nel 1435, nel 1438, nel 1441, nel 1444, nel 1449, nel 1454, nel 1457, nel 1462, fu gonfaloniere nel 1437, nel 1447, nel 1451, nel 1456, nel 1460 e nel 1463 "che era morto". Fu inoltre vicario di Camaiore nel 1454. Da suo figlio Benedetto, anziano nel 1478, nacquero Gherardo, che fu priore di S. Frediano di Lucca dal 1510 al 1516 e morì nel 1531, e il mercante Giovanni, anziano nel 1517, che fece bancarotta e morì lontano da Lucca intorno al 1522, lasciando un figlio, Benedetto, che fu mercante a Londra dove fece testamento nel 1543: era riuscito a mettere insieme una discreta fortuna se poteva disporre a favore del figlio naturale Giovanni (col quale si estinse questo ramo dei C.) un lascito di 1.000 scudi; Benedetto aveva depositato presso la banca Buonvisi di Lione ("lassò si tenessero a utili") ben 2.300 scudi d'oro.
Mentre da Girolamo di Benedetto non conosciamo discendenza, da Niccolò suofratello deriva il ramo principale della famiglia. Nell'albero genealogico ricostruito da G. V. Baroni si attribuisce a Niccolò, che sappiamo nato nel 1404, un solo figlio, Giuseppe, battezzato nel 1483; tuttavia poiché conosciamo un secondo Niccolò che raggiunse il primo anzianato nel 1487 ed era ancor vivo nel 1515, ci sembra necessario supporre che questi fosse figlio del primo Niccolò e padre di Giuseppe. Niccolò, che si dava "per scripto alla corte de' mercadanti per l'arte della seta et ogni altra arte" nel 1488, fu "capitaneus et provisor artis lane" nel 1499; nel 1502 era sempre vigente una sua compagnia di arte della seta. Dopo il 1487 fu anziano nel 1488, nel 1490, nel 1494, nel 1496, nel 1497, nel 1499, nel 1500, nel 1502, nel 1504, nel 1507, nel 1510, nel 1513 e nel 1515, e infine gonfaloniere nel 1509.
A Giuseppe di Niccolò, morto nel 1530, successe il figlio Francesco, nato nel 1511 e morto nel 1583, dodici volte anziano fra il 1548 e il 1583 e camerlingo generale nel 1565. Da Francesco, sposato a Giulia Narducci, nacquero Benedetto e Lorenzo. Lorenzo, narra il Baroni (p. 26), "militò appresso il Re di Svezia con titolo di capitano e fu suo cameriere e lo servì 30 anni nelle guerre di Polonia con titolo di ingegnieri e sergente maggiore. Il 1599 il re Sigismondo lo fece cavaliere e nobile di Svezia e gli diede la propria sua arma per privilegio esteso ancora a tutta la sua famiglia e descendenza". Da Benedetto, nato nel 1546 e morto intorno al 1630, tredici volte anziano, discende l'unico ramo dei C. che sia giunto al sec. XVIII. La famiglia si estinse nel 1746 con la morte del religioso Lorenzo di Giuseppe, avvenuta a Napoli.
Fonti e Bibl.:Lucca, Biblioteca governativa, ms. 1109: G. V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi (sec. XVIII), pp. 25-53; Ibid., ms. 1145: Id., Stemmi delle famiglie lucchesi (sec. XVIII), p. 306; Arch. di Stato di Lucca, Anziani al tempo della libertà, n. 766, cc. 103-104(anzianati e gonfalonierati); Ibid., Comune, Corte dei Mercanti, n. 14, c. 5 (Giovanni, 1371);n. 15, c. 51v (Manfredo, 1380);n. 17, c. 41(Gherardo, 1419); n. 18, cc. 9 (Niccolò, 1499), 43 (Niccolò, 1502); n. 82, c. 8 (Manfredo, 1372); n. 82, c. 17 (Giovanni, 1371); n. 83, c. 4v (Tommaso e Giovanni, 1372); n. 84, c. 11v (Marco, 1381); n. 85, c. 20 (Benedetto e Gherardo, 1407); n. 85, c. 4v (Tommaso, 1407); n. 86, c. 11v (Niccolò, 1488); n. 138, c. 161 (Giovanni, 1372); n. 140, c. 150 (Giovanni, 1375); n. 143, c. 44v (Benedetto e Gherardo, 1408); n. 144, c. 46 (Gherardo, 1413); n. 145, c. 1 (Gherardo, 1415); n. 153, c. 200v (Giovanni, 1461); Ibid., Arch. Buonvisi, I, n. 36, cc. 16-23 (Gherardo, priore di S. Frediano, 1511); Arch. di Stato di Firenze, Notarile Antecosimiano, C. 295 (1358-1362), cc.n.n., 15 ag. 1358(Vannello di Enrico); R. Arch. di Stato in Lucca, Invent., I, Lucca 1872, pp. 79, 102, 285; Ibid., Regesti, II, a cura di L. Fumi, Lucca 1903, ad Indicem;III, a cura di L. Fumi-E. Lazzareschi, Lucca 1925, ad Indicem;IV, a cura di L. Fumi, Lucca 1907, ad Indicem;V, a cura di E. Lazzareschi, Pescia 1943, ad Indicem; Il memoriale diIacopo di Coluccino Bonavia…, a cura P. Pittino Calamari, in Studi di filologia italiana, XXIV (1966), pp. 162, 163, 352; L. Mirot, Etudes lucquoises, Paris 1927-30, ad Indicem;E. Lazzareschi, Doc. della Signoria di C. Castracani degli Antelminelli, Firenze 1934, p. 325; F. Casali, L'azienda domestico-patrimoniale di L. Buonvisi…, tesi di laurea, univ. di Pisa, fac. di economia e comm., 1964, ad Indicem.