CAGNOLA (Cagnoli, De Cagnolis)
Famiglia novarese di pittori, detti nei documenti "de Corzario" o "de Corizario".
Il primo membro della dinastia di cui sia accertata l'attività pittorica è Tommaso (Tommasino) di Giovanni, già attivo nel 1479; da un contratto del 19 maggio (tutti i documenti principali sono pubbl. in Morandi) sappiamo infatti che doveva affrescare con Storie della Passione la cappella di S. Maria e dei SS. Sebastiano e Fabiano in S. Colombano a Biandrate, insieme ai pittori Paolo da Casaleggio e Daniele De Bosis (affreschi non più esistenti). Il 27 apr. 1481 firma e data un affresco con la Vergine in trono adorata da un committente, presentato da s. Francesco, nella chiesa della Mado a di Campagna a Garbagna; nello stesso 1481 esegue ad affresco un S. Martino sulla facciata di S. Quirico a Sostegno (ora perduto, ma ricordato ancora del Roccavilla nel 1905); il 2 dic. 1488 salda un debito contratto a Milano e l'8 dic. 1490 viene chiamato urgentemente alla corte milanese, "cum soi fioli" (Porro), per provvedere agli allestimenti delle doppie nozze di Beatrice d'Este con Ludovico il Moro e di Anna Sforza con Alfonso d'Este (a capo dei lavori furono Butinone e Zenale, aiutati da una fitta schiera di pittori chiamati da tutte le province del ducato, Novara compresa). Sempre nel 1490 affresca a Soriso una edicola campestre, in seguito incorporata nella chiesa della Madonna della Gelata (parte dell'affresco è ancora in sito con la firma e la data). I documenti successivi all'anno 1490 non sono di molto interesse, salvo quello dell'8 febbr. 1507, che ricorda un pagamento in favore di Tommaso per un'ancona destinata ai disciplinati di Gattinara, seguito da un altro atto, del 20 dic. 1507, con il quale Tommaso e il figlio Sperindio promettono nuovamente ai disciplinati di Gattinara di eseguire un'ancona (nulla rimane di quest'opera). Tommaso risulta ancora vivo l'11 giugno 1509 e muore prima del 22 dicembre di quello stesso anno.
Alle tre opere datate sono da aggiungere, perché firmati, l'affresco con S. Martino e il povero, all'interno della chiesa di S. Martino a Bolzano Novarese, e l'immagine del beato Tommaso Caccia da Novara, affrescata sul primo pilastro a sinistra dell'abbazia di San Nazzaro alla Costa, presso Novara. Alcuni scrittori novaresi indicano come firmata anche la Visione di s. Eustachio nella chiesa della Madonna di Campagna a Garbagna, ma la firma è attualmente invisibile (stilisticamente l'affresco appartiene senza dubbio alla bottega di Tommaso).
è facile riconoscere, a Garbagna come altrove, la presenza della bottega di Tommaso, sempre intenta a stampare fiorite distese di dama chi e ampie metrature di pavimenti a mattonelle embricate; meno facile dire se si tratti di opere autografe del maestro maggiore o di lavori d'équipe.Gliaffreschi che più si avvicinano al livello qualitativo delle opere firmate sono in S. Pietro a Casalvolone (1478), nel santuario della Madonna dei Cernieri a Curavecchia (dopo il 1488?) e nel santuario della Madonna della Serra presso Crevacuore (forse allo scadere del secolo). L'unica tavola riconducibile per confronti di stile al nome di Tommaso risulta ora irreperibile: raffigura un Santo vescovo e s. Ludovico da Tolosa e appartenne alla raccolta Leone di Vercelli (foto Masoero, n. 14608).
Da tutto questo insieme di opere non si configura la personalità di un artista che, pur secondo una coerenza interna, sviluppi nel tempo un discorso articolato: la sigla adottata da Tommaso agli inizi ricompare di poco variata nelle opere da credersi più tarde. Forti ricordi del tardogotico novarese, in particolare del Maestro del 1444 a Biandrate affiorano sotto i nuovi dati culturali appresi a Milano, città che egli dovette frequentare anche prima della chiamata per le nozze ducali. In effetti egli sembra avere notizie molto per tempo della cultura poi affermatasi col polittico di Treviglio, anche se la intende nel solo aspetto di apparato araldico, smagliante e provvisorio, e non come indagine prospettica sulla preziosa apparenza delle cose.
Dei sei figli e due figlie che Tommaso ebbe da Giustina Canta, tre ci sono noti come pittori (Giovanni, Francesco e Sperindio), anche se ben poco è recuperabile della loro attività. Giovanni, il più anziano, risulta maggiorenne il 5 luglio 1496, quando contrae un mutuo ormai come maestro autonomo, e vive almeno fino al 16 giugno 1520, giorno in cui promette di sborsare la dote della figlia Francesca (la sua data di nascita va quindi posta non più tardi degli anni 1470-75). Nessuna firma e nessun documento ci consentono d'individuare un suo dipinto, ma per induzione, in base alle strette affinità con gli affreschi del padre, si può sospettare che possedesse una cultura figurativa parallela a quella del frescante attivo in S. Gaudenzio, a Baceno (zona delle volte), in S. Martino a Bolzano Novarese (zona dell'abside), nella chiesa della Trinità a Momo (Storie della Passione)e nella chiesa dei Palazzi a Vicolungo (parte alta dell'abside).
Francesco, secondogenito, è documentato dal 6 ag. 1498 al 15 giugno 1517, e resta di lui un modestissimo S. Martino a cavallo sulla facciata di S. Martino a Bolzano Novarese (firmato e datato 27 ag. 1507).
Sperindio, sempre ricordato al terzo o al quarto posto nei documenti che elencano tutti i figli di Tommaso, è largamente citato nelle carte d'archivio dal 26 febbr. 1505 al 21 marzo 1521, anche per opere di pittura, da eseguirsi per i disciplinati di Gattinara (impegno, col padre, del 20 dic. 1507), per S. Maurizio a Terdobbiate (anticipo in data 7 nov. 1510 e saldo in data 14 ag. 1510) e per i SS. Gervasio e Protasio di Domodossola (impegno del 19 febbr. 1519). Nulla si è salvato di tanta attività e resta quindi imprecisabile la figura del maestro che Gaudenzio Ferrari scelse come fideiussore a Novara per la grande pala ora nella chiesa di S. Gaudenzio (contratto del 20 luglio 1514), e di cui si servì come persona di fiducia, nell'incasso dei crediti residui, fino, alla primavera del 1521 (Colombo). Almeno in un caso Sperindio trattiene parte dei denari per sé (pagamento del 21 marzo 1521); non è quindi da escludere che egli abbia avuto parte nell'esecuzione dell'opera.
La pala mostra indubbiamente, nelle tavole maggiori, una esecuzione più stopposa e diligente che non di solito in Gaudenzio Ferrari, con qualche cedimento qualitativo nelle due figure di santi alle spalle della Vergine, ma è ancora troppo poco per ricostruire la figura di un pittore. Tuttavia conviene tener presente che un intervento a fianco di Gaudenzio Ferrari, intorno al 1515-16, costituirebbe il giusto precedente per il maestro anonimo che, dopo aver eseguito, sotto stretto controllo del Ferrari, la Madonna Vittadini (Ora in una collezione privata torinese), porta avanti da solo un trittico nella parrocchiale di Cavandone, una Natività e un Noli me tangere, giàparti dello stesso complesso, ora divisi tra una collezione privata e il Museo civico di Torino, e gli affreschi nell'abside in S. Marcello a Paruzzaro. La ricostruzione qui presentata potrebbe valere per il secondo periodo di attività di Sperindio, mentre per gli inizi, nel decennio 1505-1515, andrebbero presi in considerazione il polittico della parrocchiale di Cerano e un affresco nella chiesa dei Palazzi a Vicolungo (parte bassa dell'abside) con la Madonna in trono e santi.
Fonti e Bibl.: G. Colombo, Vita ed opere di Gaudenzio Ferrari, Torino 1881, pp. 80, 296 s., 300-03; G. Porro, Nozze di Beatrice d'Este e di Anna Sforza…, in Arch. stor. lomb., IX(1882), p. 498; F. Malaguzzi Valeri, Pittori lombardi del Quattrocento, Milano 1905, pp. 245-246; A. Massara, L'iconografia di Maria Vergine nell'arte novarese, Novara 1904, pp. 73, 14, 47; A. Roccavilla, L'arte nel Biellese, Biella 1905, p. 116; A. Massara, I primordii dell'arte novarese, in Rass. d'arte, VI(1906), pp. 181-84; R. Giolli, Appunti d'arte novarese. Nell'abbadia di S. Nazaro alla Costa, ibid., VIII(1908), p. 68; C. Nigra, Chiesa di S. Martino a Bolzano (Lago d'Orta), in Verbania, IV(1912), pp. 69 s.; A. Massara, I precursori di Gaudenzio, ibid., pp.72 s.; Id., La giovinezza artistica di Gaudenzio Ferrari, ibid., pp. 103, 105; G. B. Morandi, Schede per la storia della pittura in particolare e dell'arte novarese in generale, in Boll. stor. per la provincia di Novara, X(1916), pp. 4-19; L. Cassani, Gli affreschi quattrocenteschi della cascina Avogadro nel comune di Novara, ibid., XI(1917), p. 86; C. Nigra, S. Marcello di Paruzzaro, in Boll. della Società piemontese di archeologia e belle arti, VI(1922), p. 15; A. Viglio, La chiesa e il convento di S. Nazaro della Costa, in Boll. stor. per la provincia di Novara, XXIII(1929), pp. 66-68; R. Maiocchi, Codice diplomatico artistico di Pavia…, I, Pavia 1937, p. 308 n. 1298; A. M. Brizio, La pittura in Piemonte dall'età romanica al Cinquecento, Torino 1942, pp. 93, 189; L. Cassani, I pittori del secolo XV nel Novarese, in Boll. stor. per la provincia di Novara, XXXVIII(1947), pp. 120, 123, 129-31; C. Baroni, L'arte in Novara e nel Novarese, in Novara e il suo territorio, Novara 1952, pp. 575 s.; N. Gabrielli, La pittura in Valsesia prima di Gaudenzio, in Mostra di Gaudenzio Ferrari (catal.), Milano 1956, p. 63; F. M. Ferro, La Madonna del roseto in un affresco del sec. XV, in Boll. stor. per la provincia di Novara, LIII (1962), pp. 103-09; A. L. Stoppa, Da Tommaso Cagnola al Bugnato, due secoli di pittura novarese da scoprire e da studiare, in L'Omar, 1971, n. 14, pp. 3-13; Id., Due affreschi nella storia di Granozzo, Novara 1972, pp. 5, 12, 15-17; F. M. Ferro, Affreschi novaresi del Quattrocento, Novara 1972, pp. 3, 6, 8, 10, 13, 24, 28-33, 36, 73; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 357.