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CAFFARO

di Antonio Vito Vitale - Enciclopedia Italiana (1930)
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CAFFARO

Antonio Vito Vitale

. Di famiglia viscontile, che traeva la denominazione dal possesso in Val Polcevera, Càffaro nacque da Rustico di Caschifellone, ora Castrofino, nel 1080 o 1081. La prima notizia di lui si ha in un atto privato del luglio 1100; partito pochi giorni dopo per la Siria con la spedizione navale organizzata dal comune, partecipò a molte imprese in cui i Genovesi acquistarono onore e possessi. È probabile che non solo dimorasse a lungo in Siria, ma vi tornasse poi altra volta, forse intorno al 1130. La sua vita politica comincia, per quanto si sa, nel 1121 quando fu una prima volta ambasciatore al papa Callisto e non esitò ad assicurarsi la vittoria, comperando la protezione dei cardinali; tornò a Roma due anni dopo ottenendo ancora nel Concilio Laterano dal pontefice una sentenza favorevole nella questione dei diritti dell'arcivescovo di Genova nella consacrazione dei vescovi di Corsica: sentenza che spinse a violenti recriminazioni l'arcivescovo di Pisa. Più volte console, capitano della flotta genovese contro i Pisani a Piombino nel 1125 e contro i Saraceni a Minorca ed Almeria nel 1146, ambasciatore presso il conte di Barcellona e presso il re di Castiglia, coi quali conchiuse importanti trattati, la sua attività politica culmina nelle due ambascerie a Federico Barbarossa del 1114 e del 1158, dalle quali derivarono tutti i posteriori rapporti tra la repubblica e l'imperatore. Con questa azione cessa la vita politica di C., più che settantenne. Negli ultimi anni egli attese alla composizione degli Annali.

Caffaro, già nel 1100, cioè appena ventenne aveva avuto l'idea di scrivere "i nomi e i fatti dei consoli genovesi e tutto ciò che ogni anno a Genova accadesse" e attuò il suo proposito; e a ottant'anni si compiaceva del lavoro ininterrottamente compiuto e che sospese soltanto tre anni dopo, poco prima di morire, stanco e disgustato delle discordie cittadine. Nel 1152, presentò la propria opera ai consoli i quali ordinarono che, trascritti da uno scrivano ufficiale, gli Annali fossero riposti e custoditi nell'archivio pubblico. Da questo riconoscimento solenne, egli trasse conforto a continuare il lavoro e a migliorare l'opera sua che appare all'ultimo completata anche con maggior cura e ampiezza, con ordine e precisione più sicuri, con l'intento proclamato di segnalar le azioni meritevoli di lode o più proprie a servire di ammaestramento alle generazioni future. Non narra che i fatti ai quali ha partecipato o che conosce per altra via sicuramente; ma, scrivendo a intervalli, non sempre osserva con precisione l'ordine cronologico. Semplice e disadorno, e pur forte e dignitoso, sobrio ed equanime, esperto degli uomini e delle cose, questo più antico cronista laico medievale ha una visione larga e un'intelligenza acuta e mostra d'intendere primo, ed è il suo merito maggiore, la funzione sociale della storiografia.

I continuatori di Caffaro. - Morto C., l'opera che aveva assunto un carattere ufficiale fu continuata per deliberazione dei consoli dal cancelliere Oberto, politico, diplomatico anche lui, mercante, uomo di attività multiforme, che non è però della statura di C. e non ne ha la serenità grave e composta. La sua narrazione, che corre dal 1164 al 1173, è più verbosa, non priva di pretese eleganze letterarie e di ricerca dell'effetto esteriore. Segue, fino al 1196, Ottobono Scriba, un funzionario comunale che scrive per dovere d'ufficio in una prosa piuttosto dimessa, che varia da un eccessivo laconismo a una diffusa prolissità. Ogerio Pane invece, che conduce il racconto dal 1197 al 1219, è uomo di varia attività e di molta esperienza negli affari, ma nella narrazione asciutta e scheletrica assomiglia a Ottobono ed è anche più trasandato di lui; mentre Marchisio (1220-24), più dignitoso e pomposo, più pieno di sé e del suo ufficio in una ostentata modestia, è l'immagine dello scriba pretensioso e presuntuoso. La tradizione manoscritta attribuisce a Bartolomeo Scriba tutto il periodo dal 1225 al 1264; ma, con ogni probabilità, dopo il 1238 comincia la collaborazione collettiva che è sicura nel periodo posteriore (qualche parte è forse dovuta al poeta notaio Ursone, autore d'un prolisso poema sulla guerra tra Genova e Federico II). Da questo momento, il racconto diventa opera collettiva d'una specie di commissione incaricata di fermare e compilare le notizie più importanti, finché compare tra i compilatori Iacopo Doria che riprende poi da solo la narrazione nel 1280 e la conduce fino al 1293 e chiude degnamente la serie degli Annali. Archivista del comune e ordinatore e annotatore di documenti, per senso critico e cultura storica e letteraria, per sagacia e acutezza politica, per efficacia narrativa egli è il maggiore dei successori di C. e degno in tutto di lui.

Esempio unico di cronaca che continua per due secoli, sempre narrata da contemporanei; magnifico sforzo collettivo e secolare, inteso a celebrare le glorie d'una città, compiuto per ispirazione di governo o da addetti alla stessa cancelleria comunale; gli Annali assumono un netto carattere politico, e riproducono nella presentazione degli avvenimenti, secondo la versione della parte a volta a volta dominante, il vario atteggiarsi della turbinosa vita locale. Richiedono, certo, uso cauto e frequenti controlli; ma hanno un accento di viva, immediata e calorosa partecipazione agli avvenimenti e trasportano nel pieno d'una vita agitata e tumultuosa.

I codici che contengono le opere di C., comprendono una Notitia episcoporum ianuensium e una Regni hyerosolimitani brevis historia, che non sono certamente sue, mentre gli appartengono senza dubbio il Liber de liberatione civitatum Orientis che narra, alla distanza di un mezzo secolo e col solo aiuto della memoria, la prima crociata e le imprese che le si collegano, e la Ystoria captionis Almarie et Tortuose, racconto della importante spedizione in Spagna nel 1147-48, cui C. non pare partecipasse, ma alla quale spianò la via con gli accordi sopra ricordati.

La prima edizione a stampa degli Annali di C. e continuatori nel tomo VI dei Rerum Italicarum Scriptores (1725), è affatto insufficiente perché condotta su copie tardive, incompiute e di scarso valore; molto migliore è la prima intera nel tomo XVIII dei Monumenta Germaniae Historica, Scriptores (1863; sulla quale v. Archivio storico italano, 1865, fasc. II). Ottima per esattezza di riproduzione, ampiezza di apparato critico e di note e per le importanti introduzioni, l'edizione in Fonti per la Storia d'Italia dell'Istituto storico italiano, in cinque volumi; il primo, edito nel 1890, contenente le opere di C. e gli Annali di Oberto Cancelliere, a cura di Luigi Tommaso Belgrano; gli altri quattro, a cura di Cesare Imperiale di Sant'Angelo, pubblicati nel 1901, 1923, 1926, 1929. È in corso una traduzione italiana per cura del Municipio di Genova, cominciata da Ceccardo Roccatagliata Ceccardi e continuata da G. Monleone, voll. I a VII, Genova 1923-29.

Bibl.: Oltre alle introduzioni nelle edizioni del Pertz, del Belgrano e dell'Imperiale, cfr. Pertz, in Göttinger gelehrte Anzeigen, I (1864), pp. 201-1269; Annales Genuenses Cafari et continuatorum, Genova 1898, riproduce in fototipia il codice autentico degli Annales, conservato nella Bibliothèque Nationale di Parigi; C. Imperiale di Sant'Angelo, Coffaro e i suoi tempi, Torino 1894; U. Balzani, Le cronache italiane nel Medioevo, Milano 1901, p. 289 segg.; F. Novati e A. Monteverdi, Le origini, in Storia letteraria d'Italia, Milano [1926], p. 573 segg.; V. Vitale, Genova negli annali di C. e dei continuatori, in Rassegna Italiana, 1929-30.

Vedi anche
Benedetto Zaccarìa Mercante e ammiraglio genovese (m. 1307). Consigliere del Comune di Genova (1256), nel 1264 fu inviato in missione diplomatica presso la corte bizantina. Ma si dedicò soprattutto a fortunate speculazioni commerciali, fino a quando, attorno al 1267, ottenne dall'imperatore d'Oriente Michele VIII Paleologo ... Carlo Francesco Barabino Architetto (Genova 1768 - ivi 1835). Allievo di G. Barberi a Roma, ritornato a Genova (1793) fu uno degli edili della Repubblica ligure (1797). La sua maggiore attività ebbe inizio nel 1818, quando divenne architetto civico. Le sue opere principali, di un nitido neoclassicismo, sono la facciata della ... Boemóndo I d'Altavilla principe di Antiochia Figlio (n. tra il 1051 e il 1058 - m. 1111) di Roberto il Guiscardo e di Alberada di Buonalbergo, dopo aver partecipato alla campagna dell'Epiro contro i Bizantini insieme col padre, alla morte di questo (1085) costrinse il fratello minore Ruggero, erede della contea di Puglia, a cedergli Bari e Taranto. ... ducato Nome di due monete veneziane: una, d’argento, in seguito detta grosso o matapane, fu coniata intorno al 1202; l’altra, d’oro, in seguito detta zecchino, fu coniata per la prima volta dal doge Giovanni Dandolo nel 1284. Il nome passò quindi alle monete d’oro coniate in vari paesi che, per la massa ...
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