CABRINI (De Cabrinis)
Famiglia di artefici, originari dalla terra di Albino, che si dedicarono, in Bergamo, a opere di decorazione, d'intarsio e di affresco dal sec. XV al XVII.Pare accertato che sia stato un certo maestro Giovanni a fondare la bottega artigiana, sita presso la chiesa di S. Andrea, tipico centro d'arte rinascimentale, che si trasformò in una scuola di apprendistato di garzoni, finendo per acquistare rinomanza per la raffinatezza dei gusti, per la serietà degli insegnamenti e per la varietà dei prodotti realizzati.
Di Bartolomeo Giovanni, figlio di Giovanni, si ignorano le date di nascita e di morte. Che abbia esercitato il mestiere di pittore il Tassi (I, p. 150) lo arguisce da un solo documento, del 1509, in cui è nominato con l'appellativo di "magister". Nelle annotazioni al Tassi, il Beltramelli, a maggior conferma della sua asserzione, aggiunge la citazione di un altro atto del notaio Castello de' Benagli, stilato nel 1513, in cui il pittore compare quale teste. Il Tassi, nelle sue brevi note sulla famiglia, lamenta, ai suoi tempi, la mancanza di opere reperibili ed auspica una più felice ricerca nell'avvenire, auspicio che, per Bartolomeo, si è avverato: nel 1963 nella chiesa di S. Valeria, nelle vicinanze di Mornico al Serio, è stato scoperto, sotto una tela di G. P.Cavagna, un affresco raffigurante la Vergine in trono col Bambino e i ss. Andrea e Valeria, finora inedito.
Al centro della predella del trono è scritto: "1495, Bartolameus Iovanes Cabrini pinxi". L'opera, ben conservata, rivela nell'autore temperamento artistico, soprattuto per la vivacità coloristica e rispecchia stilisticamente modelli della pittura della corte sforzesca, non ignara della lezione leonardesca. Questo unicum, mentre rivela una personalità di notevole levatura, ci fa rimpiangere la scomparsa degli altri dipinti del pittore che, per la sua fama, fu impiegato più volte dal Comune di Bergamo per decorare e abbellire l'antica cinta fortificata della città, detta "Muraine", demolita successivamente dalla Repubblica veneta al fine di erigere alte mura con spalti e bastioni protettivi.
Dalle Azioni del Comune risulta che a Bartolomeo furono commesse pitture decorative alle porte di S. Giacomo e Dipinta (7 ag. 1500) e che a lui fu dato l'incarico di affrescare lo stemma di Venezia con il leone di S. Marco sopra la stessa porta Dipinta ed altri tre sulla porta S. Caterina (6 giugno 1512).Parecchie altre opere ha affrescato nel territorio bergamasco che, nell'ignoranza del suo stile, sono state finora attribuite a pittori più conosciuti di lui anche se meno dotati artisticamente. Da un rogito del 1523 riguardante i suoi figli, Nicolino e Giuliano, cresciuti alla sua scuola, risulta che Bartolomeo, noto con l'appellativo di "Grazini", era ancora vivente. Da questa data non è più menzionato nei documenti e si può dedurre che sia morto subito dopo.
Nicolino, primo figlio di Bartolomeo, divise la bottega d'arte con il fratello Giuliano, dedicandosi in prevalenza a lavori di xilotarsia. In tale specialità dovette raggiungere rara maestria se il Consorzio della Misericordia Maggiore di Bergamo, con contratto del 29 ott. 1523, del notaio Gerolamo da San Pellegrino, lo incaricò di preparare i disegni e di tradurli in intarsio per il coro della basilica di S. Maria Maggiore, dopo aver consultato i maggiori artisti del tempo, quali F. Rossi, A. Previtali e L. Lotto: per vincere la gara dell'allogazione Nicolino presentò un modello di rara perfezione. Purtroppo all'inizio del 1524 l'artista morì, non appena intrapreso il lavoro, che venne poi affidato, per la parte disegnativa, al Lotto e, per quella esecutiva, a F. Capoferri. All'infuori di questa, di lui non è rimasta altra testimonianza, ma deve essere morto assai giovane se il fratello minore Giuliano gli sopravvisse quasi quarant'anni.
Giuliano, detto anche Ziliolo, secondo figlio di Bartolomeo, continuò l'attività paterna nella sua stessa bottega. È ricordato come operoso dal 1533 al 1563 in Bergamo; parecchi sono i documenti che lo riguardano e molteplici i lavori cui si dedicò: dipinse lettighe, banchi, mobili e altri oggetti ornamentali per il Comune di Bergamo; dal 1533 al 1562 fu il pittore delle mazze o baculi delle processioni e solennità ufficiali. Sotto la sua esperta guida la bottega si trasformò in una officina d'arte e mestieri: lo attesta un contratto (Tassi, I, p. 151) stipulato il 3 ag. 1553 con un certo Geraldo, detto fra' de Ser Zuane dei Cattani (tra gli atti del notaio Francesco di Colonio), che gli affidò suo figlio Giuseppe per la durata di tre mesi a esercitarsi nell'arte pittorica, impegnandosi "a pagare lire venti imperiali, tra quali gli darà un carro de vino al novello ancorché detto Iosepho non continuasse". Nella bottega lavorò con il fratello Nicolino, ma non è rimasta traccia alcuna di questa attività esercitata per lungo tempo. Nell'anno 1560, sempre secondo il Tassi, fece testamento a favore dei due figli: G. Battista, prete, e Cabrino, che continuò l'opera sua. Nel 1563 lo si nomina ancora in un atto del notaio Baldassare Bosis, ricordato da E. Fornoni. Giuliano ebbe anche due figlie: Elisabetta e Polissena, andate spose, la prima a Martiale de Licinis e la seconda all'architetto Bartolomeo de Cavaciis.
Cabrino, figlio di Giuliano, alla morte del padre ereditò la casa avita, presso la chiesa di S. Andrea, dove si trovava la bottega d'arte. Nel 1556 è citato da fra' Celestino Colleoni (Historia quadripartita di Bergamo, II, Bergamo 1617, p. 309) quale testimone oculare per un fatto miracolosamente avvenuto di fronte a questa chiesa, riguardante la pietra sulla quale era stato martirizzato s. Domneone. Tra le commissioni da lui eseguite i documenti ricordano: la decorazione pittorica di due camere del palazzo pretorio, sede del vicario veneto in piazza Vecchia, a spese del Comune (1589), e l'affrescatura (1590), nel palazzo del Consorzio della Misericordia Maggiore di Bergamo in via Arena, di alcune camere che si affacciano, nella "curticella", verso la porta principale, da lui già decorata in precedenza. Come sostituì il padre nelle commesse affidate dal Comune di Bergamo, così, Cabrino sostituì lo zio Nicolino in certe opere di intarsio per il coro della basilica di S. Maria Maggiore. Il Tassi dichiara che nel 1621 era ancora attivo presso il "Sepolcro di Ns. Signore", riferendosi all'abbazia di Astino, alla periferia di Bergamo. Nessuna delle sue opere è giunta fino a noi, ma dalla qualità delle commissioni e dall'entità dei pagamenti possiamo dedurre che Cabrino più che un pittore fu un ornatista, dedito, perciò, a lavori di carattere decorativo.
Fonti e Bibl.: Bergamo, Bibl. civica, Azioni del Comune di Bergamo, ms., 1495-1501, p. 416; 1512-1514, p. 7v (per Bartolomeo); 1533, p. 123; 1538-41, ff. 140v, 141, 145; 1547-1550, ff. 173v, 277; 1550-51, f. 272; 1560-62, ff. 42v, 131v, 230 (per Giuliano); 1586-88, f. 103v; 1589-90, ff. 65, 103 (per Cabrino); Ibid., Liber Fabrice Chori dell'Arch. d. Consorzio d. Misericordia Maggiore, ms., ff. 22, 28v (per Nicolino); L. Chiodi, Lettere inedite di Lorenzo Lotto, in Bergomum, LXII (1968), p. 35 (per Nicolino); F. M. Tassi, Vite de' pittori... bergamaschi [1793], I, Milano 1969, pp. 65, 150, 151; G. Beltrameili, Pitt. bergamaschi..., II, a cura di F. Mazzini, Milano 1970, p. 178, 272; P.Zani, Enc.met. ... delle Belle Arti, I, 5, Parma 1820, pp. 190, 191. P. Locatelli, Illustri bergamaschi, II, Bergamo 1869, p. 271; A. Pinetti, Per la storia della pittura bergamasca del '500, in Boll. della civica Bibl. di Bergamo, II (1908), p. 247; Bergamo, Curia vescovile: E. Fornoni, Pittori bergamaschi, ms. (sec. XX), II, pp. 3 s.; A. Pinetti, Cronistoria art. di S. Maria Maggiore, in Bergomum, XXII (1928), pp. 158, 168 (per Nicolino); G. Mascherpa, L.Lotto a Bergamo, Milano 1971, pp. ss, 56 (per Nicolino); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 330 (sub voce C. di Albino).