BUSTO (fr. corset; sp. cotilla; ted. Korsett, Schnürleib; ingl. corset)
Indumento femminile destinato a stringere il seno e l'addome. Fu già conosciuto nella civiltà egea, quando le donne usarono come punto di sostegno delle vesti la vita, anziché le spalle. Come però fosse il busto minoico non appare chiaramente dalle opere d'arte cretesi. Nell'età greco-romana le vesti femminili posarono sulle spalle lasciando liberi i fianchi: e per impedire lo sviluppo abnorme del petto e dell'addome, si usò presso i Greci e i Romani un sistema di fasce che ebbero diversi nomi secondo la funzione speciale. Fascia era detta una striscia di tela lunga e stretta destinata ad arrestare lo sviluppo delle mammelle specie nelle giovinette. Della fascia si servì per suicidarsi la cortigiana Epicharis coinvolta nella congiura di Pisone sotto Nerone (Tacito, Annali, XV). Mamillare era una fascia destinata a sorreggere più che a comprimere le mammelle: i Greci la chiamavano apodesmos o stethodesmos. Teniae, bende, erano probabilmente in forma generica le fasce anzidette. Lo strophium era una fascia di cuoio od altro, ornata di ricami, di gemme, che si portava sopra la tunica per sostenere pure i seni e serviva spesso come nascondiglio di lettere, gioielli, ecc. La zona era invece una larga, spessa fascia esteriore, ma portata sui fianchi e rinserrante l'addome. Catullo ed altri poeti usarono il termine zona come simbolo della virginità. Qualche volta era portata più in su, sotto i seni; si diceva anche cestus oppure cingulum oppure capitium, secondo la varietà.
Il vestiario femminile continuò ad usare tali bende e fasce per buona parte del Medioevo, finché, col ritornare della moda degli abiti appoggiati sui fianchi, si rese necessario un sostegno che ripartisse il peso delle vesti, mentre anche si moltiplicavano le parti del vestiario per il prevalere della moda dei climi freddi in tutta l'Europa mediterranea. Nel sec. XII si ebbe per qualche tempo la moda degli abiti attillati aderenti al corpo e stretti da una cintura esterna; nel sec. XIII essendo tornata la moda degli abbigliamenti ampî, sotto si usò portare un busto o fascia di tela che allungasse la vita e rilevasse il seno; alla fine del sec. XIV si tornò agli abiti attillati, con cinture che stringessero i fianchi e dessero risalto al seno. E già allora si conobbero artificiosi cuscinetti che procurassero un maggior rilievo. Alla fine del sec. XV compare un corsaletto munito d'una striscia di legno o di metallo; e già portava una punta eminente in avanti e in basso destinata a comprimere il ventre; come poco dopo al principio del sec. XVI compare in Spagna e di là in Francia ed in Italia la vertugada o vertugadin o vertugale, cuscinetto portato sul ventre per sostegno delle sottane. Così si andava preparando il vero busto, costituito da un'armatura di legno o di metallo, coperta di lino o di seta. Dapprima si appoggiò sopra una placca metallica od eburnea ornata di disegni, d'incrostazioni, di leggende galanti, che rimaneva visibile essendo il corpetto scollato; più tardi semplicemente sopra una stecca di balena, restando quasi nascosto dal corpetto.
La moda verso la metà del sec. XVI costrinse le dame eleganti a rinserrarsi in modo da presentare una vita snellissima e si ebbero persino i busti tutti di ferro. Né mancarono i critici ironici come Michele di Montaigne e le proibizioni governative, specie in Francia, dove la moda infierì alla fine del sec. XVI. Il famoso medico Paré dichiarò di aver trovato, in autopsie, le costole accavallate per la compressione esercitata dal busto, che dichiarò nemico pericoloso così per lo sviluppo degli organi femminili come in specie per le gravidanze. La moda del busto duro nei secoli XVII e XVIII; si fecero busti con un telaio di stecche, o completamente senza stecche, allacciati di dietro, con le bretelle o senza bretelle; nel sec. XVIII si tagliarono in due parti, anteriore e posteriore, allacciate sui fianchi, oppure adatti per donne incinte; e sempre si usarono stoffe lussuose, con grande consumo di nastri e di pizzi.
Nella seconda metà del sec. XVIII la campagna illuministica cui parteciparono il Rousseau e il Buffon riuscì a mettere in discredito il busto, che fu detto "degradazione del genere umano". La Rivoluzione lo fece scomparire: la semplicità ostentata dopo il 1789-90 riportò di moda le fasce greche e romane e si portarono sull'abito come la zona romana; poi sotto il Direttorio e il Consolato la moda greca degli abiti appoggiati sulle spalle costrinse all'uso delle fasce mammellari. Sotto l'impero si ritornò al busto di tela con una semplice stecca (à la Ninon); basso, così da lasciare liberi in parte almeno i seni, pur stringendo i fianchi e il ventre. Caduto l'Impero, la voga del busto riprende, giungendo spesso all'esagerazione. Sul finire dell'Ottocento l'esigenza della "vita di vespa" permette vere mostruosità, ma già ai primi del Novecento si delinea una reazione, tanto dal punto di vista estetico che da quello igienico: gli artisti protestano che il corpo femminile, quasi spaccato a mezzo in assurde fragilità di giunco, non risponde ad alcun ideale di bellezza; i medici insistono sui disturbi che l'eccessiva strettezza del busto produce nei riguardi del sistema toracicoaddominale, alterando la posizione del fegato e dello stomaco, costringendo le costole, deturpando le forme, comprimendo il bacino. Poi il busto si fece di nuovo più cedevole e morbido lasciando libero anche l'addome. Gli ultimi decennî del secolo XIX avevano avuto la moda di un busto di grandi proporzioni, quasi come quello dei secoli XVI-XVII, sebbene meno pesante, essendovi soltanto le stecche di balena e una doppia striscia metallica anteriormente per allacciare. La moda del secolo XX invece esigendo dalla donna un personale snello, ha riadottato generalmente le fasce romane in forma di corpetti, reggipetto, ecc., conservando però il busto o come ventriera elastica o come sostegno del corpo nei casi di cattive disposizioni della colonna vertebrale o in altri da stabilirsi dal medico. Il busto rigido dei secoli scorsi è rimasto come parte caratteristica del costume di certe popolazioni di montagna.
V. tavv. XXXIII-XXXVI.
Bibl.: F. Leoty, Les corses à travers le âges, Parigi 1893; W.B.L., The corset and the crinoline, Londra 1868; Bouvier, Études historiques et médicales, Parigi 1853; J. Gelli, Un po' di storia del busto e della fascetta, in Emporium, 1903; L. O' Followell, Le corset: histoire, médecine, hygiène, voll. 2, Parigi 1905-08; M. Heszky, Kulturgesch. des Korsetts, Lipsia 1914.