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BUSTI, Agostino, detto il Bambaia

di Marilisa Di Giovanni - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972)
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BUSTI (Busto), Agostino, detto il Bambaia (Zarabaia)

Marilisa Di Giovanni

Scultore; figlio di Giovanni Pietro da Busto e di Maddalena da Borsano, nacque molto probabilmente a Busto Arsizio (donde il cognome) nel 1483, dato che morì a Milano l'11 giugno 1548 in età di sessantacinque anni (Motta; Merzario, p. 426). Il soprannome Zarabaia compare nel Lomazzo mentre quello di Bambaia venne usato per la prima volta dal Vasari. Nel testamento, datato 29 apr. 1528, sono citati i genitori, la moglie Giacomina da San Pietro e i due figli Giuseppe ed Eleonora, suoi eredi universali (Nicodemi, 1945, pp. 9 s.). Secondo Vasari (VI), la prima formazione del B. derivava dalla tradizione bramantesca attraverso il Bramantino; sarebbe stato quindi "tirato innanzi, e molto aiutato" dallo Zenale, mentre come diretto maestro lo storiografo cita Benedetto Briosco con cui il B. potrebbe aver collaborato, nei primi anni del sec. XVI, alla certosa di Pavia (ma di questi lavori non è restata a noi alcuna prova documentaria).

Il primo documento in cui si parla del B. è del 29 genn. 1512 (Annali, p. 158): i deputati della Fabbrica del duomo di Milano "assecondarono la domanda" di Agotino e di suo fratello Polidoro per "essere inscritti nel numero dei salariati scalpellini lavoranti in figura". Il 16 febbraio Polidoro venne pagato per una figura che aveva iniziata il 26 luglio 1511 e terminata il 2 gennaio successivo: con questa notizia si perdono le sue tracce. Nel 1515 il nome del B. compare in un contratto in cui si dice che con Girolamo della Porta, il Novarino e Cristoforo Lombardi, doveva fare l'ornamento in marmo davanti alla Madonna "pinta suso al pilastro nella cassina del zardino dove predicano li Ven.li Frati de S.to Angelo de Milano" (opera andata perduta; Nicodemi, 1945, pp. 43 s. n. 19). Dello stesso anno è il monumento a Francesco Orsini, già in S. Maria della Scala: infatti la lapide (conservata oggi nell'atrio della residenza dei gesuiti annessa alla chiesa di S. Fedele a Milano) reca la data del 20 nov. 1515; insieme ad essa restano il busto dell'Orsini e due genietti, di cui uno mutilo. Nel museo del Castello invece c'è una lesenetta (inv. n. 572) con lo stemma Orsini.

Dopo l'entrata di Francesco I a Milano il 14 sett. 1515, al B. fu commissionato il monumento a Gastone di Foix, al quale lavorarono, dopo il 1520, anche Cristoforo Lombardi, Ambrogio da Cremona, Agostino del Pozzo, Ambrogio da Airuno, Giov. Antonio da Osnago, Andrea da Saronno, Antonio Dolcebuono e (cfr. Lomazzo) Benedetto Pavese.

Dopo la partenza dei Francesi da Milano il monumento fu interrotto e quindi il B. vi lavorò sino al 1522; quando scrive il suo testamento, il 29 apr. 1528, il B., lasciando al duomo di Milano i marmi eventualmente avanzati a monumento finito, dà ad intendere che sperava venisse completato. Le vicende del monumento furono assai complesse: il Vasari lo vide in pezzi nel convento di S. Marta (IV) e notò (VI): "certo è un peccato che quest'opera la quale è degnissima di essere annoverata fra le più stupende dell'arte, sia imperfetta, e lasciata stare per terra in pezzi senza essere in alcun luogo murata: onde non mi meraviglio che ne siano state rubate alcune figure, e poi vendute, e poste in altri luoghi". Il Latuada ricorda che le monache di S. Marta nel 1614 "per non perdere affatto la memoria del deposito di un sì nobile campione, ne hanno innestato, nella parte del cortile attiguo alla chiesa, la di lui immagine intagliata in una lapide che copriva l'arca". Nel 1673 sono descritti esattamente alcuni pezzi nei giardini del palazzo Arconati di Castellazzo (Beltrami, 1902), dove ancora li vide G. Bossi insieme con il Canova, che molto li apprezzò. Nonostante tutto non è possibile stabilire la forma esatta del progetto: questo è da molti (Clausse, 1912; Nicodemi, 1945) identificato nel disegno di monumento funebre del Victoria and Albert Museum (n. 2315), che però non offre analogie con nessuno dei frammenti rimasti. Il Pope Hennessy (La scultura...) considera frammenti del monumento: la lastra tombale con Gastone di Foix nel Museo del Castello di Milano; sette rilievi (Episodi della campagna francese del 1511-12; La morte e il corteo funebre di Gastone di Foix)nel palazzo Crivelli Sormani (già degli Arconati) a Castellazzo (Milano), dove sono conservate anche sei statuette frammentarie di Virtù, mentre altre tre sono nel Victoria and Albert Museum di Londra; sei pannelli decorativi di cui quattro nel Museo civico di Torino e due nel Museo del Castello a Milano (v. le ill. nella Storia di Milano).

Disperso è anche il monumento Birago, iniziato nel 1522 per la cappella della Passione nella chiesa di S. Francesco Grande, sempre a Milano, che il Vasari (IV., p. 543) vide finito nel 1556: "con sei figure grandi ed il basamento storiato, con altri bellissimi ornamenti che fanno fede della pratica e maestria di quel valoroso artefice". La cappella fu distrutta nel 1606 e da allora il monumento subì varie vicende: attualmente è diviso tra il palazzo Borromeo all'Isola Bella, la cappella Litta Modignani nel cimitero di Ossona (Madonna), i musei del Castello e dell'Ambrosiana di Milano (rilievi con Episodi della passione). In una descrizione fatta da un notaio nel 1799 abbiamo la trascrizione della lapide, dove il B. si dichiarava autore dell'opera (Nicodemi, 1945).

Dal 29 apr. 1535 il nome del B. ricompare negli Annali della Fabbrica del duomo, e il 10 luglio (p. 260) è citato come "scultore della fabbrica" al quale sono affidate statue per la porta in Compito e anche giovani da ammaestrare nella scultura. Poiché riceve un mensile, il suo nome appare sino al giugno 1548 (data della sua morte). Il 27 genn. 1538 morì il cardinale Marino Caracciolo: è quindi posteriore a questa data il mausoleo tuttora nell'ambulacro del coro del duomo, in pietra nera di Varallo, con numerose statue in marmo bianco tra cui quella del cardinale giacente su un lettuccio appoggiato sul sarcofago (le insegne gentilizie sono state scalpellate via nel 1797). Il 25 ott. 1543 fu affidato al B. (ibid., p. 285) l'altare della Presentazione da erigersi con il lascito del canonico G. A. Vimercati. Il 14 giugno 1548 (p. 303) Fr. Castello comunica ai fabbriceri che il B. è morto e ha lasciato alla Fabbrica sei pezzi di marmo di Carrara.

Delle numerose opere attribuite al B. ricordiamo solo il monumento a Mercurio Bua in S. Maria Maggiore a Treviso: il Bua, nel contratto del settembre 1531, che gli garantiva una cappella nella chiesa, chiedeva che fossero usati i marmi già esistenti in suo possesso, che dall'epigrafe risultano preda bellica; si è perciò ritenuto che il Bua stesso li abbia asportati a Pavia nel 1522 dal materiale per il monumento al musico Franchino Gaffurio.

Altra opera attribuita al B. è l'Arca di s. Evasio nel duomo di Casale Monferrato (cfr. V. De Conti, Notizie storiche della città di Casale e del Monferrato, V, Casale 1840, pp. 349-351), che però sarebbe stata compiuta da Ambrogio Volpi dopo la morte del Busti.

Dei numerosi disegni attribuiti al B. nelle varie collezioni, il gruppo più importante è conservato negli Staatliche Museen di Berlino-Dahlem: un quaderno (incompleto), databile al 1514 (pubbl. a Berlino in facsimile s.d.), e disegni della stessa mano; consistono in gran parte in dettagli architettonici dell'antico (ma non necessariamente copie dirette) e grottesche. L'autore dei disegni, che è lo stesso del cosiddetto disegno della tomba di Gastone di Foix di Londra, è stato recentemente (Dreyer-Matthias, 1964) identificato con l'incisore denominato "Maestro del 1515": questi era quindi un italiano, ma non si può affermare che si tratti del B., dato che nessun disegno corrisponde a un'opera sicura di lui. Definire la personalità artistica del B. è difficile non solo perché quasi nessuno dei suoi monumenti è giunto intatto sino a noi, ma anche perché egli lavorava sempre con aiuti. Certo è che a una eccezionale perizia tecnica egli abbinava un gusto raffinato e che doveva essere "in diretto contatto con gli umanisti e con gli studiosi milanesi" (Nicodemi, 1957) che cercavano di assimilare il mondo classico; e quanto classicheggiante fosse il B. è provato dalla fortuna che ebbe in epoca neoclassica.

Fonti e Bibl.: Annali della Fabbrica del duomo, III, Milano 1880, pp. 158, 259 s., 262 s., 265 s., 285, 287, 294, 297, 301 ss.; C. Cesariano, Commento a Vitruvio, Como 1521, I, fol. XIVv.; G. Vasari, Le vite..., a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, p. 652; IV, ibid. 1879, pp. 542 s.; VI, ibid. 1881, pp. 514 a.; P. Lomazzo, Trattato dell'arte della pittura..., Roma 1587, p. 198; S. Latuada, Descrizione di Milano, Milano 1734, IV, p. 56; E. Motta, Morti in Milano dal 1452 al 1552..., in Arch. stor. lombardo, XVIII (1891), p. 261; G. Merzario, I Maestri comacini, Milano 1893, I, pp. 426, 567 s.; G. Bossi, Descrizione del monumento a Gastone di Foix..., Milano 1852; D. Sant'Ambrogio, Studio di ricomposiz. del mon. Birago, in Arch. stor. dell'arte, VI (1893), pp. 463-468; Id., La statua di S. Girolamo di A. B., nella ricomposiz. del monum. Birago del 1522, in Arch. stor. lombardo, XXI (1894), pp. 192-206 (con bibl. prec.); Id., Isarcofagi Borromeo e il monum. dei Birago all'Isola Bella, Milano 1897; Id., Un disperso monum. pavese del 1522nella chiesa di S. Maria Maggiore di Treviso, in Arch. stor. lombardo, XXIV(1897), pp. 128-188; Id., Marmi e lapidi di Milano nella villa Antona Traversi di Desio,ibid., XXVII(1900), pp. 131 s.; L. Beltrami, Notizie inedite riguardanti i frammenti del sepolcro di Gastone di Faix, in Rass. d'arte, II (1902), pp. 132-134; D. Sant'Ambrogio, Una statua dello scultore A. Volpi,raffrontata con l'altra del B., in Politecnico, LII (1904), pp. 641-44; Id., Un nuovo bassorilievo del Bambaja, in Rass. d'arte, VIII (1908), p. 79; L. Beltrami, Iframmenti del monumento funebre di Gastone di Foix, Milano 1910 (nozze Donini-Motta); G. Clausse, Les tombeaux de Gaston de Foix... et de la famille Birago par A. B. ..., Paris 1912; C. Baroni, Problemi della scultura manieristica lombarda, in Le arti, V (1943), pp. 188 s. n. 41; G. Nicodemi, A. B. detto il Bambaja, Milano 1945; Id., La scultura milanese dal 1530 al 1620, in Storia di Milano, X, Milano 1957, pp. 798-803; J. Pope Hennessy, La scultura ital., II, Il Quattrocento, Milano 1964, ad Indicem;Id., Catalogue of Ital. Sculpture in the Victoria and Albert Museum, II, London 1964, ad Indicem; P.Dreyer-W. Matthias, Der Meister von1515 und das Bambaja-Skizzenbuch in Berlin, in Jahrbuch der Berliner Museen, VI (1964), pp. 53-94; G. A. Dell'Acqua, in L'Ambrosiana, Milano 1967, p. 98; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 296 s.

Vedi anche
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