BUSIRIDE (Βούσιρις, Βούσειρις)
Leggendario sovrano egiziano che, in obbedienza ad un vaticinio dell'indovino cipriota Phrasios, per allontanare la carestia, condannava al sacrificio i forestieri che capitavano in Egitto; tra questi condannò anche Eracle di ritorno dall'impresa del giardino delle Esperidi; questi però trucidò il tiranno e fece strage dei suoi cortigiani. La leggenda (riportata da Erodoto, II, 45, che però non fa il nome del sovrano, e da Apollodoro, i, 224-226) nacque non più tardi del VII sec. a. C. tra i naviganti greci e prese forma nelle colonie ioniche del delta del Nilo; le prime figurazioni dobbiamo cercarle su prodotti di quelle terre. Essa stava a indicare drasticamente la fama di inospitalità e di scarso coraggio che l'opinione dei Greci attribuiva agli Egiziani.
Il nome sembra derivato dalla città di Pe Asar, nel Delta egiziano, estremamente importante nella storia della religione del paese, come patria di Osiride; non ne restano più tracce, o almeno non sono stati fatti scavi nella attuale Abu Sir (v.) che sorge al suo posto.
Un frammento, che si suppone da Naucrati, al British Museum, raffigura una testa di faraone con il serpente ureo animato intorno ai capelli e viene considerato come particolare di una più vasta composizione con il mito di B., che appare per la prima volta in tutta la sua interezza nella seconda metà del VI sec., in una hydrìa da Cerveteri (v. ceretane, idrie), uno dei capolavori della ceramica ionica. Probabilmente tale composizione è ispirata ad un'opera di pittura: sul basamento di un'ara destinata allo sgozzamento delle vittime, giace ripiegato su se stesso B. vestito della bianca kalòsiris ed insignito dell'uraeus sul capo. Eracle raffigurato come immane gigante dal corpo massiccio con muscolatura ipertrofica fa strage degli Egiziani presso l'ara, uccidendone sei in un sol colpo mentre gli altri fuggono e si agitano: uno si nasconde dietro l'altare, due sopra di esso chiedono pietà con i gesti, un quarto si avvicina all'ara guardando terrorizzato il gigante; nel rovescio del vaso accorrono cinque soldati etiopici armati di bastoni; tutto l'insieme, nel suo colorito esotico, è pervaso da una grande vivacità e comicità. Dopo queste figurazioni il mito riappare solo nella ceramica di stile severo: le fabbriche laconiche, beotiche, calcidesi, corinzie ed attiche a figure nere non ce ne hanno lasciato alcuna figurazione. E da tale silenzio dipende la diversa composizione con la quale i ceramisti a figure rosse hanno inquadrato il mito; nella hydria ceretana si notano due punti centrali nella composizione: l'altare ed Eracle; nella ceramica attica invece la composizione si fa rigida. Il vaso più antico è la kölix di Epiktetos al British Museum: in essa al centro è l'ara ai cui lati i corpi di Eracle e B. formano quasi due linee parallele e gli Etiopi fuggono due di qua e due di là; c'è dunque un interesse per la simmetria che mancava del tutto nella hydrìa in cui la composizione si svolgeva liberissima. B. ed Eracle sono rappresentati in un'altra kölix di Epiktetos, conservata a Roma nel Museo di Villa Giulia.
I vasi che seguono alla kölix del British Museum si possono dividere in due gruppi: vasi attici a figure rosse e vasi dell'Italia meridionale. I primi sono i più numerosi: una kölix al museo di Berlino con l'acclamazione al "bel Leagro", di dubbia attribuzione, datata ancora allo stile severo ha all'esterno lo stesso schema di Epiktetos che occupa tutta la superficie esterna: nel tondo interno è adattata la figura di un egiziano fuggente da identificare con B.; un'altra tazza in frammenti del Metropolitan Museum, firmata da Euphronios come ceramista ed attribuita al Pittore di Panaitios, mostra B. davanti all'ara mentre sta per essere afferrato da Eracle e si tira indietro. La consueta rappresentazione dell'episodio si trova in una hydrìa al Louvre attribuita al Pittore di Kleophrades, ed in una hydrìa a Monaco, opera forse del Pittore di Troilos, in cui appare il faraone che, stretto alla gola da Eracle, sta per cadere. Una pelìke ad Atene e frammenti di uno stàmnos a Lipsia sono attribuiti al Pittore di Pan: sulla prima Eracle afferra B. per le caviglie con l'intento di sbatterlo sull'ara, variante alla normale figurazione, adattata alla forma del vaso; una pelìke con la stessa figurazione è al Cabinet des Médailles; in una kelèbe di Agrigento al Metropolitan Museum di New York è raffigurato B. stretto al collo da Eracle. Raffigurazioni di età non più severa si trovano in uno stàmnos al Museo Civico di Bologna, attribuito al Pittore di Altamura; in un altro stàmnos, attribuito ad Hermonax, a Oxford, il personaggio è rifugiato dietro l'altare cui si aggrappa. In un cratere da Valle Trebba, al museo di Ferrara, B. fugge stringendo la spada, vestito di una grande tunica ricamata e distinto dalla barba lunga. In una kölix dalla stessa località, al museo di Ferrara, la figura di B. fuggente è come nella kölix di Berlino adattata allo spazio circolare del fondo: il monarca vestito di ampio chitone porta un'anfora, uno sköphos ed una fiaccola.
Ripreso sul teatro (Bousiris di Epicarmo, dramrna satiresco di Euripide, una commedia di Cratino, ecc.), il mito godette di una vastissima popolarità sia in Grecia che in Italia. I vasi italioti con B. non sono numerosi: uno di essi, a Napoli, è un frammento di stàmnos che presenta una nuova figurazione: l'ara è scomparsa e B. siede su un trono, vestito di chitone e di un manto ricamato, mentre sulla testa ha un berretto orientale; nella destra ha un coltello, nella sinistra uno scettro gigliato. L'altro vaso a figure rosse, di provenienza àpula, presenta B. rivestito di ricche vesti orientali che lo rendono simile ad un monarca persiano: Eracle gli ha strappato di mano il coltello sacrificale, mentre una donna fugge spaventata e due assistenti al sacrificio fuggono portando seco l'uno un tripode, l'altro un coltello. Nello sfondo una colonna; a destra un'erma di Priapo. La scena è del tutto diversa dai vasi attici: l'introduzione dell'elemento femminile e gli accenni architettonici ci dimostrano che la fonte cui attingono i pittori non sono i vasi attici, ma piuttosto il teatro comico la cui influenza è particolarmente viva nei costumi. Una lèkythos a rilievo del museo di Napoli raffigura B. come un re persiano attorniato dai suoi cortigiani.
Bibl.: J. D. Beazley, Red-fig.: tazza di Epiktetos, p. 46, n. 15; tazza del ‛bel Leagro', p. 209, n. 1; pelìke di Atene, p. 364, n. 41; frammenti di Lipsia, p. 362, n. 18; pelìke al Cabinet des Médailles, p. 464, n. 1; kelèbe di Agrigento a New York, p. 378, n. 9; stàmnos di Bologna, p. 414, n. 34; stàmnos di Hermonax ad Oxford, p. 323, n. 5; cratere a Ferrara, p. 428; kölix a Ferrara, p. 257; B. Felletti Maj, Due nuove ceramiche col mito di Eracle e B. provenienti da Spina, in Riv. Ist. Arch. St. Arte, 1938, fasc. III, pp. 207-255; tazza di Panaitios: J. D. Beazley, Der Panaitiosmaler, 57 b; hydrìa al Louvre: J. D. Beazley, Attic Vas., p. 74, n. 49; kölix di Epiktetos a Villa Giulia: U. Ciotti, in Arti Figurative, II, n. 1-2, marzo-giugno 1946, pp. 8-21.