BUSHIR (Bushire, Būshehr; A. T., 92)
Bushir o Bändär Bushir, sulla sponda orientale del Golfo Persico, continua la funzione dell'antica Rīshehr, la 'Ιώνακα di Isidoro da Carace, che data dall'epoca dei Sassanidi. Le rovine di questa si veggono un chilometro e mezzo più a sud della città.
La località ebbe importanza nel Medioevo per il commercio delle perle, poi come sbocco della regione di cui è centro Shīrāz e della Persia meridionale in genere. Insignificante villaggio di pescatori fino a mezzo il secolo XVIII, Bushir fu da Nādir Shāh (1736-57) destinato a divenir la base per la flotta che egli aspirava a creare nel Golfo Persico. Da allora in poi la città non ha cessato di svilupparsi. Oggi è emporio e stazione marittima del commercio angloindiano, e punto terminale delle linee telegrafiche fra l'India e l'Europa.
Bushir sorge sopra una penisola (la Mesembria degli autori classici) lunga circa 20 e larga oltre 6 km., unita al continente da sud per mezzo di una lingua di terra paludosa (Meshilel), soggetta a inondazioni periodiche. Ha forma triangolare, è costituita di case in pietra, di un calcare biancastro, quasi tutte a due piani. Circondata da mura e bastioni, conta numerosi ed ampî bazar, ma nessun edificio notevole. Le strade sono anguste e maltenute.
La popolazione, che ai primi del sec. XIX contava dai 6000 agli 8000 ab., è calcolata oggi intorno ai 25.000, in gran maggioranza persiani. Pochi i cristiani, pochissimi gli europei, commercianti o residenti, che non vi passano l'intero anno. Il clima, caldissimo d'estate, non sarebbe di per sé malsano, se non s'aggravasse per le pessime condizioni igieniche e per la mancanza d'acqua.
Il porto, o meglio la rada, presenta difficoltà per l'accesso a causa di bassifondi e di barre (a N. e ad O. della città), che possono essere superati solo da navi di piccolo pescaggio, o ad alta marea. I grossi legni gettano l'ancora circa due miglia al largo. Il traffico è tuttavia intenso, anche per il gran numero dei velieri persiani, turchi ed arabi che vi fanno scalo. Il commercio, prevalentemente di transito, è per oltre due terzi in mano agl'Inglesi. Si esporta oppio, lana, cavalli, grano, tinture, gomma, tabacco e vino, provenienti per lo più da Shīrāz. Le importazioni (soprattutto cotoni, tessuti di lana, filati, metalli, caffè, tè) spezierie, sono quasi per intero assorbite da compagnie indo-britanniche. Il valore di questo commercio è stato negli ultimi anni di quasi due milioni di sterline, per due terzi rappresentati da importazioni.