BUSCA (Buschi)
Famiglia di fonditori milanesi operosa a Milano e a Pavia fra i secc. XIV e XVII. Fino al sec. XVI le notizie pervenuteci riguardano solo fusioni di campane e "bulzonalia" per la Fabbrica del duomo di Milano; solo verso la fine del secolo e oltre, con Giovanni Battista e Annibale, ci sono testimoniate fusioni di opere di un certo valore artistico.
Lanfranco è il primo che compare nei documenti della Fabbrica del duomo, citato il 12 ag. 1399 per il pagamento della fusione di una piccola campana. Non figurando in altri documenti, non è possibile stabilire alcun collegamento di parentela con i Busca degli anni successivi.
Luigi nel 1465 riceve ricompensa per 160 libbre di bolzoni, fusi per la Fabbrica del duomo. Da documenti riguardanti il figlio Giovanni Maria, nel 1474 risulta morto.
Antonio, detto il Giochino, è verosimilmente figlio di Luigi; nel marzo 1456 fonde per il monastero degli umiliati di S. Pietro a Viboldone una campana, quando era prevosto frate Stefano d'Arsago. Dal 1465 al 1473 lavora invece alla Fabbrica del duomo fondendo ruzzelle e bolzoni per il pozzo della sacrestia. Curiosa è la polemica iniziata nel 1477 per la fusione di una campana affidata in un primo momento a Giacomo da Sovico, al quale venne affiancato in seguito Antonio dietro compenso di un vestito: poiché la fusione riuscì imperfetta, ad Antonio venne commissionata una campana nuova. In un documento dell'8 genn. 1478 si fa accenno alla quantità di metallo "pro campanis fiendis"; si deduce quindi che per la Fabbrica abbia eseguito più di una campana.
Giovanni Maria, figlio di Luigi e, probabilmente, fratello di Antonio, ne continua l'attività nella Fabbrica del duomo, dove il 30 luglio 1478, come aiutante di Giacomo da Sovico, riceve l'incarico di fondere una campana in cambio di un mantello (gli Annali parlano di un "patarius fabricae" incaricato di confezionare il capo). La sua attività è documentata fino al 1480 ed è limitata alla fusione di campane. Nel 1503 risulta morto.
Gerolamo, detto il Giochino (Ciochino), figlio di Antonio, è documentato la prima volta il 10 febbr. 1499 per la fusione della grande campana di S. Maria delle Grazie (distrutta nel sec. XVIII; cfr. Baroni, 1968, p. 39). È nominato nel 1503 in un elenco di cittadini milanesi presenti a una seduta per decidere il modello della porta del duomo verso S. Paolo in Compito. Nel 1514 è chiamato dalla Fabbrica a riparare la campana maggiore rotta dalle artiglierie di Francesco I; per tale lavoro rinuncia ad ogni ricompensa, ma gli vengono dati ugualmente 25 scudi. Fra il 1515 e il 1517 rinnova completamente tutte le campane del duomo e quelle dell'orologio del Camposanto. Nel 1546 risulta morto.
Giovanni Antonio, figlio di Gerolamo, continua (1526) il lavoro di rifacimento, iniziato dal padre, delle campane dell'orologio del Camposanto. Sempre in quell'anno è pagato per la fusione di un angelo in bronzo "ad baculum S. Ambrosii" e per una campana della sacrestia del duomo. Ancora dalla Fabbrica è pagato, fra il 1559 e il 1560, per l'esecuzione di 4 capitelli in bronzo per il "tiburietto verso la Sacrestia". Un analogo pagamento del 1561 è relativo all'esecuzione di un grosso capitello di metallo. Muore dopo il 1562.
Dionigi, detto il Ciochino, figlio di Giovanni Antonio, fra il 1565 e il 1577 lavora insieme con i fratelli (forse Giov. Battista e altri non altrimenti noti) per S. Maria presso S. Celso, fondendo numerosi capitelli per le colonne della facciata, lesene per i pilastri del tiburio e festoni per il soffittodell'organo. Nel 1566 è documentato come fonditore di campane; fra il 1568 e il 1574 lavora alla fusione delle decorazioni in bronzo delle colonnine di porfido del battistero del duomo (cfr. i mandati di pagamento in Annali, pp. 115, 134).
Di Giovanni Battista, detto il Giochino o anche il Chiocchino, non ci sono documenti che permettano di ricostruire il legame di parentela con gli altri B., ma verosimilmente è fratello di Dionigi. Attivo alla Fabbrica dal 1578 al 1600, si distingue dagli altri membri della famiglia per la personalità meglio definita. Collabora infatti con architetti e scultori come il Pellegrino, Andrea Biffi e Francesco Brambilla. Del 1578 è la commissione di una serie di capitelli e di basi in bronzo per un altare non specificato del duomo; nel dicembre 1580 gli è affidato l'incarico di gettare le cornici di metallo del tempietto disegnato dal Pellegrino per l'altare maggiore. Ma l'opera di maggiore impegno è la fusione dei termini modellati dal Brambilla a sostegno dei due pulpiti del duomo, su ordine del card. Federico Borromeo, ai quali Giov. Battista lavora a partire dal 1590. Sotto il pulpito meridionale, i Dottori della Chiesa a mezza figura sono firmati: "Franciscus Brambilla Formavit - Io. Baptista Busca Fudit - MDIC"; sotto quello settentrionale, con i Simboli degli Evangelisti, si legge invece: "Io. Baptista Busca F.". Fra il 1599 e il 1600 fonde invece, su stampi del Biffi, protostatuario del duomo succeduto al Brambilla, i due angeli in bronzo ai lati del ciborio dell'altar maggiore, quattro festoni in bronzo per gli altari di S. Giuseppe e S. Giovanni, un Cristo e una Storia per l'altare di S. Giovanni. Pure di Giov. Battista è un bassorilievo d'oro raffigurante la Pietà, sulbasamento dell'Assunta di Annibale Fontana in S. Maria presso S. Celso. Il Registro delle memorie della certosa di Pavia testimonia anche una sua attività di campanaro: rifonde infatti tra il 1591 e il 1592 tutte le campane del cenobio. Il Thieme-Becker ne parla anche come armaiolo, ma questa sua attività non risulta documentata.
Annibale, detto il Chiocchino, è probabilmente figlio di Giov. Battista. Lavora alla certosa di Pavia quale fonditore di bronzo e cesellatore: il Registro delle memorie ci testimonia fra il 1603 e il 1615 il pagamento degli otto cherubini in bronzo del tabernacolo, della lampada di metallo e dei candelieri in bronzo dell'altare maggiore. Per la sacrestia nuova, per la cappella di S. Veronica (7ª a destra) e per quella di S. Maria Maddalena (1ª a sinistra) esegue le basi e i capitelli in bronzo delle colonne. Pure di Annibale, esistono nella chiesa di S. Ambrogio a Genova due candelabri con teste di angelo, a lui commissionati dalla famiglia Pallavicino: recano l'iscrizione "Io. Annibale Busca Med. F.".
Fonti e Bibl.: Oltre che U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 278 s., si veda: per Lanfranco: Annali della Fabbrica del Duomo,Appendice I, Milano 1883, p. 246. Per Luigi: Annali..., II, Milano 1877, p. 242. Per Antonio: Annali..., II, pp. 243, 255, 259, 264, 281, 296 s., 299. Per Giov. Maria: Arch. di Stato di Milano, Notarili, cart. 2663, f. 1738; cart. 2666, f. 3300; Annali..., II, pp. 302, 310. Per Gerolamo: Arch. di Stato di Milano, Notarili, cart. 4039, f. 3109; Ibid., Fondo religione, p.a., Conventi, Cart. 347; Annali..., III, Milano 1880, pp. 125, 167, 169, 172, 188; C. Baroni, Documenti per la storia dell'architett. a Milano, II, Roma 1968, p. 39. Per Giov. Antonio: Arch. di Stato di Milano, Notarili, cart. 8023, f. 8300; cart. 10781, f. 6145; Annali..., III, p. 243; C. Baroni, Documenti per la storia dell'archit. a Milano..., I, Firenze 1940, pp. 257 s. Per Dionigi: Arch. di Stato di Milano, Notarili, cart. 8398, f 1438; cart. 10781, f. 6461; Annali..., IV, Milano 1881, pp. 77, 82, 115, 134; C. Baroni, I, pp. 260 ss. 264, 265 e nota 2. Per Giov. Battista: Arch. di Stato di Milano, Notarili, cart. 17503, f. 1631; cart. 17504, f. 1911; cart. 10781, f 5958; Ibid., Fondo religione, cart. 6255 (Registro Memorie 1574-1609), f. 120; Annali..., IV, pp. 164, 177, 208, 233, 252, 316, 327, 333, 335, 339, 340; U. Nebbia, La scultura del duomo di Milano, Milano 1908, p. 196; S. Vigezzi, La scultura lombarda nell'età barocca, Milano 1930, p. 31; S. Gatti-L. Moalli, Manoscritti sul duomo di Milano nel tomo I della raccolta Ferrari, in Il duomo di Milano,Atti del Congresso,1968, Milano 1969, II, pp. 194, 200, 209, 213, 216, 233. Per Annibale: Arch. diStato di Milano, Notarili, cart. 20680, f. 1817; Ibid., Fondo religione, cart. 6255 (Registro Memorie 1574-1609), f. 120 e passim;L. Beltrami, La Certosa di Pavia, Milano1859, pp. 156, 159; C. Baroni, Di una miscellanea document. sulla Certosa di Pavia parzialmente ined., in Atti e mem. del quarto Congresso storico lomb., Milano 1940, pp. 313, 321; A. Morassi, La Certosa di Pavia, Roma 1950, p. 21.