Burundi
Stato dell’Africa centrorientale, sulla sponda N-E del Lago Tanganica, fra i più piccoli del continente col vicino e affine Ruanda. Coincide col regno precoloniale del Burundi. La popolazione, linguisticamente omogenea, è storicamente suddivisa in subcomunità differenziate e in competizione per il controllo sulla terra (scarsa a fronte di una demografia densissima). Abitato originariamente da pigmoidi , verso l’11° sec. d.C. era già stato occupato da agricoltori di lingua bantu (➔ ) e quindi da pastori, detti e hima. Il B. fu unificato forse a partire dal 16° sec. per opera del leggendario mwami («re») tutsi Ntare Rushatsi. Tuttavia il primo regno ben documentato è quello di Ntare Rugamba (ca. 1800-50), che ampliò lo Stato e stabilì una rete amministrativa territoriale. Mwezu Gisebo (1857-1906) resistette all’espansione del Ruanda e ai mercanti arabo-swahili e nyamwezi, e vide l’arrivo dei tedeschi. Il grado di interazione fra comunità hutu, tutsi e hima era molto alto, pur essendo i tutsi all’apice della gerarchia sociopolitica. Protettorato tedesco dal 1884, effettivamente occupato nel 1903, se ne impossessò nel corso della Prima guerra mondiale il Belgio (1916), che lo amministrò come mandato della Società delle nazioni dal 1922. Il potere coloniale accentuò e formalizzò il ruolo di dominio dei tutsi sulla maggioranza hutu. Le richieste di indipendenza iniziarono dopo la Seconda guerra mondiale. Le elezioni si tennero nel 1961 con la vittoria del partito monarchico Unité pour le progrès national (UPRONA) del principe Rwagasore, figlio del mwami Mwambutsa IV (1915-66); ma l’assassinio di Rwagasore acuì la frattura fra hutu e tutsi, che si era approfondita in connessione con i conflitti intercomunitari del vicino Ruanda. Il Paese conseguì l’indipendenza il 1° luglio 1962, mentre a complicare il quadro intervennero conflitti nella stessa élite tutsi. Nel 1965 un tentativo di colpo di Stato da parte di elementi hutu fu represso sanguinosamente. Nel luglio 1966 Mwambutsa IV fu destituito dal figlio, Ntare V, e in novembre il generale M. Micombero, un tutsi, abolì la monarchia e con essa il principale elemento di mediazione fra le comunità. Nel 1972 una rivolta hutu fu repressa ferocemente (causando fra 100 e 200.000 morti e 100.000 profughi) e nel 1976 il generale J.-B. Bagaza depose Micombero e avviò una riconciliazione, tentando fra l’altro la riforma agraria per eliminare il rapporto servo-padrone (➔ ) fra tutsi e hutu, ma scontrandosi con la potente Chiesa cattolica locale, che chiedeva cambiamenti più radicali. Nel 1987 prese il potere il maggiore P. Buyoya, che distese i rapporti con la Chiesa e iniziò una liberalizzazione politica, varando un gabinetto a maggioranza hutu (1988), senza riuscire però a evitare gravi scontri. Nelle elezioni del 1993, che posero fine al regime militare, Melchior Ndadaye, un hutu, fu eletto presidente, per venire però poco dopo ucciso da militari tutsi, scatenando reazioni e massacri e aprendo di fatto una guerra civile. Il presidente nominato dal Parlamento, Cyprien Ntaryamira, un hutu, morì nell’abbattimento dell’aereo su cui volava col suo omologo del Ruanda (1994): in quest’ultimo Paese l’evento fece da detonatore al catastrofico scontro tra etnie hutu e tutsi. Nel 1996 P. Buyoya riassunse il potere e nel 1998 varò una Costituzione transitoria, ma il conflitto civile proseguì. Un accordo di spartizione del potere (2001), raggiunto con la mediazione di N. Mandela, condusse nel 2003 alla presidenza di Domitien Ndayizeye, un hutu, e al patto di pace col principale leader hutu ribelle, Pierre Nkurunziza, eletto presidente dal Parlamento nel 2005. Tuttavia conflitti e scontenti per l’autoritarismo del governo hanno ritardato la stabilizzazione. Nel 2009 l’ultimo gruppo di opposizione armata ha deposto le armi.