BURONZO DEL SIGNORE (Signoris), Carlo Luigi
Nato a Vercelli il 22 ott. 1731 da Giuseppe e da Anna Teresa Berzetti, si laureò in utroque iure all'università di Torino il 26 giugno 1751 e, avviatosi alla carriera sacerdotale, fu ordinato prete il 6 ott. 1754. Ritornato a Vercelli, ebbe un canonicato presso il capitolo della cattedrale (1º maggio 1760), ma si sentì soprattutto attratto dagli studi eruditi. Spinto da tale passione, nel 1764 compì un lungo viaggio in Francia, Fiandra e Olanda, con l'intenzione di perfezionarsi negli studi paleografici: a Parigi ebbe proficui contatti con i benedettini di St.-Maur, conobbe Le Beau, segretario dell'Académie des inscriptions et belles-lettres, e l'abate J. J. Barthélemy, direttore del gabinetto numismatico reale. Nel viaggio di ritorno, passando da Ginevra, volle far visita al Voltaire, al quale in una lettera di presentazione confessava d'aver subito il fascino delle sue opere. In realtà il desiderio del B. era generato soltanto dalla curiosità di accostare un personaggio il cui nome dominava i salotti letterari alla moda: in fondo l'ecclesiastico piemontese era alieno da avventure intellettuali eterodosse. Del resto un altro tributo che il B. pagò alla moda settecentesca fu la sua produzione poetica di stile arcadico; infatti, entrato, come "pastore" Osiarco, nella colonia arcadica della Dora, lasciò una raccolta di rime (vedi il volume manoscritto Saggio dipoesie serie e giocose, nella Biblioteca civica di Vercelli). Frutto maturo dei suoi studi eruditi fu, invece, la pubblicazione delle Opere di Attone (Attonis SanctaeVercellarum ecclesiaeepiscopi Opera..., Vercellis 1768, in due volumi). Divenuto nel 1779 vicario generale del cardinale Filippo della Martiniana, vescovo di Vercelli, fu chiamato a sua volta a ricoprire, prima, la sede episcopale di Acqui (vi fu designato dal re di Sardegna il 20 sett. 1784 e consacrato dal cardinale G. S. Gerdil il 2 ottobre), poi quella di Novara (designazione del re sardo del 10 ag. 1791, conferma pontificia del 26 settembre), ove già si distinse come difensore valido delle posizioni conservatrici nell'ambito dei contrasti giurisdizionali: all'opera del B. Presso il sovrano sarebbe dovuta, tra l'altro, nel 1793, l'espulsione dal Regno del giansenista Paolo Lamberto D'Allegre, che sarà poi eletto vescovo di Pavia da Napoleone. Dopo la morte del cardinale Costa, arcivescovo di Torino, il B. fu chiamato nella capitale il 31 marzo 1797 come amministratore della diocesi, dopoché già il 2 nov. 1796 Carlo Emanuele IV lo aveva designato come nuovo arcivescovo: ma soltanto il 24 luglio 1797 la Curia romana dava il suo assenso. Nel suo nuovo incarico il B. fu uno dei principali artefici della svolta antigiurisdizionalistica che si verificò in Piemonte, dopo la morte di Vittorio Amedeo III e di Ignazio Corte. Sotto le pressioni del nuovo incaricato d'affari della S. Sede a Torino, Modestino Pellicani, che insisteva sulla necessità di giungere a un riordinamento della situazione religiosa e dell'insegnamento, Carlo Emanuele IV istituì una giunta ecclesiastica, con compiti che teoricamente dovevano essere soltanto consultivi, per vigilare sulla disciplina degli Ordini regolari, sugli studi e sulle qualità delle persone che potevano essere chiamate a conseguire le provvisioni canoniche. Questa giunta, della quale entrarono a far parte il B., C. G. Tardy, G. Bruno, D. Valfredo, V. M. Gianotti, P. Oggero, M. Sola, Carlo F. di Santa Dorotea, Conterno e il confessore del re, Tempia, fu un prezioso strumento per la manovra diretta all'eliminazione di due canonisti, che dalla cattedra dell'università di Torino combattevano aspramente le tesi curialistiche: G. B. Bono e M. Baudisson, giubilati per suggerimento della giunta il 24 ott. 1797. Nella precaria situazione in cui s'era venuta a trovare la S. Sede, in seguito agli avvenimenti rivoluzionari, Pio VI, dopo la sua espulsione da Roma, il 14 ag. 1798 addossava al B. con un breve nuove responsabilità, concedendogli una delega speciale per comunicare le facoltà canoniche ai vescovi di terraferma del Regno.
Prevedendo la possibilità che rimanessero vacanti alcune sedi vescovili, il breve disponeva che la delegazione, in mancanza di un arcivescovo, cadesse sul vescovo seniore della provincia; e nel caso rimanessero scoperte anche tutte le sedi suffraganee le facoltà sarebbero state affidate ai vicari capitolari delle chiese metropolitane. Tali facoltà comprendevano: le dispense matrimoniali; l'assoluzione da censure riservate alla S. Sede; la dispensa da irregolarità per gli ordini sacri; la provvista dei benefici riservati (esclusi i canonicati e le dignità delle chiese cattedrali o collegiate) e dei benefici semplici; la facoltà di affittare i beni ecclesiastici per oltre un triennio; la concessione ai regolari di rimanere fuori dal chiostro; la concessione di indulgenze plenarie in punto di morte; la facoltà di alienare e permutare i beni ecclesiastici.
Dopo l'occupazione del Piemonte da parte delle truppe francesi, il B. il 12 dic. 1798 pubblicò una Lettera pastorale, inneggiante alla "grande nazione trionfatrice", che se può esser interpretata come un cedimento ai rivoluzionari rimaneva, pur sempre un invito alla moderazione ("Usate della libertà acquistata, ma la libertà sia cristiana... e non permettete che essa declini in licenza. La vera libertà è madre delle virtù religiose e sociali, la licenza al contrario è madre dei vizi": vedi Chiuso, p. 54). Contemporaneamente, in una circolare ai parroci, ricordava loro il dovere di ubbidire alle autorità costituite condannando ogni resistenza ad esse.
Più tardi quando l'annessione del Piemonte alla Francia e l'arrivo di Joseph Musset, incaricato nel marzo 1799 di procedere alla riorganizzazione politica e amministrativa del territorio, provocarono un gran fermento tra la popolazione, il B. si prestò a collaborare con le autorità francesi.
Egli pubblicò infatti per suggerimento del Musset una nuova Lettera pastorale, in cui, invitando alla calma la popolazione, negava che "il governo attuale possa essere disdetto dall'Evangelio, contrario o sfavorevole alla religione"; anzi, secondo un procedimento caratteristico comune ai cattolici che più o meno sinceramente aderirono ai rivolgimenti rivoluzionari questi sono dal B. interpretati in chiave moralistica e lodati poiché "al comparire della democrazia, come al soffio di un vento benefico, è svanito quel lusso, quel fasto sì condannato dalla legge evangelica, legge di moderazione, d'umiltà, di distacco" e si sono avute delle condizioni per osservare meglio la volontà di Dio (Chiuso, p. 81).
Dopo aver ottenuto di visitare per pochi minuti Pio VI, che veniva deportato in Francia (aprile 1799), il B. invitò ancora alla calma la popolazione mentre nel maggio serpeggiava l'insorgenza sanfedista, ma si schierò decisamente per la reazione quando ebbero il sopravvento gli eserciti austro-russi guidati dal Suvorov, e a lui fu attribuita da G. Morardo la responsabilità dell'arresto di molti ecclesiastici compromessi con il governo repubblicano. Nel giugno del 1800, al ritorno dei Francesi, il B. fuggì da Torino, recandosi prima a Roma e poi a Napoli, ove ricevette dal sovrano in esilio Carlo Emanuele IV la carica di grande elemosiniere e il collare della SS. Annunziata (gennaio 1801); il 2 nov. 1801 fu nominato da Pio VII assistente al soglio pontificio. Frattanto a Torino la commissione esecutiva aveva deciso (15 ott. 1800) che i redditi della mensa arcivescovile fossero devoluti per i due terzi all'Ospedale generale di carità di Torino, mentre nel palazzo arcivescovile veniva insediata la commissione militare che doveva giudicare gli accusati di insubordinazione al governo. Queste decisioni erano state indirettamente causate dalla violenta campagna di stampa promossa da Gaspare Morardo con vari articoli sul Giornale degli ecclesiastici e con la Lettera... a Carlo Luigi detto Buronzo del Signore,vescovo di Torino, Grenoble a. VIII [1800], in cui accusava il B. di aver incoraggiato le stragi delle bande reazionarie di Branda de' Lucioni e di aver permesso l'arresto di molti ecclesiastici compromessi; invano difesero il B. con due opuscoli Gaetano Soleri e Vittorio Gerbone. Rientrato a Torino nel 1802, il B. si recò nell'ottobre a Parigi per evitare la riduzione delle diocesi piemontesi, ma ottenne ben poco: infatti furono soppresse le diocesi di Susa, Pinerolo, Fossano, Alba, Tortona, Bobbio, Casale, Biella e Aosta. Ormai in disgrazia presso Napoleone, quando il 24 apr. 1805 si recò ad ossequiare l'imperatore francese di passaggio a Torino il B. si sentì rimproverare aspramente per il suo attaccamento alla casa Savoia. Perciò, consigliato in tal senso anche da Pio VII, egli ritenne opportuno dare le dimissioni il 24 giugno 1805 e ritirarsi a Vercelli, ove morì il 23 ott. 1806.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Proc. Dat., vol. 311, ff. 183 ss.; Carteggi di giansenisti liguri, a cura diE. Codignola, III, Firenze 1942, pp. 326, 465; G. Semeria, Storia della Chiesa metropolitana di Torino, Torino 1840, pp. 370-374; C. Dionisotti, Notizie biogr. dei Vercellesi illustri, Biella 1862, pp. 35-39; A. Bosio, Pedemontii sacri dissertatio altera de Taurinensibus archiepiscopis: Buronzo del Signore Carlo,in Historiae patriae monumenta,Scriptores, IV, Augustae Taurinorum 1863, coll. 1707-1710; F. G. Napione, Elogio di monsignore C. L. B. del Signore già arcivescovo di Torino tra' pastori della Dora Osiarco,ibid., coll. 1710-17; T.Chiuso, La Chiesa in Piemonte dal 1797 ai giorni nostri, II, Torino 1888, passim; A. Manno, Il patriziato subalpino, II, Firenze 1906, p. 459; C. Calcaterra, Il nostro imminente Risorgimento, Torino 1935, pp. 75, 115; P. Savio, Devozione di mgr. A. Turchi alla S. Sede, Roma 1938, pp. 472, 498; P. Stella, Giurisdizionalismo e giansenismo all'univ. di Torino nel sec. XVIII, Torino 1958, pp. 22 ss.; Dict. d'Hist. et de Géographie Ecclésiastiques, X, col. 1387; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, VI, Patavii 1958, pp. 93, 315, 395.