BUROCRATIZZAZIONE
Per b. s'intende l'estendersi nella società delle forme organizzative, delle procedure, dei comportamenti e della mentalità propri della burocrazia, originariamente tipica dell'organizzazione statale. L'aumento di complessità delle società contemporanee ha, infatti, favorito uno sviluppo dei processi burocratici in misura così accentuata da rendere evidente una b. diffusa, ormai non più limitata agli ambiti istituzionali abituali ma estesa ad altri contesti sociali che in passato risultavano meno formalizzati (Newman 1980). Non si è, dunque, ancora verificato quanto aveva previsto W. G. Bennis, che nel 1965 (ma cfr. anche Bennis 1979) parlava di una scomparsa della burocrazia nel giro di 25÷50 anni, sostituita da gruppi di esperti in grado di risolvere problemi specifici.
Nel frattempo, invero, la rapida diffusione di computer e di programmi informatici (Inbar 1979) ha reso ancor più rigidi e vincolanti gli strumenti della burocrazia, con una conseguente quasi totale rinuncia all'intervento mediatore del tradizionale burocrate ormai sovrastato da nuove figure che sono emerse grazie a una loro particolare qualificazione nel campo del trattamento computeristico dei dati. Così in Italia la pubblica amministrazione, i ministeri, gli enti pubblici, le regioni, i comuni, le aziende municipalizzate e le unità sanitarie locali hanno registrato una forte b. informatica, con cospicui investimenti sia in hardware che in software al fine di superare i vecchi archivi cartacei, sostituendoli con archivi elettronici che comportano una notevole standardizzazione delle procedure.
Altri processi in atto sono quelli della creazione di alcune categorie di specialisti, come gli addetti alla burocrazia internazionale, o della ricerca nel lavoro burocratico di soluzioni alternative d'impiego (come nel caso del cosiddetto part-time burocratico).
Invero, nonostante l'annuale immissione di quasi 100.000 burocrati nei ministeri e nelle aziende pubbliche, l'Italia non risulta il paese più burocratizzato d'Europa, dato che i dipendenti pubblici toccano il 15,3% dell'insieme degli occupati, mentre in Francia si è al 16% e in Svezia al 31,3%. I burocrati pubblici in Italia sono circa 3.500.000, con quasi 300.000 posti in organico ancora da coprire. Il piano delle assunzioni è però abbastanza ridotto a seguito dei problemi di bilancio statale; ci si limita pertanto allo stretto necessario consentito dal turn over.
Una tendenza sempre crescente è quella della gestione di tipo manageriale che rende, almeno in alcuni casi (specialmente nelle aziende pubbliche), abbastanza omologo il settore pubblico rispetto al privato. Questo significa che con maggior frequenza la burocrazia riesce a occupare gli spazi che apparterrebbero alla gestione politica (Putnam e altri 1981). Vi è soprattutto una managerialità burocratica che si estende a macchia d'olio e burocratizza vieppiù le strutture più importanti a livello pubblico.
Secondo Ferraresi (1980, p. 55), "si creano dei vuoti di potere nei quali è possibile un inserimento delle forze burocratiche. Quando queste, per le loro caratteristiche politiche e strutturali, sono in grado di occupare tali vuoti, assumono un ruolo sociale dominante, contribuendo a mantenere in posizione secondaria o subordinata gli organismi istituzionali di vertice, come parlamenti e governi". Così la b. investe ambiti ancor più ampi.
In tal modo il potere burocratico cresce in misura esponenziale rispetto all'aumento degli ambiti investiti dalla b., i cui condizionamenti risultano strategici per il raggiungimento di obiettivi rilevanti. Per es. pochi burocrati in grado di gestire i processi informatici riescono agevolmente a bloccare la macchina dello stato, il pagamento degli stipendi o il flusso di comunicazioni indispensabili. In pratica alla vecchia arma del timbro e/o della firma si è sostituita (o solo aggiunta) quella del tasto giusto da pigiare o del codice segreto da usare per l'accesso a un file o a una banca dati.
L'espansione quantitativa del fenomeno burocratico ha fatto anche parlare di una ''elefantiasi'' burocratica, iniziata sin dal secolo scorso (all'indomani della creazione dello stato unitario). Negli ultimi cento anni, in effetti, gli impiegati sia del settore pubblico che di quello privato si sono moltiplicati per venti o trenta, secondo i diversi servizi, sicché oltre 3 dipendenti su 10 operano in campo burocratico. In generale le cifre relative ai lavoratori occupati nella burocrazia privata sono abbastanza vicine a quelle dei dipendenti statali. L'incremento della b. (Beetham 1987) rimane piuttosto costante anche in tempi di recessione economica, in quanto assolve altresì la funzione di assorbire almeno in parte la massa di disoccupati.
Vari problemi nascono dal contrasto fra la celerità delle tecnologie avanzate di tipo informatico in uso presso molte strutture burocratiche e la lentezza degli apparati giuridici, dei vari passaggi di competenze e controlli, dei sistemi organizzativi del lavoro e delle mansioni, con pesanti effetti negativi in termini di efficacia e tempestività. La conseguenza più macroscopica di tale processo di b. − troppo estesa per poter essere gestita senza molte difficoltà − è data dalla privatizzazione del rapporto fra operatori burocratici e utenti. Infatti ciò che dovrebbe essere un servizio normale si trasforma in intervento eccezionale (quasi di favore ad personam), dunque in merce di scambio nonché in esercizio di potere. Non a caso si registrano numerosi interventi nel campo del volontariato a servizio dei cittadini, per difenderne i diritti di uguaglianza nei riguardi delle istituzioni e della burocrazia e per favorire la partecipazione (Matejko 1979 e 1980). Le stesse comunità locali si attivano in questa direzione dopo il fallimento delle agenzie pubbliche (Doughton 1980), ma esistono anche altre alternative di base a carattere collettivo (Rothschild-Whitt 1979).
Inoltre la b. spinta in termini di massima informatizzazione sembra perpetuare alcune differenze e diseguaglianze già presenti nella stratificazione sociale. Così le categorie più privilegiate continuano a godere di vantaggi maggiori, hanno migliori possibilità di carriera, assumono più facilmente compiti manageriali, mentre gli altri (e soprattutto le donne) restano ai livelli meno qualificati (Vost, Wagner 1988). In pari tempo però nuove opportunità si offrono a quanti riescono a raggiungere una buona preparazione in campo informatico.
Bibl.: W. G. Bennis, Response to Shariff: beyond bureaucracy baiting, in Social Science Quarterly, 60 (1979), pp. 20-24; M. Inbar, Routine decision-making: the future of bureaucracy, Beverly Hills (Cal.) 1979; A. Matejko, From the crisis of bureaucracy to the challenge of participation, in Management and complex organizations in comparative perspective, a c. di R. Mohan, Westport (Conn.) 1979; J. Rothschild-Whitt, The collectivist organization: an alternative to rational-bureaucratic models, in American Sociological Review, 44 (1979), pp. 509-27; M. J. Doughton, People power: alternative to runaway bureaucracy, in Futurist, 14 (April 1980), pp. 13-22; F. Ferraresi, Burocrazia e politica in Italia, Bologna 1980; A. Matejko, The obsolescence of bureaucracy, in Relations Industrielles, 35 (1980), pp. 467-93; K. Newman, Incipient bureaucracy: the development of hierarchies in egalitarian organizations, in Hierarchy and society: anthropological perspectives on bureaucracy, a c. di G. M. Britan e R. Cohen, Filadelfia 1980; F. Ferraresi, U. Romagnoli, T. Treu, Il sindacato nella pubblica amministrazione. La contrattazione collettiva negli enti pubblici: esperienze e ricerche, Roma 1981; R. D. Putnam, J. D. Aberbach, B. A. Rockman, Bureaucrats and politicians in western democracies, Cambridge 1981; La burocrazia parlamentare. Atti della Camera dei Deputati, Roma 1983; A. T. Payad, Organization behavior in american public administration: an annotated bibliography, New York 1986; D. Beetham, Bureaucracy, Minneapolis 1987; A. Vost, I. Wagner, Inequality in the automated office: the impact of computers on the division of labour, in International Sociology, iii, 2 (June 1988), pp. 129-54.