BURLAMACCHI
Famiglia nobile lucchese che si distinse particolarmente nella mercatura e nella politica nei secc. XIV-XVI.
La tradizione erudita lucchese fa risalire il nome Burlamacco agli inizi del sec. XIII quando sarebbe vissuto un Buglione Burlamacchi. Dal figlio Brunetto sarebbero nati un altro Brunetto, detto Nettoro (da cui un Ciomeo, morto nel 1335), e Baldinotto, da cui un Pietro, padre di Niccolò, detto Coluccio, da cui discendono tutti i Burlamacchi.
L'unica indicazione fornita dai cultori lucchesi delle memorie patrie per risalire alle più antiche origini della famiglia è un documento del 1262 in cui si incontra un figlio di Baldinotto, Trasmondino, patrono della chiesa di S. Maria Filicorbi, che è detto "Burlamacchi de Avanensibus". Ciò potrebbe far pensare a una immigrazione (tuttavia non recentissima: nel 1197 è attestata a Mastiano, non lontano da Lucca, una "terra filiorum Avanensium") dal piccolo centro di Avane, nel Valdiserchio pisano, presso il confine con la Lucchesia.
Fin dal 1278 i B. risultano fra i guelfi e nel 1308 "omnes et singuli filii Burlamacchi" sono elencati fra i "potentes et casatici" esclusi da tutte le cariche pubbliche. Altra testimonianza del peso rilevante della famiglia già alla fine del sec. XIII è data dalla sede della "camera lucani comunis" "in domo filiorum Burlamacchi", in quella parrocchia di S. Alessandro maggiore che resterà per secoli la residenza della famiglia e dove è attestata, già nel Trecento, una "domus magna" dei Burlamacchi.
All'inizio del sec. XIV Pelloro, Geri e Mondinello del fu Coluccio risultano mercanti e fra loro associati. Il 7 luglio 1317 Pelloro fu scelto dagli Anziani fra i "sapientes" incaricati di eleggere Castruccio Castracani capitano generale per dieci anni. Nel 1335 Geri spediva da Pisa a Nizza sulla nave di un genovese merci per 1454 fiorini; sappiamo che era già morto nell'agosto del 1342 quando i suoi eredi compilavano l'inventario dei beni. Da Geri sarebbero nati un Angelo e un maestro Matteo trasferitisi in Sicilia nella prima metà del Trecento; un figlio di Angelo, Antonio, sarebbe poi venuto a Lucca da Agrigento nel 1378, "per sapere se di questa medesima famiglia v'era più vivo alcuno" (Baroni, c. 307).
Figli di Geri furono Arrigo, e Pietro. Quest'ultimo morì prima del 1367 lasciando erede il figlio Gherardo che, sulle orme dello zio Arrigo, rimasto senza discendenza, fu uno dei principali mercanti lucchesi della fine del sec. XIV. Arrigo, che troviamo attestato presso la Corte dei mercanti come arbitro nel 1370 e che l'anno successivo era fattore della compagnia di Luiso Boccella, fu anziano nel 1371, 1376, 1380, 1381. Nel 1376 conseguì l'anzianato anche suo nipote Gherardo, attestato a Lucca presso la Corte dei mercanti nel 1375, a Parigi nel 1378, in relazioni d'affari con Andrea di Tici, mercante in Avignone, e a Lucca per il suo secondo anzianato nel 1383. Nel 1381 Arrigo e Gherardo erano fra i fattori della compagnia di Simone, Bartolomeo, Iacopo Boccella e Lando Moriconi: Arrigo era a Lucca, dove morì prima della fine del 1383, Gherardo rappresentava la società a Parigi, dove sappiamo che era di nuovo nel 1385. È probabile che si debba identificare con Gherardo il mercante Burlamacchi che risiedeva a Bruges nel 1369 e che il De Roover cita come Giorgio, sebbene in almeno uno dei documenti in cui compare sia detto "Gerart" (Money,banking..., pp. 372, 376). Rientrato a Lucca, Gherardo venne eletto, nel 1387, gonfaloniere, primo della famiglia; dopo un nuovo anzianato nel 1390, fu chiamato al gonfalonierato per il marzo-aprile 1391: l'elezione fu senza dubbio dovuta all'appoggio dei Forteguerra, mercanti fra i maggiori di Lucca, cui egli era legato. E infatti, quando l'anno successivo venne ucciso, il 12 maggio, il gonfaloniere Forteguerra de' Forteguerra, la Balia subito eletta dalla fazione dei Guinigi mandò al confino Gherardo, che si ritirò a Venezia dove continuò le sue attività mercantili; nell'agosto del 1397 chiese di trasferirsi da Venezia a Bologna per timore della pestilenza. Alla fine del secolo Gherardo era forse già rientrato a Lucca, dove nell'estimo del 1399 gli venne attribuito un capitale, notevole ma non fuori del comune, di 3.255 fiorini.
Dei cinque figli maschi di Gherardo, Piero morì fanciullo nel 1383; Arrigo fu avviato alla carriera ecclesiastica e fu canonico di S. Frediano di Lucca; Giovanni, Niccolò e Michele furono mercanti.
Giovanni risiedeva a Lucca ed era in compagnia col fratello Niccolò intorno al 1426. In quell'anno fu console dell'arte della seta; ne fu poi consigliere nel 1427, 1431, 1432, 1433 e 1434. Nel marzo del 1430 è elencato fra i centotredici mercanti lucchesi che elessero il rettore dello Spedale di S. Luca della Misericordia. Fu anziano nel 1432 e nel 1435. Nella primavera-estate del 1431 fu inviato a Genova per procurare vettovaglie per la Repubblica. Nel maggio-giugno 1436 partecipò alla congiura di Lazzaro e Marco Antonio di Francesco di Poggio che portò all'uccisione di Pietro Cenami; il 27 giugno venne condannato a morte, ma il Consiglio commutò poi la sentenza in carcere a vita in considerazione dei meriti dei suoi fratelli Niccolò e Michele. Tre anni dopo la pena venne commutata e Giovanni fu condannato all'esilio perpetuo; egli scelse come residenza Palermo dove giunse il 19 maggio 1439.
Oltre a una figlia Brigida, moglie di Battista di Giuseppe di Poggio, Giovanni ebbe un figlio Girolamo da cui conosciamo: Niccolò, fattore nel 1488 della "Giovanni Guinigi, Lorenzo Dati e C.", Arrigo, che nello stesso anno era "giovane di bottega" della "Gregorio del Portico e C.", e infine Lorenzo e ser Giovanni. Giovanni fu uno dei notai lucchesi più affermati nei primi decenni del sec. XVI e in particolare fu notaio di fiducia dei Burlamacchi in tutti i numerosi rami in cui erano ormai divisi. Nel 1541 ser Giovanni fu condannato alla galera a vita per complicità nell'omicidio compiuto da suo figlio Giuseppe, che, dopo aver rubato 900 scudi dalla cassa del banco del cugino Niccolò Burlamacchi, uccise il cognato Giovanni Tucci, cassiere del banco. Da Arrigo di Girolamo si conosce il solo figlio Gioacchino, frate di S. Romano. Da Niccolò di Girolamo si conoscono il setaiolo Filippo (da cui il mercante Benedetto attivo a Parigi e a Venezia nella seconda metà del sec. XVI) e Domenico. Abbastanza fortunato in campo mercantile fu il figlio di Lorenzo di Girolamo, Frediano, nato nel 1514 e trasferitosi in Fiandra fin dal 1530 al servizio della compagnia B.; rientrò a Lucca nel 1539 e cinque anni dopo ritornò in Fiandra. Nel 1550 sposò ad Anversa una fiamminga che gli portò indote 4.000 scudi. Rientrò a Lucca nel 1564. Dei suoi figli Lorenzo, anch'egli mercante, sposò Chiara di Paolo Buonvisi con dote di 3.000 scudi; nel 1599 era il più ricco dei B. con un capitale di 12.000scudi. Se si tien conto, inoltre, che suo fratello Federico (sposato a Giulia Buonvisi) possedeva nello stesso anno un capitale di 8.500 scudi e che venti nuclei familiari Burlamacchi di tutti i rami non raggiungevano che la modesta somma di 94.000 scudi, possiamo concludere che Frediano e i suoi figli furono gli unici dei B. a non veder declinare le loro fortune nel corso del sec. XVI.
Niccolò di Gherardo fu senza dubbio il maggior rappresentante della famiglia in campo mercantile e politico nella prima metà del sec. XV. Dapprima iscritto all'arte degli orefici e dei cambisti passò all'arte maggiore, quella della seta, nel 1419. Fu console della prima nel 1415 e per due volte nel 1417; fu console della seconda nel 1419, 1421, 1423, 1425, 1427, 1429, 1431, 1433; fu consigliere per l'arte del cambio nel 1416 e 1418, per l'arte della seta nel 1420, 1422, 1424, 1426, 1428, 1430, 1432 e 1434; fu "provvisor zaffarani" nel 1434; come invitato o come incaricato di particolari mansioni appare sempre attivo presso la Corte dei mercanti negli anni fra il 1415 e il 1434, che sono gli unici della prima metà del Quattrocento per i quali sussista un'esauriente documentazione. Sulla sua attività di mercante non si possiedono che scarse testimonianze: nel 1409 è detto cambista, nel 1413 agiva da solo tanto in un cambio con Parigi, quanto in una causa contro un tessitore. Due anni dopo agiva invece "tamquam factor societatis... Baldassarris de Guinigis et Andree Antonii": era cioè passato al servizio di una delle compagnie dei nemici politici di suo padre che avevano ora in mano il potere sotto la guida signorile di Paolo Guinigi. A partire dal 1423, e almeno fino al 1427, troviamo attestata la compagnia "Niccolò Burlamacchi e C.", che venne probabilmente rinnovata fino al 1449, quando Niccolò morì; nel 1443 è ricordata in contrada di S. Alessandro Maggiore l'"apotheca" di Niccolò e di suo fratello Michele. Dopo la caduta di Paolo Guinigi, Niccolò fece parte dei Dodici della Balia incaricati di restaurare il governo democratico. Nel febbraio 1433 fu ambasciatore a Firenze e poi a Siena presso l'imperatore. Fu gonfaloniere nel 1431, 1435, 1439 e 1446, e anziano nel 1431, 1437, 1441 e 1445. Nel 1438 fu ambasciatore a Milano e siglò a Pisa l'accordo fra Lucca e Firenze.
La discendenza di Niccolò non andò oltre i figli Gasparo e Pietro, entrambi morti prima della fine del secolo. Le sue figlie - tranne Maddalena che fu monaca di S. Domenico di Pisa - si sposarono con appartenenti alle maggiori famiglie lucchesi.
Michele di Gherardo, al pari dei fratelli Giovanni e Niccolò, fu dedito al commercio ed ebbe in moglie una figlia del grande mercante lucchese Filippo di Guido Rapondi. Nel 1407 era garzone della "Baldassarre di Niccolò Guinigi, Giovanni di Michele Guinigi, Niccolò e Lorenzo di Lazzaro Guinigi, Andrea di Antonio Frediani e C.". Nel 1413 era a Parigi. Fu anziano nel 1438, 1442 e 1446; gonfaloniere nel 1436, 1440, 1444 e 1448; fu oratore a Milano nel 1438. Morì nell'aprile 1448 lasciando tre figli: Giovanni, Pietro e Adriano, e due figlie: Caterina, moglie di Giusfredo di Pietro Cenami, e Pietra monaca in S. Domenico di Pisa.
Delle notevoli ricchezze dei figli di Michele e di Niccolò Burlamacchi è testimonianza in un accordo di divisione del 1469, in cui sono elencate la "magna domus", le torri, le case e i poderi dei vari membri della famiglia, tutti definiti "nobiles viri": fra questi beni faceva spicco il lago di Massaciuccoli che, passato in larga parte, per ragioni dotali, ai Guidiccioni, fu oggetto di cause prolungatesi fino alla metà del sec. XVI fra le due famiglie.
Anni dopo, morto Adriano (mercante a Lione nel 1474-75). cui sopravvissero i figli Pietro e Tommaso, rimasti senza discendenza, gli altri due fratelli Giovanni e Pietro provvidero a un'ulteriore divisione di beni; da questa data possiamo fissare una nuova biforcazione nella famiglia Burlamacchi.
Giovanni di Michele, nato nel 1439 e morto prima del 1506 (del quale si ricorda fra l'altro la costruzione di un mulino a S. Maria del Colle e che fu dieci volte anziano fra il 1473 e il 1491), ebbe dalla moglie Costanza di Giovanni Trenta tre maschi, Vincenzo, rimasto senza discendenza, Tommaso e Girolamo. Da Tommaso, morto nel 1533, ricorderemo Alessandro, pubblico sensale, Romano, Paolo e Bernardino. Da Romano (la cui vedova nel 1599 possedeva un patrimonio di 2.300 scudi) nacquero Cesare (i cui eredi avevano nel 1599 un patrimonio di 6.000 scudi) e Tommaso; quest'ultimo ebbe due figli, Paolo e Bernardino.
Pietro di Michele, anziano nel 1468, 1470, 1472, 1474,1477, 1480, fu padre di quattro figli, uno dei quali fu il domenicano fra' Pacifico. Gli altri tre, Michele, Iacopo e Gherardo furono nei primi decenni del Cinquecento fra i maggiori mercanti e uomini politici lucchesi. Mentre Iacopo non ebbe figli, nella discendenza di Gherardo s'incontrano l'omonimo postumo che ha lasciato un importante Diario, il mercante Ippolito di Vincenzo di Gherardo e suo fratello Fabrizio che aderì alla Riforma alla fine del secolo stabilendosi a Ginevra. Fra i figli di Michele, oltre ai mercanti Stefano, Adriano e Niccolò (quest'ultimo con il figlio Ferrante anch'egli dedito alla mercatura), troviamo il più noto dei B., Francesco, autore della sfortunata congiura antimedicea dell'anno 1546.
Da Francesco, attraverso il figlio Michele, emigrato da Lucca nel 1567 per motivi religiosi, prende origine un altro ramo ginevrino della famiglia; da Federico, giureconsulto e altro figlio di Francesco, deriva il più importante dei rami lucchesi della famiglia.
Fonti e Bibl.: Lucca, Bibl. governativa, ms. 1941: Gherardo Burlamacchi, Diario (sec. XVI), pp. 2 ss.; ms. 1108: G. V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi (sec. XVIII), cc. 229 s. (notizie varie sulla famiglia B. nei secc. XIII-XV), 233 (Trasmondino di Baldinotto, 1262), 234 ("terra filiorum Avanensium", 1197; "domus filiorum Burlamacchi", 1294), 235 (Pelloro, Mondinello e Geri, 1309), 241 (Pelloro e Geri, 1316; Alessandro di Tommaso, 1569), 248 (B. e Guidiccioni per il lago di Massaciuccoli, 1541), 249 (Niccolò di Gherardo, 1448), 256 (Giovanni e Pietro, 1474), 259 (Niccolò di Gherardo, 1409), 266 (eredi di Geri, 1342), 269 ("domus magna" dei B., sec. XIV), 294 e 296 (eredi di Michele e di Niccolò di Gherardo, 1462-69), 301, 344 (Domenico di Niccolò di Girolamo, 1548-1563), 307 ss., 318 ss. (notizie varie sulla famiglia B., secc. XV-XVI), 316 (Brigida di Giovanni, 1489), 336 (ser Giovanni di Girolamo e figli Agostino e Giuseppe, 1541), 349 (Tommaso di Paolo di Tommaso, 1569), 351 (Frediano di Lorenzo, 1571), 363, 371 (Lorenzo di Frediano, 1581-1587), 365 (Tommaso di Romano, 1586-87); Archivio di Stato di Lucca, Comune,Corte dei mercanti, n. 14, c. 48 (Arrigo di Geri, 1370); n. 17, cc. 105-106v, 123, 142, 149v, 152, 154, 156, 174, 182 (Giovanni di Gherardo, 1426-1434), passim (Niccolò di Gherardo, 1415-1434); n. 82, c. 6 (Arrigo di Geri, 1371); n. 83, c. 4v (idem, 1373); n. 84, c. 9v (Arrigo di Geri, Gherardo di Pietro, 1381); n. 85, c. 22 (Michele di Gherardo, 1407); n. 86, cc. 3 (Niccolò di Girolamo, 1488), 6 (Arrigo di Girolamo, 1488); n. 881 c. 32 (Tommaso di Romano, 1583); n. 95, c. 47 (Niccolò di Gherardo, 1413); n. 97, passim (idem, 1423-24); n. 140, c. 164v (Gherardo di Pietro, 1375); n. 144, cc. 5v ss., 128 (Niccolò di Gherardo); n. 145, passim (idem, 1415); n. 147, c. 142 (idem, 1424); n. 149, c. 132 e passim (idem, 1427); Ibid., Notari, n. 761 (ser Benedetto Franciotti), cc. 102v (Giovanni di Michele), 273 (Lorenzo di Girolamo), 244, 308 (Niccolò di Girolamo), 283 (Tommaso di Girolamo); Archivio di Stato di Firenze, Notarile antecosimiano, R 243 (1458-63), cc. 5v-6 ("Petra Michaelis Burlamacchi" monaca in Pisa, 1458); Lucca, Archivio notarile, n. 49 (ser Giovanni di Girolamo, testamenti); Archivio di Stato di Lucca, Regesti, II, Carteggio degli Anziani, a cura di L. Fumi, Lucca 1903, ad Indicem; III, a cura di L. Fumi e E. Lazzareschi, ibid. 1925, parte 1; parte 2, n. 926 (Michele, 1413); IV, a cura di L. Fumi, ibid. 1907, ad Indicem; V, a cura di E. Lazzareschi, Pescia 1943, ad Indicem;G. Tommasi, Somm. della storia di Lucca dall'anno MIV all'anno MDCC, in Arch. stor. ital., t. X (1847), pp. 271 (Gherardo di Pietro, 1392) 322 (Giovanni di Gherardo, 1436); App., p. 26 ("omnes et singuli filii Burlamacchi", 1308); G. Sercambi, Le croniche, a cura di S. Bongi, Roma 1892, I, pp. 262, 285; III, p. 346; Libro della comunità dei mercanti lucchesi in Bruges (1377-1404), a cura di E. Lazzareschi, Milano 1947, p. 291 (Frediano di Lorenzo, c. 1560); Il memoriale di Iacopo di Coluccino Bonavia,medico lucchese (1373-1416), a cura di P. Pittino Calamari, in Studi di filologia ital., XXIV(1966), p. 373 (Gherardo di Pietro, 1392); T. Bini, Sui Lucchesi a Venezia. Memorie dei secoli XIII e XIV, in Atti dell'Imp. e R. 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