BURKINA FASO
Demografia e geografia economica. Storia
Demografia e geografia economica di Lina Maria Calandra. – Stato interno dell’Africa occidentale. La popolazione (14.017.262 abitanti al censimento 2006; 17.419.615 secondo una stima UNDESA, United Nations Department of Economic and Social Affairs, del 2014), costituita da circa 60 diversi gruppi (50% Mossi e l’altra metà soprattutto Peul, Lobi, Bobo, Gurmantché, Dyoula), cresce al ritmo di 2,8%, con una speranza di vita alla nascita di 56,3 anni e un tasso di alfabetizzazione del 36%. Il 29% degli abitanti vive in aree urbane, soprattutto Ouagadougou, la capitale (2.565.000 ab., secondo una stima del 2014), e Bobo-Dioulasso (quasi 700.000 ab.). Nonostante il miglioramento delle condizioni sociali e la crescita economica degli ultimi anni, il Paese permane povero (PIL pro capite a parità di poteri d’acquisto, PPA, di 1726 $ nel 2014), con un’economia agropastorale (81% della forza lavoro) esposta a siccità ricorrenti. Il Paese esporta cotone, arachidi, bestiame e oro, ed è al 181° posto dell’Indice di sviluppo umano.
Storia di Paola Salvatori. – Paese con un reddito pro capite fra i più bassi del mondo, il B. F. continuò a essere soggetto al monopolio politico del Congrès pour la démocratie et le progrès (CDP) al potere con il suo leader, Blaise Compaoré, dal 1987 in seguito a un colpo di Stato. Malgrado la cancellazione del debito internazionale decretata nel 2005, il governo non riuscì a risollevare l’economia che restò ancora prevalentemente di sussistenza. L’estrema povertà alimentò negli anni il malessere sociale e nel corso del 2011 il Paese fu teatro di un’ondata di ammutinamenti militari e proteste sociali contro il carovita, la disoccupazione giovanile e l’inadeguatezza dei servizi sanitari e del sistema educativo. Nel 2013, l’approvazione di una legge per l’istituzione del Senato (composto da 89 seggi, di cui 29 di nomina presidenziale, 39 riservati alle collettività territoriali e 21 destinati ai rappresentanti della società civile) provocò la dura reazione della popolazione e delle forze di opposizione che contestavano gli onerossissimi costi di gestione e temevano che la nuova Camera potesse diventare uno strumento per facilitare la revisione della Costituzione riguardo ai limiti imposti ai mandati presidenziali (non più di due consecutivi). Contro questa ipotesi di revisione, che avrebbe permesso a Compaoré di ricandidarsi nel 2015, e contro il referendum proposto per la sua approvazione, si creò una spaccatura all’interno dello stesso partito di governo e nel corso del 2014 si svolsero numerose manifestazioni di protesta la cui intensità crebbe con il passare dei mesi. Alla fine di ottobre Compaorè fu costretto a dimettersi e a lasciare il Paese. Il potere fu assunto dal luogotenente colonnello Isaac Zida. L’ONU e l’Unione Africana ritennero illegittimo l’intervento dell’esercito e fecero pressioni per un rapido ritorno ai poteri civili. In novembre si giunse infine a un accordo che prevedeva il ritorno alle urne entro un anno.
Michel Kafando, ex ambasciatore all’ONU, veniva nominato presidente di transizione mentre Zida assumeva la carica di primo ministro.