BURALLI, Giovanni (fra' Giovanni da Parma), beato
Nacque a Parma intorno al 1208 da Alberto e da Antonia Bertani. Fu allevato da uno zio paterno, sacerdote e rettore dell'ospedale di S. Lazzaro in Parma, che lo fece studiare. Divenne in seguito maestro di logica nella sua città. Salimbene (p. 433) ci informa che, finché fu nel secolo, era detto magister Iohanninus, e aggiunge che riceveva anche l'appellativo "di S. Lazzaro" in ricordo del luogo in cui era stato allevato. Forse nel 1231, intorno ai venticinque anni, entrò nell'Ordine dei frati minori. Continuò gli studi e quindi insegnò a Parigi, Bologna, Napoli. Il 13 luglio 1247, nel capitolo generale tenuto a Lione, il B., ormai celebre per la dottrina e la santità della vita, fu eletto ministro generale dell'Ordine in successione di fra' Crescenzio da Iesi.
Non è possibile stabilire dove abbia studiato una volta entrato nell'Ordine, né quale titolo accademico abbia conseguito prima di diventare ministro generale. Salimbene scrive: "magnus theologus fuit et magnus disputator. Parisius Sententias legit. In conventuBononie lector fuit et in Neapolitano conventu multis annis" (pp. 433 s.); secondo la Chronica XXIV Generalium fuelevato al generalato "de studio Parisiensi, ubi sententias legerat" (p. 270) e in modo analogo si esprime il Chronicon XIV vel XV Generalium (p. 697). Per Bartolomeo da Pisa fu "theologiae magister" (pp. 512 e 523); per Tommaso da Eccleston fu "lector, qui sententias cursorie legerat Parisiis". (ed. 1951, p. 73); per Niccolò da Calvi fu "doctor in theologia" (p.92), mentre secondo Angelo Clareno fu maestro di s. Bonaventura (p. 115). Risulta con certezza quindi che il B. fu "baccalaureus sententiarum" a Parigi; ma è probabile che sia stato "magister regens (lector)", giacché al momento della sua assunzione al governo dell'Ordine era universalmente stimato per la sua dottrina ed aveva circa quarant'anni; non è però possibile precisare dove e quando divenne reggente. Le testimonianze sembrano concordi, inoltre, nel ritenere che Giovanni al tempo dell'elezione insegnava a Parigi: se è così, nel testo in cui Salimbene indica i luoghi dove il B. tenne insegnamento - Parigi, Bologna, Napoli - non è da vedere l'indicazione di una successione cronologica.
La notizia fornita da Salimbene (p. 254) secondo la quale il B. avrebbe rappresentato Crescenzio da Iesi, troppo vecchio per viaggiare, al concilio di Lione del 1245 (nel corso del quale fu condannato Federico II) non è esatta: rappresentante di Crescenzio fu Bonaventura d'Iseo, come è provato da una sua sottoscrizione (Edouard d'Alençon, Fr.Bonaventure d'Iseo vicaire du ministre général..., in Etudes franciscaines, XXXIII [1921], pp. 519-528).
Appena eletto generale, il B. indirizzò lettere di pace a quei frati che, nelle varie province, erano stati esiliati per ordine del suo predecessore. Erano infatti i tempi in cui, dopo il governo di frate Elia, i lassisti e i rigoristi si combattevano per la interpretazione della regola. Crescenzio aveva ritenuto di essere imparziale e di salvare l'unità punendo come scismatici e distruttori dell'Ordine coloro che si mostravano troppo polemici. Il B. si preoccupò di visitare i suoi frati, sparsi nelle varie regioni di Europa, cosa che non aveva precedenti nell'Ordine. Nel maggio del 1248 presiedeva il capitolo provinciale di Oxford; nel giugno dello stesso anno era in Francia, al capitolo provinciale di Sens, e qui incontrava Luigi IX in partenza per la crociata; a Parigi autorizzava Bonaventura all'insegnamento. Visitava poi la Borgogna e la Provenza. Agli inizi del 1249 veniva richiamato dalla Spagna da Innocenzo IV; giunto a Lione, il papa lo incaricava di recarsi presso l'imperatore d'Oriente Giovanni III Ducas Vatatze di Nicea, per trattare l'unione della Chiesa greca con quella latina. Partito da Lione "finita septimana paschali" (Salimbene, p. 468), cioè dopo il 12 aprile (o anche dopo il 30 maggio, secondo il Roncaglia, p. 106), si avviò verso l'Oriente durante l'estate (luglio-agosto). Ivi convocò un sinodo a Ninfea, dove si svolsero le discussioni tra Greci e Latini. Dall'Oriente rientrò nell'estate del 1250, giacché nel settembre di quell'anno era a Ragusa, dove, insieme con due componenti del suo seguito, Drugone e Bonaventura d'Iseo, sottoscrisse un atto notarile, e il 17 settembre era a Praga, al capitolo provinciale (L. Wadding, Annales minorum, III, ad Claras Aquas 1931, p. 365).
La missione del B. rientrava nell'azione di Innocenzo IV, volta ad allacciare buoni rapporti con l'Oriente slavo e bizantino, per la quale tanto spesso il pontefice si serviva di frati minori (Pisanu, p. 135). In questo caso sembra che l'iniziativa sia partita da Maria, regina d'Ungheria e figlia di Vatatze, già in rapporti con il papa; da parte sua, l'imperatore Vatatze aveva buoni motivi per tentare un accostamento, circondato com'era da potenti vicini, con i più pericolosi dei quali, i Mongoli, il papa era in buoni rapporti. Vatatze inviò quali nunzi presso il papa due frati minori di Costantinopoli, Salimbene e Tommaso; secondo Paolino da Venezia (in Golubovich, pp. 88 e 94) essi recavano per il B. due lettere, rispettivamente dell'imperatore e del patriarca Manuele II; essi avrebbero quindi fatto esplicita richiesta al pontefice di inviare loro il Buralli. Come risulta dal registro di Innocenzo IV (Les registres d'Innocent IV, a cura di E. Berger, II, Paris 1887, nn. 4749 s.) il B. ebbe il compito di trattare con Vatatze e con i prelati bizantini, mediante la convocazione di un sinodo che avrebbe dovuto discutere solo sulla processione dello Spirito Santo, per ricondurli all'obbedienza della Chiesa di Roma. Pare comunque che negli incontri fossero trattati anche altri temi, in particolare il rito eucaristico e la questione del pane azimo (Niccolò da Calvi, p. 92). Sullo svolgimento della discussione mancano informazioni di parte latina, mentre da parte greca restano le notizie fornite da Niceforo Blemmidès, il migliore teologo bizantino del tempo, il quale informa che tutto si svolse con ordine e che le risposte ai Latini furono cortesi (A. Heisemberg, Nicephori Blemmidae curriculum vitae et carmina, Lipsiae 1896, pp. XXII, XLIII s., 40 ss., 74 ss.). Il sinodo ebbe luogo tra la fine del 1249 e la primavera del 1250. Non si giunse a conclusioni definitive, ma si restò intesi che i Greci avrebbero inviato dei nunzi al papa per continuare le trattative. Nella primavera del 1250 Vatatze informava il genero Federico II (N. Festa, Le lettere greche di Federigo II, in Arch. stor. ital., s. 5, XIII[1894], pp. 22-27; F. Dölger, Corpus der griechischen Urkunden…, s. A, Regesten, 1, 3, München-Berlin 1932, nn. 1803 s.) che i frati nunzi avevano cercato di farlo recedere dall'alleanza con lui. Si è visto che ciò non rientrava tra i compiti ufficiali della missione, ma è possibile che il B. abbia tentato un qualche approccio in tal senso (Roncaglia, p. 109), non essendo pensabile che ci si potesse conciliare col papa restando alleati dei suoi nemici. Che si sia trattato di un semplice sondaggio risulta da quanto lo stesso Vatatze comunicava a Federico: i componenti la missione, alla sua ferma reazione, si erano astenuti da ulteriori tentativi (Festa, p. 26). Vatatze informava inoltre Federico della sua iniziativa di mandare un'ambasceria al papa (ibid., p. 27), al che Federico gli rimproverava di non aver sentito il suo parere prima di decidere, promettendo tuttavia di fornire i navigli per attraversare il canale di Otranto. Risulta che la missione che doveva continuare le trattative avviate dal B. giunse alla corte pontificia, ma si ignora quando. Secondo Niccolò da Calvi (p. 107) gli ambasciatori furono tenuti in arresto da Federico per oltre un anno e liberati dopo la sua morte.
Nel 1251 ebbe luogo a Genova il primo capitolo generale convocato dal B., il quale, fra l'altro, fu il primo ministro generale che stabilì che i capitoli generali si riunissero alternativamente al di qua e al di là delle Alpi (Tommaso da Eccleston., 1951, p. 74).
Di lì a poco (1252) esplose a Parigi la polemica tra maestri secolari e regolari. Il primo contrasto ebbe origine dalla decisione dei maestri secolari di limitare a una sola cattedra l'insegnamento dei mendicanti. Questi non accettarono la limitazione, e quando in seguito ad alcuni incidenti con le autorità parigine i maestri decisero di astenersi dall'attività accademica fino a che la municipalità non avesse dato soddisfazione all'università di cui erano stati violati i privilegi, i mendicanti non aderirono. I secolari richiesero allora il giuramento d'obbedienza a regolamenti e statuti dell'università da tutti coloro che volevano diventarne membri.
In questa circostanza il B. intervenne per ristabilire l'accordo tra l'università e il suo Ordine: davanti a maestri e scolari riuniti egli tenne un discorso che valse a riconciliare gli animi (Salimbene, pp. 436 s.). In verità, i francescani erano stati meno aspri dei domenicani nel corso della polemica, e ciò facilitò il compito del B., ma è probabile che il generale dovette rinunciare a qualcosa a nome del suo Ordine: secondo Tommaso da Eccleston (1951, p. 74) i francescani ritirarono l'appellatio indirizzata al papa contro i secolari; secondo una nota di M. Bihl (Arch. franc. histor., V [1912], p. 170), essi rinunciarono alla seconda cattedra che di fatto era stata ceduta spontaneamente almeno dalla primavera del 1253 (ma non è certo che i francescani avessero una seconda cattedra a Parigi dopo il periodo 1238-1245: F. Van Steenberghen, La philosophie auXIIIe siècle, Louvain-Paris 1966, p. 164).
Nel giugno del 1254 il B. convocò a Metz il nuovo capitolo generale, le cui decisioni valgono a caratterizzare la sua linea di governo dell'Ordine. Egli rifiutò nuove costituzioni (Salimbene, pp. 438 s.), proibì gli abusi e le deroghe al breviario e al messale adottati per ordine del generale Aimone di Faversham e approvati dalla S. Sede, e li rinnovò solo in alcuni aspetti marginali (la lettera ai frati contenente i provvedimenti liturgici è in Wadding, Annales, III, pp. 238s.: questo decreto fu poi modificato da Alessandro IV nel 1255su richiesta dei frati di Parigi). Inoltre, il capitolo rinunziò alla bolla Quanto studiosius del 19 ag. 1247con cui Innocenzo IV dava ad ogni provinciale la possibilità di scegliere un procuratore apostolico per l'amministrazione dei beni dell'Ordine, di proprietà della Sede (i procuratori avrebbero preso l'iniziativa dietro indicazione del provinciale e la S. Sede avrebbe ratificato ogni atto compiuto con l'assenso dei frati: Pisanu, pp. 250s.); fu sospesa l'applicazione della bolla Ordinem vestrum del 14 nov. 1245, regolante l'accettazione di doni da parte dell'Ordine, in tutti i punti in cui contraddiceva la bolla Quoelongati del 28sett. 1230. Queste proibizioni, poi confermate nel capitolo di Narbona del 1260 (Gratien, p. 243n. 44), indicano che l'intento del B. era di mantenere il più possible l'Ordine nell'osservanza dello spirito primitivo. Che questo fosse suo preciso orientamento è confermato dal fatto che il papa spesso (come nel 1253:Gratien, p. 181 n.) imponeva privilegi in contrasto con la volontà del generale. Forse a Metz, ancora, il B. diede quelle disposizioni relative agli alimenti nella quaresima di cui dà notizia Angelo Clareno (Expositio, p. 91).
Ma proprio nello stesso anno 1254 il francescano Gerardo di Borgo San Donnino pubblicò il Liber introductorius ad Evangelium aeternum, in cui, rifacendosi alle opere di Gioacchino da Fiore, affermava che si era conclusa la seconda età, quella del Figlio, e che si apriva la terza, dello Spirito, della quale proprio l'Ordine dei francescani sarebbe stato banditore. Poiché l'interpretazione di Gerardo era una esaltazione della nuova spiritualità degli Ordini mendicanti, i secolari, con a capo Guglielmo di Saint-Amour, attaccarono risolutamente l'Introductorius e il gioachimismo, e insieme i due Ordini. Il 21 nov. 1254 con la bolla Etsi animarum Innocenzo IV sospese tutti i privilegi di cui i mendicanti godevano contro i diritti parrocchiali e vescovili. Secondo Salimbene (p. 608) il papa avrebbe inteso colpire i domenicani e si sarebbe riservato di assolvere in un secondo tempo i francescani. Ma quando il B. inviò in Curia Ugo Capoldo per chiedere l'abrogazione della bolla non ebbe alcun successo (ibid.). Solo il nuovo pontefice Alessandro IV con la costituzione Quasi lignum vitae (14 apr. 1255) rinnovò l'appoggio della S. Sede ai mendicanti. Intanto il B. e il generale dei domenicani avevano inviato ai loro frati (2 febbr. 1255) una lettera comune nella quale, richiamandosi alla comune matrice spirituale, invitavano i confratelli a sopire le discordie e a lavorare in unità d'intenti (il testo è in B. M. Reichert, Litterae encyclicae magistrorum generalium O. P., Romae 1900, pp. 25-31).
Ma intanto la lotta contro il gioachimismo continuava. Nel luglio 1255si riunì ad Anagni una commissione che selezionava trentuno proposizioni erronee, sette dall'Introductorius, ventiquattrodalla Concordia di Gioacchino. Seguì la condanna pontificia con la bolla Libellum quendam (23 ott. 1255).
Il B. non faceva mistero di essere seguace delle idee di Gioacchino. Salimbene ci informa di aver ricopiato per lui, che era "maximus Joachita", l'esposizione dei quattro Vangeli del Florense (p. 334).E dallo stesso cronista risulta che egli "propter doctrinam abbatis Joachim, quia nimis adhesit dictis suis, exosus fuit quibusdam ministris et pape Alexandro IV"(p. 439).Infatti il processo al gioachimismo e la condanna dell'Introductorius dovettero avere notevoli ripercussioni tra i francescani: in parte la responsabilità della condotta di Gerardo si pensava ricadesse sul generale che non aveva sufficientemente vigilato, e si fissò pertanto che in seguito ogni scritto da pubblicare dovesse essere esaminato dall'Ordine (Bondatti, pp. 100 s.). Inoltre la linea di governo dell'Ordine del B. non era ben accetta a tutti. L'interpretazione ch'egli dava della regola e l'identificazione con essa del testamento di s. Francesco scontentavano coloro che, seguaci di frate Elia, erano propensi a una interpretazione più blanda dello spirito francescano. La sua posizione, fortemente caratterizzata dalla difesa della povertà e dall'adesione al gioachimismo, non resse. Oltre ai tradizionali suoi nemici nell'Ordine, anche altri frati ("quidam ministri", afferma Salimbene, p. 439) dovettero ritenere inopportuno che egli mantenesse il suo ufficio. Secondo i cronisti del tempo, Alessandro IV, che, era protettore dei francescani, gli consigliò di dare le dimissioni. Allora il B. accelerò la convocazione del capitolo generale (Salimbene, pp. 450 s.) che ebbe luogo all'Aracoeli in Roma il 2 febbr. 1257; presente il papa, nonostante le proteste dei membri del capitolo (provinciali e custodi, i quali erano dunque in massima parte con lui), egli chiese e ottenne di essere esonerato dalla sua carica e, a richiesta dei presenti, designò Bonaventura da Bagnoregio come suo successore.
Ma tale rinunzia non bastò ad alcuni, che di lì a poco lo accusarono al nuovo generale per i motivi ormai noti e, come scrisse il Clareno, "commoverunt filium contra patrem et promotum contra promotorem et dilectum olim discipulum et subditum contra diligentem magistrum et pastorem" (Chronicon, p. 115). Si decise allora di procedere contro di lui, e a Città della Pieve si riunì una commissione della quale facevano parte Bonaventura e il cardinale Giovanni Gaetano Orsini (futuro Niccolò III) protettore dell'Ordine; ciò avvenne intorno al 1262, comunque non prima del 1261, giacché il cardinale divenne protettore dei minori solo in quell'anno. Alla richiesta relativa alle dottrine professate, il B. rispose, con formula usuale, "se credere et semper credidisse de quaestione illa et de omnibus aliis solum id quod Ecclesia tenet et sancti docent" (ibid., p. 127). Tuttavia, ancora secondo il Clareno, Bonaventura col consenso degli altri frati e dell'Orsini "determinavit... carceri eum perpetuo mancipare" (ibid.), ma l'intervento del cardinale Ottobono Fieschi, che affermò: "fides fratris Johannis est fides mea, et persona eius persona mea: ubi erit ipse et ego ibidem cum ipso ero" (ibid., p. 128), valse a risparmiargli il carcere. Ottenne di scegliere un convento in cui ritirarsi, e fu Greccio. Ivi trascorse quasi trent'anni della sua vita.
La testimonianza di Angelo Clareno non è disinteressata. Egli considera il processo "factum stupendum omni menti" ibid., p. 126), la quarta persecuzione dell'Ordine compiuta proprio da quel Bonaventura che al B. tanto doveva. Il Clareno conduce il racconto sottolineando la durezza del comportamento di Bonaventura e ricorda la visione - meglio, l'allegoria - di Giacomo da Massa nella quale Bonaventura è visto armato di artigli, pronto a colpire il Buralli. Storici antichi, quale l'Affò, negano che Bonaventura abbia presieduto il tribunale che giudicò il suo predecessore, ma ormai tutti concordano nel ritenere che il racconto del Clareno è sostanzialmente preciso; una conferma indiretta di ciò è da vedere nel silenzio concorde delle altre fonti, soprattutto di Salimbene, che pure è così attento a notare tutto ciò che riguarda il suo conterraneo. Resta da interpretare l'operato di Bonaventura: in genere si pensa che il suo gesto sia da considerare la risposta pratica (Manselli, p. 123)alle accuse rivolte ai frati minori e quindi un atto politico che egli, nella sua qualità di generale, non poté evitare (Gilson, pp. 24-26).Ma forse è da riesaminare questo capitolo della biografia di Bonaventura anche alla luce dell'"idea" chegli aveva dell'Ordine francescano, e quindi in un contesto più ampio, che va molto al di là del singolo episodio.
Al B. la tradizione attribuisce molte opere. Il Wadding (Scriptores, p. 398), riprendendo le varie indicazioni dei cronisti, in particolare di Bartolomeo da Pisa (pp. 276, 337), ricorda il commento alle Sentenze e i Quodlibeta;scritti sulla Bibbia; l'ufficio della Passione (incipit:"Regem Christum crucifixum"); il De beneficiis Creatoris (l'indicazione è tratta dal vecchio catalogo redatto nel 1437 della Biblioteca di S. Francesco di Ferrara, p. 66); il Sacrum commerciumb. Francisci cum domina Paupertate; il De conversione religiosorum; Sermones plures ad fratres; il Liber de vitis ss.fratrum minorum (seguendo l'attribuzione di Marco da Lisbona, II, 1, p. 29); Epistolae pastorales; infine accenna alla presunta attribuzione al B. dell'Introductorius ad Evangelium aeternum.
Lo stato attuale delle conoscenze consente di fare i seguenti rilievi. Del commento alle Sentenze siè trovata indicazione nel catalogo della libreria raccolta da s. Giacomo della Marca (G. Caselli, Alcuni codicidella libreria di s. Giacomo dellaMarca..., Montalto Marche 1934, p. 43 n. 52:vedi A. Crivellucci, I codici della libreria raccolta da s. Giacomodella Marca nel convento di S. Maria delle Grazie presso Monteprandone, Livorno 1889, p. 104), mentre nessun'altra notizia si ha dei Quodlibeta, degliscritti sulla Bibbia, del De beneficiis e del De conversione. L'ufficiodella Passione è forse quello di s. Bonaventura (incipit: "Christum captum et derisum, flagellatum et crucifixum", ma vedi Opera, VIII, ad Claras Aquas 1898, p. 153, dove si dà la variante "Regem Christum crucifixum"), attribuito al Buralli. Dei Sermones resta quello conservato da Marco da Lisbona (II, 1, cap. 38), oltre ai passi riportati da Salimbene. Per quanto riguarda il Liber de vitis, attribuito anche a Crescenzio da Iesi che ne ordinò la stesura, si veda l'edizione curata dal Lemmens (Roma 1902). Sul Sacrum commercium, la cui attribuzione al B. è tutt'altro che sicura, si veda K. Eszer, Untersuchungen zum "Sacrum commercium...", in Miscell. M. de Pobladura, I, Roma 1964, pp. 1-33 (vedi anche J. Cambell, Glanes franciscaines. La seconde compilation de Barcelone (Barcelona,Bibl. Centr., cód. 665), in Archivo ibero-americano, XXV [1965], pp. 229, 243). Per quanto riguarda l'Introductorius, l'attribuzione a Gerardo è già in Salimbene, né è più messa in discussione. Delle Epistolae, infine, oltre alle due già citate (quella relativa alla liturgia promulgata a Metz nel 1254 e quella firmata insieme con il generale dei domenicani nel 1255), restano le due edite in Callebaut, 1914, pp. 249 s., e in Gratien, Une lettre inédite..., pp. 529 ss. Salimbene però ricorda che il B. introdusse nell'Ordine l'uso delle "lettere di fratellanza" con le quali si mettevano a parte dei beni spirituali dei francescani gli amici e i benefattori; ne restano due: una del giugno 1254 data a Metz e indirizzata all'abate benedettino Nicola e al convento di S. Vincenzo della città (il testo è edito da U. d'Alençon, in Etudesfrancisc., XXIII [1910], pp. 95 s.) e l'altra del 6 sett. Dello stesso anno a Ferrara e indirizzata "domino Iacobo de Buxolis et domine Mabilie, uxori eiusdem, nec non et Anselixe predictorum dilecte filie" (Salimbene, p. 435): il testo delle due è analogo (confronto in Delorme, p. 494), il che conferma l'informazione di Salimbene: "forma …litterarum, quam dabat, erat huiusmodi, mutatis vocabulis personarum ut congruum erat" (p. 435). Al B.è da attribuire la preparazione delle Ordinationes divini officii, adottate dal capitolo generale del 1257, che costituiscono il primo cerimoniale dell'Ordine (edito da G. Golubovich, in Arch. franc. histor., III[1910), pp. 55-81). Secondo il Delorme (p. 499) sonoforse da attribuirsi al B. le lettere anonime che si trovano in Firmamentum trium Ordinum, parte I, f. XXIIIr.
Salimbene dà un gustoso ritratto della persona del B.: di statura mediocre, ma piuttosto piccolo che grande, d'aspetto gradevole e ben proporzionato, robusto e rotto alla fatica sia fisica sia intellettuale, "vultum habebat angelicum et gratiosum et semper iocundum", ed era "largus, liberalis, curialis, caritativus, humilis, mansuetus, benignus et patiens"; predicava con tale fervore da muovere gli uditori alle lagrime ("ut pluries vidi" nota il cronista); "linguam habebat disertissimam et nunquam cespitantem. Scientiam habebat optimam, quia bonus gramaticus erat et magister in loyca in seculo fuit, et in Ordine fratrum Minorum magnus theologus fuit et magnus disputator..."; era esperto nella musica e abile nel canto; "nunquam vidi ita velocem scriptorem et ita pulchrum atque veracem in littera de valde legibili nota. Dictator nobilissimus fuit de stilo polito et sententiosus valde, quando voluit, in suis epistolis" (pp. 433 s.).
Nel periodo in cui era a Greccio il B. fu invitato da Giovanni XXI e da Niccolò III ad accettare la porpora, ma rifiutò. Chiese e ottenne da Niccolò III di poter partire per l'Oriente, nonostante l'età avanzata. Ma a Camerino si animalò e morì, il 19 0 il 20 marzo 1289. Il suo culto (in qualità di beato) fu riconosciuto da Pio VI (1777); la sua festa liturgica è stata fissata al 20 marzo.
Fonti e Bibl.: La fonte più antica e diretta per la vita del B. è Salimbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, Bari 1966, ad Indicem;ma sono da esaminare anche le cronache dell'Ordine: Chronica XXIV Generalium, in Analecta francisc., III, ad Claras Aquas 1897, ad Indicem (vedi inoltre pp. 646-649, App. II: De visione fr. Iohannis de Parma; pp. 693-707, App. IV: Chronicon XIV vel XV Generalium Ministrorum O.f.m. seu Catalogus "Gonsalvinus" dictus..."); Bartholomaeus de Pisa, De conformitate vitae b. Francisci ad vitam d. Iesu,ibid. IV, ibid. 1906, ad Indicem;Thomas de Eccleston, De adventu fratrum minorum in Angliam, a cura di A. G. Little, Paris 1909, ad Indicem (pp.1141-145, App. II: Peregrini de Bononia Chronicon abbreviatum de successione ministrorum generalium; v. anche 2 ediz., Manchester 1951, ad Indicem);Francesco Venimbeni da Fabriano, Frammenti della Cronaca, a cura di G. Pagani, in Arch. franciscanum historicum, LII(1959), p. 172; Paolino da Venezia, Chronica, in G. Golubovich, Biblioteca bio-bibliografica... dell'Oriente francescano, II, Quaracchi 1913, pp. 88, 94 (vedi anche ad Indices i docc. emanati o interessanti il B.); Marco da Lisbona, Croniche dell'Ordine di s. Francesco, a cura di H. Diola, Venezia 1586, passim. Siveda inoltre Niccolò da Calvi, Vita Innocentii IV, a cura di F. Pagnotti, in Archivio della Società romana di storia patria, XXI (1898), pp. 7-120. Per le fonti di provenienza degli spirituali si vedano: Angelo Clareno, Chronicon seu historia septem tribulationum Ordinis minorum, a cura di A. Ghinato, I, Roma 1959, passim (ma vedi anche l'edizione parziale di F. Ehrle, in Archiv für Liter. und Kirchengeschichte, II[1886], pp. 106-164, 249-336); Id., Ad Alvarum Pelagium apologia pro vita sua, a cura di V. Doucet, in Arch. franc. histor., XXXIX (1946), p. 108; Id., Expositio regulae fratrum minorum, a curadi L. Oliger, Quaracchi 1912, pp. 91, 235; Ubertino da Casale, Arbor vitae crucifixae Iesu, Venetiis 1485, l. V, c. 3. Documenti o emanati dal B, o comunque interessanti la sua vita sono in: J. H. Sbaralea, Bullarium franciscanum, I-II, Romae 1759-61, ad Indices;Flaminii Annibali de Latera Supplementum ad Bull. franc., Romae 1780, ad Indicem;C. Eubel, Bullarii franciscani Epitome supplementum, Quaracchi 1908, nn. 536, XXIII; H. Denifle-A. Chatelain, Chartularium Universitatis Parisiensis, I, Parisiis 1889, ad Indicem; M. Bihl, De capitulo generali O. m. Metensi anno 1254 adsignando,deque antiquo sigillo ministri generalis, in Arch. franc. histor., IV (1911), pp. 425-435 (con riproduzione del sigillo del B.), A. Callebaut, Lettres franciscaines..., ibid., VII (1914), pp. 249 s.; Gratien O.M.C., Une lettre inédite de Jean de Parme, in Etudès francisc., XXXIII(1921), pp. 529-531; H. Lippens, Provinciae Franciae chartularium aliaque documenta saec. XIII, in Arch. franc. hist., XXX (1937), p. 59.
Sulle opere del B., vedi: I. Trithemius, De scriptoribus ecclesiasticis, Parisiis 1512; I. Affò, Memorie degli scrittori ... parmigiani, I, Parma 1789, pp. 129-145; L. Wadding-G. Sbaraglia, Scriptores Ordinis Minorum, Romae 1806, p. 398; Id., Suppl. et castigatio ad scriptores..., II, Romae 1921, pp. 42 s., 390. Sulla controversia universitaria: H. Felder, Les franciscains ont-ils eu deux écoles universitaires à Paris de 1238à 1253?, in Etudes francisc., XXV(1911), pp. 598-613 (precisazioni di M. Bihl, in Arch. franc. histor., IV[1911], pp. 797 s.); Id., La controverse sur les franciscains à l'université de Paris,ibid., XXVI(1911), pp. 586-591 (risposta di M. Bihl, in Arch. franc. histor., V[1912], pp. 169 s.); Y.-M.-J. Congar, Aspects ecclésiologiques de la querelle entre mendiants et séculiers dans la seconde moitié du XIIIe s. et le début du XIVe, in Archives d'hist. doctr. et litt. du Moyen Age, XXXVI(1961), pp. 35-151. Sui rapporti con gli spirituali, vedi: H Denifle, Das Evangelium aeternum und die Commissio zu Anagni, in Archiv für Literatur und Kirchengeschichte, I (1885), pp. 40-142; H. Rousselot, Joachim de Flore,Jean de Parme et la doctrine de l'évangil éternel, Paris 1867; René de Nantes, Histoire des spirituels, Paris 1909, pp. 145-205; F. Calley, L'idéalisme franciscain spirituel au XIVe siècle. Etude sur Ubertin de Casale, Louvain 1911, passim;G. Bondatti, Gioachinismo e francescanismo nel Dugento, Assisi 1924, pp. 60-63, 101-111; R. Manselli, La "Lectura super Apocalipsim" di Pietro di Giovanni Olivi, Roma 1955, pp. 104-123; M. D. Lambert, Franciscan poverty. The doctrine of the absolute poverty... in the Franciscan Order (1210-1323), London 1961, ad Indicem;M. Reeves, The influence of prophecy in the later Middle Ages. A study in Joachimism, Oxford 1969, ad Indicem. Per l'atteggiamento di s. Bonaventura ci limitiamo a ricordare, oltre a E. Gilson, La philosophie de st. Bonaventure, Paris 1929, anche I. Ratzinger, Die Geschichtstheologie des hl. Bonaventura, München 1959. Sul culto del B., vedi Acta Sanctorum martii, III, Antverpiae 1668, pp. 57-67; Sacra Rituum Congregatione cardinali Boschi Ponente Camerinen. Canonizationis b.I. de Parma... super cultu immemorabili, Romae 1777. Vedi inoltre: F. Camerini, Vita del b. G. da Parma, Ravenna 1730; I. Affò, Vita del b. G. da Parma, Parma 1777; L. Canali, Vita del b. G. da Parma, Quaracchi 1900; E. Gebhardt, L'Italie mystique, Paris 1904, pp. 200-219; F. M. Delorme, "Diffinitiones" capituli generalis O. f.m. Narbonensis (1260), in Arch. franc. histor., III (1910), pp. 491-504; Ubald d'Alençon, Thomas d'Eccleston,ses nouveaux éditeurs et le chapitre général de Metz, in Etudes franciscaines, XXIII (1910), pp. 95 s.; M. Bihl, Quo anno capitulum generale O. f.m. Metis celebratum sit (1255), in Arch. franc. histor., III (1910), pp. 601-614; Id., De mora b. Iohannis Parmensis,Ragusi mense septembri 1250,ibid., V (1912), pp. 776 s.; Gratien de Paris, Hist. de la fondation et de l'évolution de l'Ordre des frères mineurs au XIIIe s., Paris-Gembloux 1928, ad Indicem;J. Takács, Boldog Parmai János,a béke angyala, Budapest 1930; O. van der Vat, Die Anfänge der Franziskanermissionen und ihre Weiterentwicklung im nahen Orient..., Werl in Westfalen 1934, ad Indicem;V. Doucet Maîtres franciscains de Paris. Suppl. au "Répertoire..." de P. Glorieux, in Arch. franc. histor., XXVII (1934), p. 532; M. Bihl, Statuta generalia Ordinis..., ibid., XXXIV(1941), pp. 339 s.; M. Roncaglia, Les frères mineurs et l'Eglise grecque orthodoxe au XIIIe s. (1271-74), Le Caire 1954, pp. 100 ss.; R. B. Brooke, Early Franciscan Government, Cambridge 1959, ad Indicem;L. Pisanu, Innocenzo IV e i francescani (1243-54), Roma 1968; J. Moorman, A History of the Franciscan Order, Oxford 1968, ad Indicem; Dictionn. de théol. cath., VIII, coll. 794 ss.; Lex. für Theol. und Kirche, V, coll. 1068 s.; Bibl. Sanctorum, VI, coll. 636-639.