Donati, Buoso
Dei tre personaggi con nome Buoso ricordati nella Commedia, due sono riferibili alla famiglia fiorentina dei Donati. Di quello dei due che s'incontra tra i falsificatori (If XXX 44) è fatto il cognome; l'altro si trova nella settima bolgia, tra i ladri. Infatti, mentre Francesco Cavalcanti si tramuta di serpente in uomo, pregustando la trasformazione da uomo in serpente di un compagno di dannazione, esclama: " I' vo' che Buoso corra, / com'ho fatt'io, carpon per questo calle " (XXV 140-141). I più dei commentatori attribuiscono questo Buoso alla famiglia dei Donati, invece Pietro di D. e Iacopo della Lana lo vorrebbero degli Abati, e la loro opinione è stata seguita da qualche moderno (per es. dal Casini; per tutta la questione v. BUOSO).
Per quanto riguarda il falsificatore, l'Anonimo racconta come, essendo Buoso Donati in fin di vita e volendo egli testare, il nipote Simone lo fece talmente indugiare che quello spirò; il nipote allora, nel timore che esistesse un precedente testamento valido, fece prendere il posto nel letto del morto all'amico Gianni Schicchi dei Cavalcanti, bravissimo a " contraffare ogni uomo et colla voce et cogli atti ", e gli fece dettare a un notaio chiamato alla svelta un testamento consono ai suoi intenti, da cui anche Gianni Schicchi volle trarre il suo vantaggio costituendosi il legato di una mula e di cento fiorini d'oro.
Di membri di casa Donati col nome di Buoso i documenti ne ricordano almeno tre, e forse quattro. Il più antico è ricordato in una vendita del 22 gennaio 1213, dove agisce Vinciguerra di Donato del Pazzo con i figli Buoso e Forese e le rispettive mogli (moglie di Buoso era una certa Adalina); ma sembra che questo Buoso non lasciasse figli, e se nella generazione successiva ci fu un Buoso, esso nacque da Forese fratello del vecchio Buoso. Pertanto il contraffatto da Gianni Schicchi non può essere che Buoso di Vinciguerra. Di poi il libro dei danni inferti ai guelfi esuli dai vittoriosi ghibellini tra il 1260 e il 1267, dà tra i danneggiati i fratelli Simone, Buoso e Taddeo, figli di messer Forese. Questo Buoso è con quasi certezza il ladro; egli dové morire poco innanzi al 1285, se non nel 1285 stesso, lasciando, oltre alla moglie Bella, i figli Gasdia e Taddeo. La ragazza andò in moglie al giudice Baldo d'Aguglione. Interessante ed eloquente il testamento dettato da Taddeo, " existens in extremis ", il 19 maggio 1319, al notaio Dolcibene di Chiarissimo, per mezzo del quale egli astrinse il proprio figlio Andrea a " solvere omnia legata olim facta et relicta per dominum Buosum patrem dicti Taddei ". Questo documento può anche portare a vedere il fatto sotto una luce alquanto diversa da come ce lo mostra la tradizione raccolta dai commentatori, e cioè che messer Buoso, che " ex furto fecerat magna lucra ", al dir di Benvenuto, aveva fatto un testamento pieno di pii legati per rimediare al mal tolto, con somma amarezza del figlio Taddeo, il quale, d'accordo con lo Schicchi, avrebbe fatto sostituire il testamento valido con uno falso dettato dal contraffattore sdraiato accanto alla salma del vecchio Buoso; e siccome tutti i nodi giungono al pettine, il colpevole Taddeo, giunto sulla soglia del passo estremo, pensò di sgravarsi la coscienza facendo pagare ad Andrea i legati del rispettivo padre e avo.
Un terzo Buoso dei Donati, figlio di messer Ubertino, si conosce attraverso un documento bolognese del 26 marzo 1282. Egli non può verosimilmente essere ricordato nell'Inferno di Dante. Qualche altra notizia su questo Buoso riuscì a trovare il Barbi, come quella che lo farebbe ancora vivo nel settembre 1308, cosa che per ragioni di cronologia lo fa escludere senz'altro dalla competizione. Se poi non volessimo identificare, come sembra doversi, questo Buoso con l'omonimo ricordato nelle Consulte del 1282, bisognerebbe ipotizzarne un quarto, che non sarebbe da prendersi in considerazione per esser già morto Gianni Schicchi nel 1280.
Bibl. - I. Del Lungo, Una vendetta in Firenze il giorno di s. Giovanni 1295, in " Arch. Stor. It. " s. 4, XVIII (1886) 358-409; M. Barbi, A proposito di Buoso Donati ricordato nel canto XXX dell'Inferno, in " Bull. " XXX (1916) 126-142; Liber extimationum, a c. di O. Brattö, Göteborg 1956, 72 n. 373, 75 n. 391.