buono-lavoro
(buono lavoro), loc. s.le m. Voucher, strumento di pagamento di una prestazione lavorativa occasionale e discontinua, non regolamentata da un contratto di lavoro.
• a luglio si è raggiunta la quota di tutto il 2014 quando ne vennero venduti 2,1 milioni e ci si avvia ad un nuovo, imponente aumento dei lavoratori coinvolti da questa modalità di impiego (non esiste un contratto di lavoro). Forse anche per questo l’Inps l’ha chiamato «Osservatorio sul Precariato»; perché è questa la nuova, sterminata frontiera del lavoro precario e senza diritti. Non un buon lavoro, ma il buono-lavoro. (Marco De Silva, Secolo XIX, 17 settembre 2015, p. 27) • In 8 anni, di voucher ne sono stati venduti 387 milioni, per quasi quattro miliardi di euro, ma l’uso di questi «buoni lavoro» esentasse da 10 euro lordi (7 e mezzo netti) sta crescendo esponenzialmente dopo l’estensione ad ogni ambito della legge Fornero del 2012 e l’innalzamento del tetto da 5 a 7 mila euro deciso dal governo Renzi. Tanto che si è passati dai 500 mila del 2008 ai 115 milioni dei primi nove mesi del 2015, con 1,4 milioni di persone coinvolte. (Enrico Cisnetto, Sicilia, 19 dicembre 2016, p. 12, Commenti) • Abbattute le false argomentazioni, il presidente Inps [Tito Boeri] chiarisce che comunque demonizzare i buoni lavoro è sbagliato. È «importante scoraggiare l’abuso dei voucher senza necessariamente ridurne l’utilizzo» dice. (Giusy Franzese, Messaggero, 9 febbraio 2017, p. 16, Economia).
- Composto dai s. m. buono e lavoro.
- Già attestato nella Repubblica del 30 marzo 2006, Firenze, p. III (Marzio Fatucchi).