BUONDELMONTI, Giovanni, detto il Vecchino
Di uno dei rami della nobile famiglia, nacque a Firenze il 20 maggio 1540 da Raffaello di Giovanni e da Margherita di Giovanni da Panzano. Dal padre, che nel 1529 era stato podestà di Vicchio, nel 1563 ereditò un podere nel territorio di San Casciano, e non si sa altro della sua giovinezza, né degli studi che seguì, fino al 1572, quando lo troviamo "novizio" svogliato e chiassoso allo Studio di Pisa, insieme con Filippo Sassetti e Giambattista Strozzi. Nel 1580 è a Firenze, reduce da un primo viaggio nella penisola iberica, compiuto con tutta probabilità in compagnia del Sassetti. S'era dedicato, come lui, alla mercatura e nell'estate del 1581 operava a Siviglia, che aveva raggiunto via mare dopo un viaggio più lungo del previsto. Capitato in un momento difficile, perché la città stava appena liberandosi da un'epidemia, confidava che Francesco Valori e gli altri suoi amici fiorentini dei quali era agente lo sostenessero, ma le sue capacità professionali non dovevano convincere il Sassetti, se da Madrid questi poteva scherzosamente accusarlo d'operare in modo che il prezzo della cocciniglia diventasse più svantaggioso. Compiuto un buon ciclo di affari, nel dicembre dello stesso anno, avendo appreso che il Sassetti s'apprestava a partire per l'India, matura la ferma decisione di accompagnarlo, e perciò si trasferisce a Lisbona per intraprendere il viaggio al seguito di lui, che aveva già ai suoi servizi il giovane Orazio Neretti.
Coi suoi compagni l'8 apr. 1583 s'imbarcò sulla "Sâo Felipe", la quale già prima di Madera rimase isolata, perdendo di vista le altre quattro unità del convoglio. Per un errore di rotta la nave restò a lungo in bonaccia nel golfo di Guinea; quindi, dopo aver superato il Capo soltanto il 15 agosto, per recuperare il tempo perduto seguì la rotta a levante di Madagascar e giunse a Cochin, sulla costa del Malabar, l'8 novembre. La durata del viaggio è fra le maggiori registrate in questo secolo nel periplo dell'Africa oceanica. Le altre navi del convoglio, che erano passate per il canale di Mozambico, erano arrivate a Goa il 20 settembre, scaricando là molte merci del Sassetti, il quale ne subì una perdita di quasi cinquemila scudi. I sette mesi di navigazione, praticamente senza toccare mai terra, seminarono a bordo lo scorbuto, ma i tre viaggiatori toscani riuscirono a restarne immuni. Il B. narra le sue impressioni sull'India in una lettera a Francesco Valori del 24 dic. 1583. Di Cochin egli descrive solo la città portoghese, la quale gli appare cadente e indifesa, ma accenna anche alla sordida residenza del re locale, che ebbe la ventura di visitare accompagnando l'"esattore portoghese". Scalzo e coperto d'una specie di lungo camicione, con preziosissimi orecchini che gli arrivavano fino alle spalle, il monarca gli sembra tuttavia non privo di maestà. L'eurocentrismo del viaggiatore diventa ancora più marcato nella descrizione dei costumi degli Indiani, gente che "non tiene fede, e credono alla prima cosa che vedono la mattina". Naturalmente lo colpiscono i loro eccessi sessuali, la comunione delle donne e l'uso dei visitatori di lasciare alla porta le armi, quando arrivavano, come segnale della loro presenza. Sono aspetti che troveremo anche nei racconti di Cesare Federici e di Gasparo Balbi, come pure i singolari privilegi dei brahmani presso la favorita del re. Il B. si diffonde sulla pratica di masticare in continuazione foglie di "bettre" (betel) insieme con la durissima noce di areca, e sui frutti più caratteristici del paese, fra cui gli ananassi, i "fichsi", i "gabbi"; accenna anche, ma molto genericamente, a qualche volatile. Scrive d'aver visto l'albero della cannella e la pianta del pepe, ma non ne dà nessun particolare.
Benché si fosse recato in India in veste di "vero gentiluomo" desideroso di vedere il mondo, non deve aver avuto molto tempo per osservare il paese, perché specialmente subito dopo l'arrivo lavorò giorno e notte in un'azienda che impiegava più di duecento persone. Ma era "investigatore diligentissimo", per quanto aristocraticamente schivo a partecipare le sue esperienze se non ad un'eletta schiera di amici, e il Sassetti - che lo stimava molto e ne condivideva il gusto per un sapere disinteressato - attesta che egli aveva acquistato una conoscenza sicura della vita indiana e s'era come dipinto nella mente "le frutte, i Bragmeni, i Malabari, le moglieri e le cose tutte". Il suo soggiorno a Cochin non fu lungo, ma sufficiente ad appagare le sue curiosità. A richiamarlo presto in patria contribuì la nostalgia della sorella Costanza, che viveva sola. Ignorando che ella fosse già morta (il 6 giugno 1584), il B. nel gennaio 1585 prese la via del ritorno sulla nave "Carangiel", detta "Buon Gesù". E come dal primo viaggio in Spagna aveva portato delle pietre "belzuar" e un libretto in castigliano sulle loro magiche virtù protettrici, ora recava in dono al granduca Francesco I, che ne era molto appassionato, frutta, nocciole e semi indiani.
A Firenze lo attendevano molti amici ansiosi di novità, fra i quali Baccio Valori. Già a Cochin non gli si addiceva più il soprannome di Vecchino, "che vuol dire un vecchio giovane che comincia a 'nvecchiare", perché, soprattutto dalla barba, dimostrava un'età ormai avanzata. Nel 1586 acquistò una casa in via degli Stamaiuoli e il 5 marzo 1593 vendette a Ristoro Machiavelli il podere ereditato dal padre, costituendosi un piccolo vitalizio. L'anno seguente venne tassato "soltanto sulla testa", perché non possedeva immobili.
Morì il 5 luglio 1597 e fu sepolto all'Impruneta. Erroneamente il Litta riporta invece la notizia che egli morisse il 3 luglio 1596 a Roma, dove era coppiere del cardinal Salviati, dal che arguisce che s'era ridotto in condizioni economiche poco floride. S'estinse con lui il ramo della famiglia che aveva avuto per capostipite Michele di Andrea, nato nel 1397.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Tratte. Libri dell'età, n.444 bis, c. 157v; Ibid., Decime granducali. Quart. S. Maria Novella,Gonfalone Vipera, arroto 237 del 1563, arroto 90 del 1586, arroto 168 del 1594; Ibid., Decime granducali,Quart. S. Spirito,Gonfalone Nicchio, arroto 29 del 1594; Ibid., Grascia,Libro dei Morti, n. 8; Lettere edite e inedite di Filippo Sassetti, a cura di E. Marcucci, Firenze 1855, ad Indicem (la lettera del B. a F. Valori del 24 dic. 1583, è alle pp. 252-256); P. Litta, Le famiglie celebri italiane,sub voce Buondelmonti, tav. X.