BUONCONSIGLIO, Giovanni, detto il Marescalco
Figlio di Domenico, la cui professione gli procurò il soprannome - quasi un secondo cognome - di Marescalco, sarebbe nato intorno al 1465 a Montecchio Maggiore: lo si deduce da un cenno del Paglierini (Cron. di Vicenza, Vicenza 1633, app., p. 333) sull'origine dei "Buonconsegio" e da un documento del 22 genn. 1495 che lo mostra già sposato a Venezia, dove la moglie Giovanna aveva case ai SS. Apostoli, con propria bottega di pittore (Ludwig, 1901; 1905, pp. 88, 90). Ma il B. si formò a Vicenza, dove Bartolomeo Montagna andava attuando una interpretazione eminentemente plastica di fondamentali esperienze dal Vivarini e dal Giambellino, decantate, auspice Antonello, entro cadenze spaziali di rigorosa architettura.
Non meno interessanti relazioni il B. intrecciò, dopo il 1484, lavorando con la bottega montagnesca nella rinnovata chiesa vicentina di S. Bartolomeo: in contatto diretto con i plasticatori lombardi di Giacomo da Porlezza, ivi contemporaneamente impegnati (Barbieri, 1970, pp. 56-59). Né si dimentichino suggestioni centroitaliane, di sicuro attive nella Vicenza del tardo Quattrocento (Barbieri, 1962, pp. 157 s.; L. Puppi, Francesco Verla, in Rivista dell'Ist. naz. di archeol. e storia dell'arte, IX[1960], pp. 266 s.); o i vivaci fermenti ferraresi che culminerebbero, se sua, nella Crocefissione sull'altare Poiana in S. Lorenzo a Vicenza.
Dopo il trasferimento veneziano, forse poco avanti il 1495, seguirono per il B. verifiche dirette sul più maturo Bellini e sulla produzione di Antonello: fosse volontà di rinnovarsi o legittimo desiderio di scrollare la tutela di un maestro, il Montagna, divenuto troppo opprimente.
Di fatto, la Pietà per la chiesa di S. Bartolomeo (tavola: Vicenza, Museo civico), prima opera sicura del B. redatta - a parere concorde - intorno al 1495, e secondo alcuni a Venezia, rivela una serrata potenza tragica, non del tutto spiegabile con la ripresa, per quanto esasperata, di pathos belliniano; denuncia nuovi interessi, ignoti alla cerchia montagnesca. "Forse", come ha intuito il Longhi (1946, p. 15), agisce nel B. "il ricordo di una diversa cultura provinciale tra lombarda e bramantesca che par mandare qualche altro riflesso anche sui primi anni del Lotto".
Certo, la filologia della Pietà vicentina diverrebbe meno subdola se potessimo dipanarla alla luce di quell'attività precedente che, visto il traguardo raggiunto dall'artista trentenne, è necessario presupporre, ma che rimane ben ardua a definirsi per l'assenza di ogni documentazione. Varie opere, un tempo assegnate al B., hanno trovato, nella critica degli ultimi decenni, diversa attribuzione. Restano solo alcune stimolanti proposte del Puppi (1965, pp. 308-317), anche se non tutte pienamente accettabili. Convincono il Cristo sul sepolcro (affresco) della badia di Praglia e due disegni: uno della galleria londinese Matthinsen, probabile "esercizio del Marescalco" sull'affresco Poiana in S. Lorenzo, e il Cristo alla colonna del Louvre (coll. de la Salle, n. 71). Meno convincente l'attribuzione dei due Santi del Museo di El Paso (tavola). Il frammento di fregio nel Museo di Vicenza (A. 594: affresco riportato su tela), ferma restando la concordanza con le grisailles sulla cornice della Pietà, indubbiamente autografe, sembra di mano meno incisiva; nella stessa raccolta, la S.Caterina d'Alessandria si direbbe più facilmente coeva che antecedente al capolavoro del 1495.
Dopo la Pietà di Bartolomeo vengono (1497) la tavola per la chiesa dei SS. Cosma e Damiano alla Giudecca (due frammenti: Venezia, Accademia, e Warwick Castle, coll. Warwick) e la Mistica Concezione (tavola) nella parrocchiale di Cornedo: di largo impianto e tuttora godibili umori cromatici, pur nei guasti subiti. Vicino potrebbero collocarsi una pala, scomparsa, ma segnalata dalle fonti in S. Zanipolo (Vasari, p. 651; Ridolfi, p. 43), ed il S. Sebastiano della coll. Camerini a Montruglio. A cavallo tra Quattro e Cinquecento si collocherebbe una serie di otto ritratti, raccolti dallo Heinemann (1962, pp. 230 s.) sulla base dell'unico firmato, l'Autoritratto della Capitolina: da non trascurarsi, nel tema, tre pezzi più incerti richiamati dal Puppi (1965, p. 367). Evidente in ognuno la matrice antonellesca anche se con tratti belliniani e, soprattutto, qualche propensione per Alvise Vivarini. Può spettare al B. il S. Girolamo del Museo Correr (tela), poco lontano nel tempo: ragionevole ipotesi che convalida le due del Puppi (1965, p. 321) relative a un S. Sebastiano (disegno: Firenze, Uffizi) e al disperso Ecce Homo nella coll. Rothermere di Londra.
Del 1502 è la tavola con la Vergine in trono e quattro santi per il distrutto oratorio dei Turchini (trasportata su tela: Vicenza, Museo civico), ove è evidente una anticipazione di motivi - dal tappeto damascato al volto intenso del s. Domenico - poi riscontrabili nel Lotto, logico effetto della consonanza di interessi giovanili: e con tanta puntualità da presentare il "rovesciamento del rapporto" tra il B. e Lotto, suggerito dal Puppi (1965, p. 324), meno arrischiato di quanto sembri. D'altronde, opere da ritenersi immediatamente successive, quali la Madonna con il Bambino,il Battista e s. Caterina dell'Accademia di Venezia (forse dalla vicentina raccolta Gualdo), la Madonna con il Bambino del Museo di Vicenza (A. 151, tavola) e la S. Famiglia con s. Caterina del Parrish Art Museum di Southampton (tavola), mentre approfondiscono ricerche tonali di influenza giorgionesca, persistono nell'accordo a prossimi risultati lotteschi.
Nel 1505 circa il B. era a Montagnana, ad affrescarvi anzitutto la sede della Confraternita dell'ospedale: visibile in situ, in mezzo alle tracce di due Santi, la sinopia di una Madonna in trono con il Bambino (affresco staccato e conservato all'Accademia di Venezia). Nel duomo, spettano poi al B., nella cappella della Natività ora del Sacramento, della stessa Confraternita dell'ospedale, la grandiosa tela e gli affreschi purtroppo mutili che, con la Presentazione al Tempio e la Visitazione, completano in basso, alle pareti le Storie della Vergine iniziate in alto da mano diversa. Vicinissimi nello stile, i SS. Pietro e Paolo, affrescati di fianco all'ingresso della cappella del Rosario e pubblicati dal Puppi (1965, p. 333). Subito dopo, il B. iniziava nel catino absidale l'Assunzione tra Apostoli,Angeli e Profeti:un disegno delle Graphische Sammlungen di Monaco potrebbe essere (Puppi, 1965, p. 335) studio preparatorio per l'immenso affresco. Del 1511 è la tela per la cappella dei SS. Sebastiano e Rocco; del 1513 quella per l'altare di S. Caterina eretto nel 1505. Il Puppi (1965, p. 339) attribuisce il disegno dell'altare allo stesso B.: più facilmente, di scultore lombardo.
Nel complesso, assieme alla Madonna della Confraternita, gli affreschi della cappella della Natività sono decisamente più alti: "simpatie centroitaliane" non vi sono negabili ma, in fondo, neppure la trasposizione in linguaggio appena provinciale dal quasi coevo momento lottesco dei paggi Onigo in S. Nicolò a Treviso.L'Assunzione, ricca di "capacità inventive e fantastiche", ha pericolose pause di vuoto, e le pale, abili, cadono qua e là nel macchinoso, complicate di troppo allargati riferimenti, dal binomio Bellini-Giorgione al Cima e fino al Romanino, allora attivo a Padova.
Agli stessi anni possono appartenere il Battista della londinese National Gallery (tavola), la Madonna con il Bambino del Parrish Art Museum di Southampton (tavola), i due tondi con l'Annunciazione del Museo civico di Vicenza (tela da tavola) e, plausibilmente, un disegno per una pala (Leningrado, Ermitage: Puppi, 1965 p. 338) di schietto sapore romaninesco.
Il 15 maggio 1513 risulta già avvenuto il ritorno dell'artista a Venezia (Ludwig, 1905: anche per i dati successivi): lo troviamo impegnato in atti testamentari o fiscali il 5 ott. 1514, il 31 ott. 1515, il 5 maggio 1518, il 31 marzo e il 28 sett. 1519; sempre, ad ogni modo, possedendo casa a Vicenza come provato da estimi del 1519 e 1525 (Foratti, 1907, p. 9). Il 7 marzo e il 2 apr. 1527 figura mandatario del gioielliere ferrarese Callisto Anichini (Cittadella): il che proverebbe, assieme all'esilio in Ferrara del figlio Vitruvio, dal 1523 al 1529, la consistenza dei supposti contatti del B. con quell'ambiente. Nel 1531 è "gastaldo" della scuola veneziana dei pittori; nel maggio e giugno 1535 appare ancora vivo. È molto probabile fosse già morto nel 1537: certo, lo era al 20 apr. 1538.
Purtroppo, la tarda produzione dell'artista, incapace di assimilare le ultime conquiste di Giorgione e l'incipiente drammaticità tizianesca senza, d'altro lato, mantenere il passo con le precorritrici novità lottesche, si fa via via più farraginosa e pesante. Se il S.Francesco della fiorentina collezione Noferi (tavola) rimane valido, variazioni belliniane come la Circoncisione già Brockebank ora all'Aia (coll. Venneulen; tavola), la Trasfigurazione della Carrara di Bergamo (tavola, che lo Heinemann, 1962, p. 56, assegna però al Cariani) e l'Adorazione del Bambino del Museo di Worcester (tela), posteriori al 1513, risultano stanche e convenzionali. Peggio, la pala di S. Michele di Murano (tela, forse subito dopo il 1517, oggi al Museo nazionale di Varsavia) e la Resurrezione della Carrara diventano perfino sgrammaticate; e la tela per S. Pietro di Montecchio Maggiore, del 1519, scopre, nonostante gli artifici, una rigida stanchezza. Ciò che segue, dalla Madonna con il Bambino, s. Giacomo e la donatrice della Galleria Pitti (tavola) alla Resurrezione del Museo padovano (tavola), dal frammento della Vaticana (tavola) con le teste della Madonna e del Bambino alle tavole veneziane di S. Giacomo dell'Orio e di S. Spirito, dislocandosi dal 1520 a circa il 1530, non rappresenta che un decennio di ovvia sconsolata routine. Dopo il '30, è probabile che l'artista, deluso, abbia cessato ogni attività.
Per opere perdute e disperse e qualche problema secondario tuttora aperto, si vedano Puppi, 1965, p. 374, n. 120, e Heinemann, 1962.
Fonti e Bibl.: Oltre alle precisazioni archivist. di G. Ludwig, Bonifazio de' Pitati..., in Jahrbuch der k. preussisch. Kunstsamml., XXII (1901), pp. 194-196 e Archival. Beiträge zur Gesch. der venezianischen Malerei,ibid., XXVI(1905), Beiheft, pp. 88-93, 95, si vedano: A. Foratti, G. B. pittore vicentino, Padova 1907; T. Borenius, Ipittori di Ficenza, Vicenza 1912, pp. 155-204. Fondamentale il saggio di L. Puppi, G. B. detto Marescalco, in Rivista dell'Ist. naz. d'archeologia e storia dell'arte, XIII-XIV(1964-65), pp. 297-374.
Per le fonti, G. Vasari, Le Vite..., a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, pp. 628, 650 s.; C. Ridolfi, Le maraviglie dell'arte..., a cura di D. von Hadeln, I, Berlin 1914, p. 43; L. Lanzi, Storia pittor. della Italia, VI, Milano 1838, pp. 64 s.: tutti mettono in luce l'abilità prospettica del Buoncosiglio. E ancora, L. N. Cittadella, Doc. ed illustraz. riguardanti la storia artistica ferrarese, Ferrara 1868, pp. 128 s., 239; B. Morsolin, Il Museo Gualdo in Vicenza, Venezia 1894, p. 200; A. Giacomelli, Acta Ecclesiae Montaneanensis quinta saecularia feliciter celebrantis, Padova 1936, pp. 69, 87 s.
Si vedano poi: Ch. L. Eastlake, Notes on the principal pictures in the Gallery of Venice, London 1888, p. 53; L. Venturi, Le origini della pittura venez., Venezia 1907, pp. 264 s.; J. A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, AHistory of Painting in North Italy, a cura di T. Borenius, II, London, 1912, pp. 138-145; A. Venturi, Storia dell'arte ital., VII, 4, Milano 1915, pp. 634-648; A. Foratti, Di alcuni quadri inediti di G. B., in Bollettino d'arte, XII (1918), pp. 70-80; K. T. Parker, North Italian Drawings of the Quattrocento, London 1927, p. 34, tav. 59; J. Lauts, Antonello da Messina, in Jahrbuch der kunsthistorischen Sammlungen in Wien, n.s. VII (1933), p. 85; Inv. degli oggetti d'arte d'Italia, W.Arslan, Prov. di Padova-Comune di Padova, Roma 1936, p. 48; H.Tietze-E. Tietze Conrat, The Drawings of the Ven. Painters in 15th and 16th Cent., New York 1944, p. 121, n. A 412; R. Pallucchini, Cinque secoli di pittura veneta (catal.), Venezia 1945, p. 55; R. Longhi, Viatico per cinque secoli di pittura venez., Firenze 1946, pp. 15, 60, 204; R. Pallucchini, I capolavori dei Musei veneti (catal.), Venezia 1946, pp. 87 s.;Id., Trésors de l'art vénitien. Catalogue, Milan-Bruxelles 1947, p. 31; G. Spettoli, B.: due frammenti d'affresco, in Paragone, I (1950), iI, pp. 58-60; A. Banti-A. Boschetto, Lorenzo Lotto, Firenze 1953, p. 63; Gallerie dell'Acc. di Venezia, S.Moschini-Marconi, Opere d'arte dei secc. XIV e XV, Roma 1955, pp. 140-143; Cat. delle cose d'Arte e di Antichità d'Italia, E. Arslan, Le Chiese di Vicenza, Roma 1956, pp. 5, 75, 127 s., 150 s.; Museo Civico di Padova, L. Grossato, Dipinti e sculture dal XIV al XIX sec. (catal.), Venezia 1957, pp. 36, 133; A. Martini, Spigolature venete: B. Montagna e G. D., in Arte veneta, XI (1957), pp. 60-61; B. Berenson, Pitture ital. del Rinascimento. Scuola veneta, Firenze-London 1958, I, pp. 51 s. e tavv. da 516 a 521; T. Pignatti, Pittura venez. del quattrocento, Bergamo 1959, p. 74; Museo Civico di Vicenza, F. Barbieri, Dipinti e sculture dal XIV al XV sec., Venezia 1962, pp. 93-110 (vedi anche indice analitico); F. Heinemann, Giovanni Bellini e i belliniani, Venezia 1962, I, pp. 229-231 (v. anche indice); L. Menegazzi, Cima da Conegliano (catal.), Venezia 1962, p. 70; L. Puppi, B. Montagna, Venezia 1962, vedi Indice;Id., Cima e B. Montagna, in Omaggio a Cima da Conegliano, Treviso 1962, p. 15; Id., G. Speranza,in Riv. dell'Ist. naz. d'archeologia e storia dell'arte, n.s., XI-XII (1962-63), pp. 370 s.; F, Barbieri, Schede, in Pietra di Vicenza, Vicenza 1970, pp. 36 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, pp. 229 s.; Encicl. Ital., VIII, pp. 116 s.