MONTEMAGNO, Buonaccorso da
MONTEMAGNO, Buonaccorso da (Buonaccorso il giovane). – Nacque a Pistoia, figlio di Giovanni da Montemagno e di Taddea di Bartolomeo Tonti. La data di nascita è stata fissata da Guido Zaccagnini tra il 1391 e il 1393: il matrimonio di Giovanni con Taddea risale, infatti, al 1390, mentre il 30 luglio 1417 Buonaccorso fu eletto tra i 22 cittadini pistoiesi incaricati da Firenze di riformare la loro città natale, incarico ufficiale che non poteva essere affidato a chi non avesse ancora compiuto 24 anni.
La richiesta di riforma degli uffici del 1417, sebbene partita da Pistoia (tramite l’invio ufficiale di due ambasciatori, Maziotto di Andrea e Piero di Giovanni Andrea), venne poi condotta in maniera esclusiva dalla Repubblica fiorentina, tanto che i priori chiesero e ottennero che la scelta dei riformatori venisse decisa non dalla sola magistratura pistoiese ma anche dal podestà e dal capitano del popolo, entrambi inviati appunto da Firenze. Per tale motivo è ipotizzabile che Buonaccorso dovesse essere giudicato persona di fiducia anche, se non soprattutto, dal Comune fiorentino.
Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza nel 1415, Buonaccorso venne eletto nell’aprile del 1421 gonfaloniere della città di Pistoia, la più alta carica cittadina. In quel periodo, tuttavia, si trovava a Firenze come giudice nel quartiere di S. Croce avendo scelto, come già suo padre Giovanni, la residenza nel capoluogo toscano. Per tale motivo l’incarico venne assunto in sua vece da Lanfranco Michele degli Astesi. La scelta di Firenze come luogo di residenza abituale divenne in seguito definitiva, come è attestato dalla denuncia effettuata da Buonaccorso agli ufficiali del Catasto il 12 luglio 1427, in cui dichiarò di risiedere nel popolo di S. Procolo a pigione presso la moglie di Giovanni di Credi Fighineldi e chiese di poter essere esentato dalle imposte in virtù del privilegio acquisito nel XIII secolo da Corrado da Montemagno.
La famiglia dei da Montemagno godeva infatti di particolari diritti a Firenze (tra cui la possibilità di ricoprire cariche pubbliche e l’esenzione da ogni tributo) grazie al fatto che Corrado aveva combattuto nel 1266 con Carlo d’Angiò e i guelfi toscani nella battaglia di Benevento contro Manfredi.
Nell’agosto del 1422 Buonaccorso venne nuovamente eletto a Pistoia gonfaloniere di porta Caldatica (come già era accaduto al nonno e al padre): ma anche questa volta fu costretto a rifiutare la nomina (al suo posto venne nominato Niccolò Zenoni).
È probabile che nella decisione abbia anche avuto una forte influenza la presa di posizione dell’allora rettore dello Studium fiorentino, Malavolti da Siena, che il 31 agosto 1422 (una settimana prima della data fissata per il giuramento e per la conseguente presa in carico dell’ufficio a Pistoia da parte di Buonaccorso) gli proibì esplicitamente di allontanarsi dalla città senza permesso. Nel settembre del 1421 Buonaccorso aveva infatti ottenuto la cattedra di giurisprudenza a scapito dell’aretino Antonio di Rossello Rosselli, che si recò poi a insegnare diritto canonico a Padova, ed è probabile che il rettore non volesse correre il rischio di privarsi di un insegnante di così alto livello.
Nel 1421 (o comunque nei primissimi mesi del 1422) morì la madre Taddea. In quello stesso anno (29 marzo) in un breve di papa Martino V diretto al fiorentino Antonio degli Alessandri, chiamato come podestà a Bologna, fu concesso a Buonaccorso il privilegio di assolvere al ruolo di coadiutore del podestà anche se in contrasto alla norma che impediva di chiamare per un simile incarico persone che avessero vissuto in città nei dieci anni precedenti (il breve è pertanto dimostrazione indiretta di un suo soggiorno bolognese ante 1422). In seguito a tale incarico Buonaccorso fu giudice dei Malefizi nella città emiliana.
È probabile che agli anni dell’insegnamento presso lo Studio fiorentino debba risalire l’amicizia con Palla di Noferi Strozzi, cui dedica il sonetto Spirto gentil, che nostra cieca etate (Le rime…, a cura di Spongano, p. 57) lodandone la propensione agli studi affiancata alla vita attiva e chiedendogli di poter ≪a l’ombra sua chiara bearsi≫ (v. 14): e infatti Palla Strozzi fu uno dei principali governatori e protettori dello Studium, nonché punto di riferimento dell’intellettualità fiorentina di primo Quattrocento. Mancano invece prove certe che a Palla fosse indirizzato il sonetto Un pianger lieto, un lagrimar soave (ibid., p. 19), come voleva invece Giovanni Casotti (curatore delle Prose e rime de’ due Buonaccorsi da Montemagno…, 1718, p. 222) che in lui identificava il ≪cortese ingegno, alto e perfetto≫ (v. 13) destinatario dei versi (in verità del tutto generici). Il sonetto Virtù del ciel sopra ’ vostri occhi piova (Le rime…, p. 54) è invece rivolto ai figli di Palla, Carlo ed Ettore, entrambi fanciulli (Carlo, deceduto all’età di 28 anni nel 1449, doveva averne 9 al momento della morte di Buonaccorso): in esso ringrazia i due ragazzi per aver composto una poesia in onore della donna da lui amata.
All’ambito accademico dell’esercitazione retorica sono da ricondurre gli scritti latini in prosa di Buonaccorso (tre in tutto, pubblicati integralmente solo da Casotti). Di essi il più importante è senza dubbio il trattato De nobilitate (si vedano in particolare i codici Ashburnham 18, Firenze, Biblioteca Mediceo-Laurenziana e Conventi soppressi I.IX.4, ibid., Biblioteca nazionale), dedicato a Carlo Malatesta, in cui si finge che due personaggi, Publio Cornelio Scipione (di nobili natali) e Gaio Flaminio (di censo meno elevato), diano avvio a una disputa dinanzi al Senato sul concetto appunto di nobiltà.
Tale disputa ha lo scopo di rivelare quale dei due sia il più nobile e, quindi, possa essere accettato per sposo da una giovane virtuosa di nome Lucrezia. Scipione sostiene, come ci si può attendere, le ragioni della nobiltà di stirpe, Flaminio quelle della nobiltà di costumi. Il trattato è in realtà strutturato su due orazioni contrapposte (e, tra l’altro, il lettore non è informato in merito alla decisione conclusiva di Lucrezia) ed è il primo e precoce esempio di un dibattito che scandirà la prima meta del Quattrocento. La fortuna del De nobilitate è testimoniata non solo dall’alto numero di codici che lo riportano ma anche dai due volgarizzamenti che vennero scritti a immediato ridosso della diffusione del testo latino (uno forse opera dell’umanista Giovanni Aurispa).
Sempre nel campo della prosa, molto più controversa è l’attribuzione a Buonaccorso di alcune orazioni in volgare scritte per essere recitate da Stefano Porcari (capitano del popolo a Firenze a partire dal primo semestre del 1427 sino al secondo semestre del 1428): quattro ne stampò Casotti (1718) ma, secondo Zaccagnini (1899, pp. 27-34), esse sono in realtà tutte da attribuire alla penna dell’umanista romano.
Nel luglio 1428 Buonaccorso venne inviato dalla Repubblica fiorentina come ambasciatore dapprima presso Paolo Guinigi, signore di Lucca, e poi presso i Fregoso e i Fieschi, nobili famiglie residenti nella Riviera ligure di Levante. Tale missione rientrava nell’ambito delle conseguenze della pace di Ferrara siglata il 19 aprile 1428, che metteva fine alla lunga guerra tra l’alleanza capeggiata da Filippo Maria Visconti duca di Milano e Firenze. In questo contesto, Buonaccorso avrebbe dovuto richiedere al signore di Lucca il pagamento degli arretrati per il mantenimento delle milizie mercenarie di Niccolò Fortebraccio e alle famiglie liguri la restituzione ai Malaspina, alleati di Firenze, di alcuni castelli (dell’esito di tali trattative Buonaccorso aveva informato la Repubblica il 26 luglio, come si deduce da una nota ufficiale inviatagli il 7 agosto di quello stesso anno: entrambi i documenti sono pubblicati da Zaccagnini, 1899, pp. 48-51).
Buonaccorso morì a Firenze il 16 dicembre 1429 e fu sepolto in S. Croce.
La sua morte, come ricordava Flamini, venne ricordata nel sonetto adespoto (conservato nel Ashburnham 446 della Biblioteca Mediceo- Laurenziana di Firenze) Erano ambe già l’ale all’aura sparte, dall’evidente richiamo incipitario a Petrarca e in cui vengono evocati nel compianto i nomi di Cino, Dante, Boccaccio, Cavalcanti e Guittone oltre, appunto, all’autore del Canzoniere.
Le rime di Buonaccorso non contengono elementi interni utili per una datazione (se si escludono quelli, molto vaghi, nei già citati sonetti rivolti a Palla Strozzi e ai suoi figli). È evidente, comunque, l’influenza dell’esperienza poetica di Petrarca, da cui il nostro mutua non solo evidenti richiami tematici, come il mito dafneo rievocato in Ahi gentil, triunfante e sacro alloro (Le rime…, a cura di Spongano, p. 38), ma una fitta serie di richiami linguistici. All’enorme fortuna manoscritta di cui ha goduto la sua opera in versi (per alcuni sonetti il testimoniale raggiunge i 50 codici) fu motore, in maniera non irrilevante, il successo che la sua poesia riscosse alla fine del secolo XV nell’ambito della riscoperta della lirica volgare caratteristica degli ambienti medicei. Buonaccorso, non a caso, sarà tra i rari poeti non duecenteschi a essere incluso nella Raccolta aragonese, commissionata da Lorenzo de’ Medici ad Angelo Poliziano e dedicata a Federico d’Aragona, oggi perduta (ma è possibile ricostruirne il contenuto da quello dei codici che ne sono derivati).
Le sue rime sono state tramandate confuse con quelle del suo omonimo nonno, Buonaccorso da Montemagno il Vecchio. Raffaele Spongano, che ha curato l’edizione critica in versi dei due poeti, gli ha attribuito 26 sonetti, un madrigale e una stanza di canzone.
Opere: Orazioni di Buonaccorso da Montemagno il Giovine con le rime di Buonaccorso da Montemagno il Vecchio, a cura di M. dello Russo, Napoli 1862; De nobilitate, in Prosatori latini del Quattrocento, a cura di E. Garin, Milano- Napoli 1952, pp. 142-165; Le rime dei due Buonaccorso da Montemagno, ed. critica a cura di R. Spongano, Bologna 1970.
Fonti e Bibl.: Prose e rime de’ due Buonaccorsi da Montemagno con annotazioni ed alcune rime di Niccolò Tinucci, a cura di G. Casotti, Firenze 1718; F. Flamini, La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnifico, Pisa 1891, pp. 331, 393, 414; G. Zaccagnini, Notizie sulla vita di Buonaccorso da Montemagno il giovane, in Bull. stor. pistoiese, I (1899), pp. 60-73 (poi ampl. col titolo Buonaccorso da Montemagno il giovane. Studio biografico con notizie delle «prose», in Studi di letteratura italiana, I [1899], pp. 1-51); F. Flamini, recensione a G. Zaccagnini, Notizie sulla vita, in Rass. bibliogr. della letteratura italiana, VII (1899), pp. 230-233; G. Zaccagnini, Nuove notizie intorno alla vita di Buonaccorso da Montemagno, in Bull. stor. pistoiese, XXXI (1929), pp. 1-5; F. Gaeta, Dal Comune alla corte rinascimentale, in Letteratura italiana (Einaudi), I, Il letterato e le istituzioni, Torino 1982, pp. 229 s.