BULINO (fr. burin; sp. buril; ted. Radiernadel; ingl. burin, graver)
Strumento per incidere il rame, composto di un'asticciuola quadrangolare d'acciaio, tagliata obliquamente ad un'estremità, e infissa con l'altra in un manico di legno tornito a foggia di fungo. Il taglio obliquo determina all'estremità del bulino una punta acuta detta becco, risultante dalla convergenza di tre piani: quello del taglio, e i due formati dai lati lunghi dell'asta o lama, il cui spigolo d'unione si chiama ventre del bulino, e dev'essere affilato e tagliente; mentre lo spigolo dei due lati superiori corti viene lasciato smussato dovendo su di esso appoggiarsi l'indice dell'incisore. Il becco, o naso, è più o meno sottile e sporgente secondo che l'asta ha per sezione una losanga, un romboide, un rettangolo o un quadrato; come pure secondo la maggiore o minore obliquità del taglio.
Il bulino dev'essere di acciaio grigio cenere, ben temperato. Se risulta fragile, vuol dire che la tempra fu troppo dura, e conviene allora addolcirla scaldandolo al giallo e tuffandolo nell'olio. Se invece si smussa senza rompersi, occorre cambiarlo, non essendo l'acciaio di buona qualità. Per affilarlo si passa sopra una pietra ad olio perfettamente spianata, prima il taglio, poi i due lati del ventre, tenendoli bene in piano. Per ultimo si dà una leggerissima curvatura dal sotto in su al becco, per evitare che la punta s'impegni troppo a fondo nel rame, incastrandovisi e spezzandosi. L'acutezza della punta si prova sull'unghia del pollice. L'affilatura è importantissima; dalla sua perfezione dipende la nettezza e scioltezza del segno, che altrimenti risulta sporco, come fosse graffiato, e non obbedisce all'impulso della mano, sviandosi facilmente. L'estremità del bulino opposta alla punta non viene temperata, affinché l'incisore possa variare a suo piacere l'inclinazione della lama rispetto al manico. Questo, una volta infittavi la lama, viene tagliato un poco sotto la metà, per poter fare agire lo strumento il più possibile parallelamente alla superficie della lastra.
Nel suo periodo di massimo splendore, l'arte del bulino fu quasi esclusivamente arte di riproduzione, tutta intesa a diffondere le opere delle sue sorelle maggiori, la pittura e la scultura. Con l'avvento dei mezzi meccanici da un lato, e dall'altro col diffondersi dell'acquaforte, più allettatrice per rapidità e ricchezza (non certo per profondità) di risultati, doveva inevitabilmente decadere. È da augurarsi che in avvenire il vecchio bulino dei nostri magnifici maestri venga ripreso da mani nuove, che cerchino ancora per suo mezzo nuove forme di bellezza.
Per il modo di adoperare il bulino v. incisione.