BULGARINI, Bulgarino
Di antica e nobile famiglia, nacque a Siena nel 1441 da Gheri e da Bartolomea Campioni. Studiò legge con il celebre giureconsulto Alessandro Tartagni da Imola e insegnò diritto civile in varie università italiane.
Dal 1476 al 1482 dimorò, a Ferrara, dove si conquistò fama di grande civilista. Nel febbraio del 1477 vi sostenne una pubblica disputa con altri eminenti giuristi della facoltà su un passo del Digesto (ff. de legatis et fidecommiis l. re coniucti: D. 32. 89). Nell'aprile del 1478 sfidò i giuristi bolognesi a una pubblica disputa che però non ebbe luogo per mancanza di interlocutori. Nel 1483 fu chiamato a Pisa con l'eccezionale stipendio di 450 ducati. Ritornò a Ferrara nel 1486 e vi restò fino al 1488. Nell'ottobre di quest'anno il Senato veneto incaricò il visdomino di Ferrara di impegnarlo per l'insegnamento a Padova con uno stipendio massimo di 400 ducati annui. Non pare che egli abbia accettato, ma è da escludere anche che abbia insegnato a Bologna come assicurano antichi biografi. Nel 1490 risulta invece a Siena dove insegnava diritto civile: in un rotulo di lettori per l'anno 1493 compare il suo nome con l'indicazione dello stipendio di ben 600 fiorini annui.
Il ritorno in patria significò per il B., che nel corso del suo girovagare per le università italiane aveva svolto una intensa attività di giurista consulente, l'ingresso nella vita politica cittadina: per il bimestre marzo-aprile 1492 ricoprì la carica di capitano e gonfaloniere di Siena. Aveva aderito alla fazione novesca, schierandosi con i Borghese e i Bellanti che, contro la politica del Petrucci diretta all'accordo con le altre fazioni cittadine, mirava a concentrare il potere nelle mani delle sole famiglie di sicura fede novesca. In tal senso alla fine di maggio 1494 si pronunciò invano contro la riforma costituzionale imposta poco prima dal Petrucci. Più tardi, ristabilitosi all'interno della fazione novesca l'accordo in conseguenza della minaccia all'indipendenza della Repubblica costituita dalla discesa in Italia di Carlo VIII, il B. ne sostenne la politica di patteggiamenti con il re, diretta a impedire con opportune concessioni un serio condizionamento dell'influenza francese nella vita politica della città. Nel giugno 1495 prese così la parola, alla presenza dello stesso Carlo VIII, per respingere la proposta avanzata dall'opposizione faziosa di lasciare un presidio francese a Siena. Il suo intervento non ebbe però successo e il governo novesco dovette accettare la presenza di una guarnigione francese.
La decisione reale impose una svolta alla politica estera novesca che tentò ora di giocare la carta imperiale in funzione antifrancese. Il 25 ag. 1495 il B. fu incaricato di recarsi in ambasceria presso il re dei Romani: l'istruzione rilasciata lo stesso giorno gli ordinava di fermarsi a Milano per esporre a Ludovico il Moro, il fedele alleato di Massimiliano, gli obiettivi della politica estera senese: eliminare il presidio e l'influenza francesi, rivendicare il possesso di Montepulciano ribelle a Firenze, impedire il ritorno di Pisa al dominio fiorentino. Al re dei Romani doveva chiedere successivamente di restituire Siena, città imperiale, alla sua indipendenza, offrendogli ospitalità per il caso di una sua discesa in Italia che si riteneva imminente. Della missione del B. non si hanno ulteriori notizie, ma dovette avere successo. Di una seconda missione diretta a sollecitare la conclusione di una lega italiana contro Firenze si hanno invece notizie più precise: il 15 ag. 1496 il B. fu incaricato di recarsi a Venezia, che raggiunse di lì a poco, senza riuscire però a convincere quel governo dell'opportunità di scendere in campo contro Firenze.
Dopo il fallimento della missione veneziana il B. si disponeva a rientrare in patria, quando lo raggiunse una seconda istruzione della Balia che gli ingiungeva di raggiungere il re dei Romani, disceso nel frattempo in Italia, per rinnovargli l'offerta di ospitalità e la richiesta di intervento nella questione di Montepulciano. Neanche l'esito di questa seconda ambasceria presso Massimilano è noto: si sa tuttavia che Siena mandò al re dei Romani, impegnato nell'assedio di Livorno, due cannoni, segno evidente che i negoziati intavolati dal B. non restarono senza conseguenze.
Il B. ritornò in patria e si disponeva a trasferirsi a Ferrara, dove l'aveva invitato il duca Ercole d'Este, suo antico protettore, quando ai primi di agosto del 1497 lo colse la morte.
Del B. ci sono rimasti alcuna consilia inediti (Pisa, Bibl. Univ., cod. 704, f. 108: Kristeller, II, pp. 74) e alcuni lavori a stampa: Quaestiones sex de bonorum possessione, edite a Siena da Enrico de Harlem nel marzo e nell'ottobre del 1491; Repetitio super rubrica et titulo soluto matrimonio quemdemodum dos petatur, stampata a Siena dallo stesso Enrico de Harlem nel marzo e nel settembre del 1491 e poi a Bologna, da Ugo Ruggeri, nel 1498; Disputatio de testamentis, edita dallo stampatore senese nel 1493, e infine Repetitio super rubrica De verborum obligationibus e Repetitio super l. petens C. de pactis, delle quali si ignora l'editore e che apparvero a Siena rispettivamente nel 1497 e nel 1498 (Ind. gen. degli Incunaboli, I, p. 286, nn. 2222-2227; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, V, coll. 644-648, nn. 5720-5727; Hain, Repertorium, I, p. 570, nn. 4067-4072). In questi lavori il B. si propone di rivedere la tesi dei più autorevoli interpreti del passato - in particolare quelle di Bartolo e di Baldo - alla luce dell'evoluzione della prassi giuridica e dei nuovi indirizzi della dottrina. Di grande interesse, sotto questo profilo, sono le sue Quaestiones sex de bonorum possessione, ove il B. conduce una precisa e puntuale revisione della dottrina bartoliana sull'istituto sottolineandone l'inadeguatezza alla soluzione di vari casi concreti. Il discorso del B. si articola, infatti, in una ricca e lunga casistica, esaminata non tanto al fine di arrivare ad una nuova interpretazione complessiva dell'istituto, quanto allo scopo di dare alle fattispecie che si presentano nella prassi una risposta adeguata alle nuove esigenze del tempo: un preciso saggio di tale metodo offre ad esempio l'ultima e più importante quaestio di cui il B. si occupa, quella relativa alla possibilità del possessor di adire l'eredità iure civili.
Fonti e Bibl.: Allegrettus de Allegrettis, Ephemerides senenses, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., XXIII, Mediolani 1733, coll. 831, 848, 859; Legaz. di messer B. B. all'imper. Massimiliano I e alla Serenissima Repubblica di Venezia, a cura di A. Lisini, Siena 1888; M. Sanuto, Diarii, I, Venezia 1879, coll. 220, 708; G. Pardi, Titoli dottorali conferiti dallo Studio di Ferrara nei secc. XV e XVI, Lucca 1900, pp. 69, 71, 73, 79; Diario ferrarese di Bernardino Zambotti, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXIV, 7, a cura di G. Pardi, ad Indicem;Arch. di Stato di Siena, Arch. del Concistoro del Comune di Siena. Inventario, Roma 1952, p. 130; T. Diplovatatii De claris iuris consultis, in Studia gratiana, X (1968), p. 419; G. A. Pecci, Memorie storico-critiche della città di Siena, I, Siena 1755, p. 136; A. Fabroni, Historia Academiae Pisanae, I, Pisis1791, pp. 212, 240-244, 246; L. Zdekaucr, Lo Studio di Siena nel Rinascimento, Milano 1894, p. 191; G. Della Santa, Un episodio della vita universitaria di Giason Del Maino, in Nuovoarch. veneto, n.s., IV (1904), pp. 250, 257; G. Pardi, Lo Studio di Ferrara nei secc. XV e XVI, Ferrara 1903, p. 108; E. Besta, Fonti, in Storia del diritto italiano, a cura di P. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, p. 864; Novissimo Digesto Italiano, I, p. 594.