BULÈ (Βουλή)
Nei tempi omerici la bulè è l'adunanza dei nobili che si riuniscono intorno al re e gli dànno consigli. Spesso s'incontra in Omero l'epiteto di "vecchi" (γέροντες) dato a questi consiglieri, e si comprende come gli uomini attempati esercitino la loro azione più col senno che nella milizia (Iliade, VI, 113; cfr. III, 150). Ma anche i giovani nobili formavano il consiglio del re, quando erano liberi dalla milizia. Forse i camerati (ἑταῖροι) anch'essi potevano essere buleuti, perché nobili e banchettanti col re.
Quando alla monarchia sottentra l'oligarchia o la democrazia, la bulè costituisce il consiglio dello stato e quasi sempre funziona accanto all'assemblea popolare, rivelando così una continuazione delle consuetudini omeriche. In quasi tutti gli stati della Grecia sappiamo che accanto al popolo (δῆμος) esisteva una bulè; ma una conoscenza più precisa abbiamo solo della bulè ateniese. Oltre alla bulè dell'Areopago vi sarebbe stata un'altra bulè, di 401 membri, che Dracone avrebbe istituita; ma la notizia non è attendibile, e il numero 401 si spiega forse supponendo che l'autore abbia contato anche il magistrato che l'avrebbe convocata e presieduta. A Solone è attribuita l'instaurazione di una bulè di 400 membri, tolti 100 da ciascuna tribù genetica ateniese, Argadei, Egicorei, Opleti e Geleonti; ma anche sull'esistenza di questa bulè sono stati sollevati dei dubbî. Un'altra bulè fu, invece, certamente parte organica del complesso di riforme operato da Clistene Alcmeonide: ognuna delle dieci tribù locali eleggeva 50 buleuti, sorteggiandoli, e assoggettando la bulè alla docimasia. Questa bulè non mutò la sua costituzione originaria dopo la pausa quadrimestrale del 411 e la breve applicazione della costituzione di Teramene, fino a quando non si aggiunse alle dieci tribù clisteniche prima la tribù Antigonide e la tribù Demetriade, poi finalmente insieme con queste la tribù Tolemaide, poi, soppresse quelle due, l'Attalide. Allora la bulè fu composta di seicento membri.
Per diventare buleuti in Atene, come in altre città, bisognava avere raggiunto l'età di trent'anni. L'aspirante, designato dalla sorte, veniva assoggettato a un esame (δοκιμασία), e se questo gli riusciva sfavorevole, quello a cui era toccato un numero sufficiente di voti prendeva il suo posto. I nuovi buleuti nel sec. V entravano, pare, in funzione prima che fosse finito l'anno attico, cioè verso la metà di Sciroforione, che corrisponde approssimativamente al giugno-luglio. I vecchi buleuti singolarmente dovevano render conto del loro operato durante l'adempimento dell'ufficio. L'espulsione di un membro dal seno della bulè si effettuava scrivendo sopra un foglio il nome dell'espellendo; ma forse vi era appello al tribunale popolare da parte del colpito.
La bulè era divisa in dieci sezioni secondo il numero delle tribù e ogni tribù per una decima parte dell'anno teneva la pritania, cioè regolava gli affari urgenti e faceva il programma delle proposte che si dovevano presentare prima alla bulè plenaria, poi all'assemblea popolare. Questi pritani nominavano nel loro seno un presidente (ἐπιστάτης), un segretario (γραμματεύς) e un tesoriere (ταμίας). Sul principio del quarto secolo fu separata la presidenza della bulè e dell'assemblea popolare dalla pritania, e si scelse un collegio di nove proedri dalle tribù che non esercitavano la pritania. Il presidente (ἐπιστάτης) teneva l'ufficio a turno: una notte e un giorno, come una volta il presidente della pritania. Le riunioni si tenevano in un edificio chiamato buleuterio, ma potevano tenersi anche altrove, come il senato romano non si riuniva sempre nella curia. Le competenze erano vaste tanto in cose finanziarie quanto in cose politiche, e, quantunque l'ultima parola spettasse all'assemblea popolate, l'esito dipendeva spesso dal modo come le sedute erano preparate.
Bibl.: Öhler, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., III, coll. 1020-1037; Caillemer, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire ecc., I, pp. 738-744; Busolt, Griechische Geschichte, 2ª ed., II, Gotha 1895, p. 430 seg.; id., Griechische Staatskunde, II, Monaco 1926, p. 1019 segg.; U. Wilamowitz-Möllendorff, Aristoteles und Athen, Berlino 1893, I, p. 289 seg.; II, p. 191; H. Swoboda, Die griechischen Volksbeschlüsse, Lipsia 1890; G. De Sanctis, Ατϑίς, storia della Repubblica ateniese, 2ª ed., Torino 1912, passim. Vedi ancora E. Meyer, Geschichte des Altertums, II, Stoccarda 1893, pp. 659, 803; J. Beloch, Griechische Geschichte, 2ª ed., I, ii, Strasburgo 1913, p. 328 seg., dove cerca di rivendicare a Pisistrato le riforme clisteniche; V. Costanzi, Le costituzioni di Sparta e di Atene, Bari 1927, p. 36, n. 1; id., La costituzione di Clistene, in Rivista di filologia, n. s., IV (1926), p. 174; G. Gilbert, Handbuch der griechischen Staatsalterthümer, 2ª ed., I, Lipsia 1893, pp. 134 seg., 295 seg.