Boetticher, Budd (propr. Oscar Boetticher Jr)
Regista cinematografico statunitense, nato a Chicago il 29 luglio 1916 e morto a Ramona (California) il 29 novembre 2001. Il suo nome è rimasto legato soprattutto alla regia di film western ‒ quasi sempre scritti da Burt Kennedy e interpretati da Randolph Scott ‒ nei quali ha proposto personaggi solitari ma titanici, dalla psicologia semplice ma non banale, e ha reso l'immagine scarna ed essenziale, nella scelta dei paesaggi, dei costumi, dei colori e delle tecniche di ripresa. Realizzate a basso costo e dalla trama molto simile (un uomo che insegue la vendetta, ma alla fine non trova soddisfazione nel realizzarla), queste opere furono scoperte e amate dalla critica europea: André Bazin (1961) definì Seven men from now (1956; I sette assassini) un western esemplare, e Bertrand Tavernier, giovane critico di "Positif", pubblicò una lunga intervista con il regista (1964). Dopo aver terminato gli studi alla Ohio State University e aver praticato il football come professionista, si trasferì in Messico dove divenne uno dei più famosi toreri americani (praticò la corrida portoghese, che non prevede l'uccisione del toro). L'esperienza di matador gli aprì le porte del mondo cinematografico: venne infatti chiamato come consulente sul set del kolossal Blood and sand (1941; Sangue e arena) di Rouben Mamoulian. Ebbe così inizio la sua lunga carriera hollywoodiana. Il suo esordio come regista avvenne nel 1944 ma, pur avendo diretto ben undici film, la svolta decisiva fu segnata da Bullfighter and the lady (1951; L'amante del torero), prodotto da John Ford. Con questo melodramma, per il quale utilizzò per la prima volta il nome Budd, ebbe modo di tornare nel suo mondo preferito, quello della tauromachia. Tuttavia i film che successivamente attirarono l'attenzione della critica furono i sette western diretti tra il 1956 e il 1960, in particolare Seven men from now. Si tratta di opere caratterizzate dalla semplicità delle storie che raccontano e che ben si accorda con la ieraticità dell'attore protagonista, Randolph Scott. Tali requisiti rendono affascinante il ciclo Ranown, i western diretti dal regista e complessivamente definiti così dal nome della casa di produzione, creata appositamente per la serie da John Wayne, lo stesso Randolph Scott e Harry Joe Brown. Il lavoro di B. testimonia l'avvenuta trasformazione della struttura narrativa del genere, nell'ambito della quale, dietro l'apparente schematicità delle situazioni, viene fatta affiorare una maggiore profondità dei personaggi. Gli altri film famosi del ciclo furono The tall T (1957; I tre banditi) e Buchanan rides alone (1958; Il cavaliere solitario). Al di fuori del western, si rivelò notevole il poliziesco The rise and fall of Legs Diamond (1960; Jack Diamond gangster), con una stupenda fotografia di Lucien Ballard, realizzato in bianco e nero sui moduli del noir classico anni Trenta, e percorso da un'evidente simpatia per il criminale protagonista. Il viaggio in Messico per un documentario sul grande torero Carlos Arruza si rivelò un disastro: la lavorazione, che ebbe inizio nel 1962, venne più volte interrotta per il fallimento del produttore e poi per la morte di Arruza stesso. Il documentario uscì infine nel 1971. B. dovette anche affrontare un periodo di carcere per debiti, mentre tutti i vecchi amici gli voltavano le spalle. Quando il regista fece ritorno negli Stati Uniti, ormai emarginato dall'industria cinematografica, si ritirò in un ranch dove si dedicò all'allevamento dei cavalli da rodeo (nel 1985 diresse, sull'argomento, il documentario My kingdom for…) e scrisse un'autobiografia, When in disgrace (1971).
Questa lunga serie di disavventure contribuì ad accrescere ulteriormente la dimensione mitica del regista, considerato ormai l'ultimo grande individualista di Hollywood. B. non lavorò più per il cinema, mentre un suo soggetto venne utilizzato da Don Siegel per un film interpretato da Clint Eastwood, Two mules for sister Sara (1970; Gli avvoltoi hanno fame).
A. Bazin, Un western exemplaire, in Qu'est-ce que le cinéma, Parigi 1961, pp. 241-49; B. Tavernier, in "Cahiers du cinéma", juillet 1964, intervista a Boetticher; Budd Boetticher. The western, ed. J. Kitses, London 1969; B. Tavernier, À la rencontre de Budd Boetticher, in "Positif", juillet-août 1991.