BRUSCACCIO da Rovezzano (Giovanni)
Il nome di questo poeta, vissuto a Firenze tra la fine del XIV e il principio del XV sec., si affida al ms. C. 152 della Biblioteca Marucelliana di Firenze, nel quale il fiorentino Andrea Stefani, contemporaneo di B., trascrisse una cospicua antologia della lirica toscana trecentesca, di cui i componimenti del poeta da Rovezzano costituiscono, con quelli di un Manetto Ciaccheri, i termini più recenti.
Niente si sa di questo scrittore se non quel poco che il Medin, editore del canzoniere di B., poté ricavare dalle rime di lui: che si chiamava Giovanni (B. sembra un soprannome), come è chiaro nel "congedo" di una sua frottola contro Pisa; che, in un qualche periodo della sua vita, fu soldato a Fabriano, teste la sua canzone "Chari compagni, che per mia follia"; che, nella lotta tra le Arti minori e gli ottimati, fu tra quei moderati che appoggiarono i tentativi conciliatori di Donato Acciaiuoli. Il Medin accertò, inoltre, dalle allusioni storiche delle rime, che il piccolo canzoniere (sono tredici composizioni: nove canzoni, una sestina e tre fra sirventesi e frottole) fu sicuramente composto fra il 1393 e il 1409, in un'epoca tra le più travagliate della Repubblica fiorentina, stretta fra la lunga minaccia milanese e quella, effimera, di Ladislao di Napoli.
Proprio contro Ladislao, B. ebbe a rivolgere una canzone, "Io ti consiglio che tu stia al segno", che per la sua fierezza fermò l'attenzione del Croce, ed è certo esemplare del tono, di retore ingenuo ma non incondito, cui si affida la voce di Bruscaccio. La poesia di B., nutrita di passione politica, non dovette passare inosservata neanche tra i contemporanei, se lo Stefani ebbe cura di raccogliere le sue composizioni poetiche accanto a quelle dei migliori poeti del secolo. Gli incipit e le occasioni di alcuni dei componimenti possono ben suggerire il clima della raccolta: "Per liber mantenere il popol mio", canzone a Maso degli Albizzi, nel suo gonfalonierato (1393) e, allo stesso, la canzone "Io parlerò perc'altri non si taccia"; "Aprite gli occhi, o cari cittadini", canzone "agli Ambasciadori Fiorentini et a' Dieci di Bologna quando aveano a dare il lodo tra il Marchese Niccolò d'Este e il Conte Giovanni da Barbiano e Astore Manfredi" (1395-96); "O terco sacro ciel, col tuo valore", canzone "quando messer Donato Acciaiuoli fu confinato a Barletta" (1396); "Agri sospir, che dal doglioso core", canzone "quando fu rotto il duca di Melano a Mantova" (Governolo, 28 ag. 1397); "Che fai, che pensi, o alma negligente", sirventese contro Venceslao di Lussemburgo (1409); e, oltre alla menzionata canzone contro Ladislao, la sestina "Formato ch'ebbe Iddio i cieli e il mondo", nella quale invoca la fine dello scisma e la pace in Italia, nonché una frottola contro Pisa, "Deus in aiutorium meo m'intende", il cui soprannome, "Pisanella", lascia trasparire l'intenzione, ma forse anche l'effetto, d'una vasta circolazione popolare.
Fra le rime non politiche, più che due canzoni, fra stilnovistiche e petrarchesche (l'una d'amore, "Nova angioletta, che dall'alto Inpiro", l'altra di pentimento, "Lasso, che giunto son presso alla sera" nella quale "considerando la sua vecchieçça et com'è vivuto peccatore... invoca nostra donna per lui"), sono degni di nota i versetti "Specchio delle donne sanç'amore", in cui par di cogliere, nonostante l'impiego di un motivo topico come la contrapposizione delle bellezze giovanili alla deformità della vecchiaia, una certa realistica schiettezza.
Bibl.: Due canzoni politiche di B. da R. ..., a cura di P. Fanfani, Firenze 1863, pp. 5-9; F.Zambrini, Le opere volgari a stampa…, Appendice, Bologna 1884, p. 22;A.Medin, Le rime di B. da R., in Giorn. stor. della letter. ital., XXV (1895), pp. 185-248;F. Zambrini, Le opere volgari a stampa…, Supplem., a cura di S. Morpurgo, Bologna 1929, n. 399; B. Croce, Ricerche di antica letteratura meridionale, in Archivio stor. per le provincie napol., n.s., XVII (1931), pp. 25-27; Poeti minori del Trecento, a cura di N. Sapegno, Milano-Napoli 1952, pp. 241-49, 1144; N. Sapegno, Il Trecento, Milano 1966, pp. 496-498; D. Weinstein, The myth of Florence, in Florentine Studies…, a c. di N. Rubinstein, London 1968, pp. 32 s.; Rimatori del Trecento, a c. di G. Corsi, Torino 1969, pp. 546-56.