MIGLIORINI, Bruno
– Nacque a Rovigo, il 19 nov. 1896, da Antonio Bindo, originario di Fiesso Umbertiano, insegnante di disegno nelle scuole tecniche della città, e da Erilde Delaito di Arson (Belluno).
Ad Arson, durante le vacanze estive, fu avviato dal nonno materno, Giuseppe Delaito, insegnante e poliglotta, allo studio e all’amore per le lingue, e sempre qui, fin dagli anni della Grande Guerra, il M. venne raccogliendo le voci della parlata locale, che avrebbe più tardi pubblicato con la collaborazione di G.B. Pellegrini (Dizionario del feltrino rustico, Padova 1971).
Terminate le scuole a Rovigo, dal 1914 si stabilì con la famiglia a Venezia e per due anni frequentò i corsi di lingue moderne alla Ca’ Foscari, per poi iscriversi nel 1916-17 alla facoltà di lettere di Padova, dove la famiglia si era spostata per l’avanzare del fronte, seguendo con passione le lezioni (in particolare quelle di V. Crescini) e compiendo il suo servizio militare. Dopo Caporetto, trasferitosi a Roma con i familiari profughi di guerra, poté concludere la sua formazione universitaria alla Sapienza, alla scuola di V. Rossi, L. Ceci e C. De Lollis, allora docente di letterature e lingue romanze, con cui si laureò nel 1919, discutendo una tesi già ideata negli anni veneziani, «Nomi propri di persona nel vocabolario comune».
In essa il M. affrontava le motivazioni e i procedimenti antonomastici e metonimici che portano alla formazione di appellativi a partire da nomi individuali e familiari. Si trattava di un settore del lessico che, sulla base di un’ampia documentazione tratta dalle lingue classiche e moderne e dai dialetti romanzi, era analizzato per la prima volta in modo sistematico nelle sue varie sfaccettature, così da evidenziare la complessa stratificazione, saggiata alla luce di mature e chiare concezioni semantiche e lessicologiche e delle più valide e aggiornate teorie della lingua: fra l’altro, vi si utilizzavano già gli innovativi concetti esposti da F. de Saussure nel Cours de linguistique générale del 1916. La tesi, accresciuta di materiali e attentamente rielaborata, fu alla base del volume Dal nome proprio al nome comune (Genève 1927) che conferì al M. notorietà internazionale.
Negli anni giovanili, a parte le prove letterarie del 1916 nella rivista studentesca veneziana Homines novi, accanto agli studi linguistici il M. coltivò con pari serietà quelli relativi all’esperanto.
Dell’allora promettente invenzione interlinguistica egli era venuto a conoscenza nel gennaio 1913, a Rovigo, da una conferenza del naturalista friulano A. Tellini. Appresa alla perfezione la lingua, aveva dato vita al circolo esperantista Verda Stelo e poi a Venezia, nel 1914, al gruppo Zamenhof (dal nome del creatore dell’esperanto L.L. Zamenhof), partecipando già quell’anno con successo ai Floraj Ludoj di Barcellona e iniziando, dal 1915, a collaborare assiduamente al quindicinale L’Esperanto di A. Paolet con scritti originali e recensioni, ma innanzitutto con un Esperanta sinonimaro a puntate in cui esaminava con metodo rigoroso il lessico della lingua artificiale. Il suo atteggiamento nei confronti dell’esperanto era dettato, infatti, oltre che da ragioni ideali, anzitutto dalla curiosità del linguista. Come altri studiosi dell’epoca il M. affrontò in modo spassionato e obiettivo la questione della lingua artificiale: riconosciuta l’utilità pratica dell’esperanto, si trattava di svolgerne le potenzialità e le risorse lessicali, rendendo sempre più duttili i processi che regolano l’accrescimento del suo vocabolario. Ne sostenne la superiorità, in discussione con il matematico G. Peano fautore di un «latino sine flexione» (Esperanto & Interlingua, San Vito al Tagliamento 1924) e, in vari congressi esperantistici, presentò i temi che più gli stavano a cuore: il comune vocabolario europeo (Oxford, 1930), la componente di lessico «artificiale» presente nelle lingue nazionali (Parigi, 1932), i nomi di persona (Stoccolma, 1934). Con il medesimo intento diresse, fra il 1931 e il 1935, la rivista Lingvo Kritiko, mentre per un pubblico più vasto aveva approntato il limpido Manuale di esperanto (San Vito al Tagliamento 1923), continuamente ristampato, e, col fratello Elio, l’antologia Esperanta legolibro (ibid. 1925). Tuttavia, alla fine degli anni Trenta, il M., pur non sconfessando la sua attività a favore dell’esperanto, cessò di occuparsene direttamente, perché, nel nuovo clima politico e culturale instauratosi in Europa, si era reso conto che lo spazio per una lingua artificiale «neutra» si andava sempre più riducendo e che l’unica prospettiva reale era rappresentata da una lingua naturale da adottare in funzione ausiliaria, magari semplificatone l’uso, come proprio allora stava avvenendo col «basic english» elaborato da C.K. Ogden.
Dopo la laurea, dal 1920 al 1928, il M. aveva insegnato il francese come lettore all’Università di Roma; successivamente vi fu incaricato di linguistica neolatina e poi, nel 1931, di storia della lingua italiana: per tale incarico, il primo in Italia dedicato alla nuova disciplina, dettò una prolusione densa d’idee, Storia della lingua e storia della cultura (in La Cultura, XI [1932], pp. 48-60), in cui presentava le linee guida del suo storicismo linguistico. In quello stesso periodo aveva cominciato a collaborare con la Società filologica romana (per la cui collezione di manualetti scolastici «Dal dialetto alla lingua» realizzò nel 1925 i tre fascicoli di Esercizi di traduzione dai dialetti delle Venezie) e con l’Istituto di studi romani, dove impiantò e redasse uno schedario onomastico e toponomastico di Roma e del Lazio e dove, nel 1933, curò l’edizione postuma del Vocabolario romanesco di F. Chiappini. I maggiori contributi del M. restano, comunque, legati alla sua collaborazione con la rivista La Cultura e con l’Enciclopedia Italiana.
Suoi articoli comparvero fin dai primi numeri della rinata Cultura (1921), dove fu subito chiamato da C. De Lollis per affiancare la direzione (N. Festa, G. Gentile, G. Volpe, A. Zottoli) come segretario di redazione e poi come redattore capo; nell’ambito del periodico fu, in particolare, il principale artefice di una straordinaria e convinta apertura nei confronti delle correnti più moderne della linguistica europea: vi presentò, fin dai primi anni Venti, le opere di Ch. Bally e degli altri esponenti della scuola saussuriana; frequenti i suoi richiami ai lavori di A. Dauzat, L. Spitzer e di H. Schuchardt; nel 1933 pubblicò uno scritto di R. Jakobson sul Circolo linguistico di Praga. Alla morte di De Lollis (1928), con la direzione di F. Neri, il M. svolse un’importante funzione di raccordo in seno alla rivista, funzione che replicò nel periodo 1930-33, quando alla redazione romana, da lui stesso diretta, ne fu affiancata una milanese che faceva capo ad A. Cajumi; se ne allontanò nel 1934, quando la Cultura, rilevata dall’editore Einaudi, assunse un diverso carattere.
All’Enciclopedia Italiana il M. lavorò fin dal 1925 come segretario di redazione per la linguistica e la letteratura italiana, predisponendo lo schedario e fissando i criteri ortografici dell’opera; dal 1930 al 1933 non solo compilò alcune voci di linguistica, ma ebbe l’impegnativo incarico di redattore capo, facendosi particolarmente apprezzare da Gentile che sovente gli affidò compiti fra i più delicati.
Immerso in quelle stimolanti e aperte officine culturali, il M. affrontò l’indagine linguistica in una prospettiva più larga e vitale, e soprattutto con metodi nuovi, cogliendo fenomeni e fatti della lingua contemporanea ancora allo stato nascente e riuscendo non solo a descriverli con mano sicura nella loro sincronia, ma a ricollocarli sempre entro un più complesso quadro storico dove anche le vicende del presente acquistavano pieno e chiarificante risalto.
Da saggi e interventi di questi anni (la fortuna del suffisso -istico, l’origine del neologismo autarchia, i «prefissoidi» del tipo radio-diffusione, la storia del prefisso super-) prenderanno forma due dei suoi libri più originali: Lingua contemporanea (Firenze 1938) e Saggi sulla lingua del Novecento (ibid. 1941), che insieme rappresentano ancor oggi un affidabile profilo dell’italiano del secolo scorso.
Con lo stesso spirito aveva affrontato questioni linguistiche più generali (il rapporto fra lingua e cultura, la stratificazione sociale dell’italiano, i latinismi e il lessico europeo, il prestito di morfemi, il calco e l’irradiazione sinonimica, la metafora reciproca), e nodi particolarmente problematici dell’italiano (i nomi maschili in -a, l’aggettivazione senza suffisso, i nomi femminili in -trice), e della sua storia (il dialetto e la lingua nazionale a Roma, il ruolo di Firenze nella storia linguistica, la lingua di G. Galilei e quella di L. Ariosto), come svariati argomenti nel campo della linguistica latina e romanza, della semantica storica e della formazione delle parole, dell’onomastica e dell’ortografia, in lavori che saranno progressivamente raccolti nei volumi Lingua e cultura (Roma 1948), Saggi linguistici (Firenze 1957), Lingua d’oggi e di ieri (Caltanissetta-Roma 1973).
Intanto, nel 1933, il M. aveva accettato la cattedra di filologia romanza a Friburgo (Svizzera), dove ebbe modo di riconsiderare da un osservatorio d’eccezione i problemi delle lingue europee, e in particolare anche le tante proposte e discussioni che in quel periodo vertevano sui processi di standardizzazione, di unificazione terminologica, di pianificazione linguistica.
Consapevole che all’esperto non è dato «imporre decisioni in fatto di lingua», ma deve «esporre soltanto pareri», seguendo l’invito rivolto ai linguisti affinché si occupassero concretamente delle rilevanti trasformazioni in atto dalla fine della guerra, il M. prospettò una equilibrata strategia per la realtà italiana, in modo che nell’intervenire sulla lingua si adottassero criteri funzionali e storici in armonia con la sua struttura e le sue naturali tendenze evolutive, piuttosto che le arbitrarie prese di posizione del vecchio purismo, o quelle della politica linguistica del fascismo, sfociata dalla metà degli anni Trenta nella sprezzante «autarchia linguistica» che alimentava una indiscriminata e vana campagna contro qualsiasi interferenza straniera. Per la concezione «neopuristica» del M., bisognava invece distinguere quando davvero mettesse conto adattare un forestierismo alle strutture fonomorfologiche della lingua o quando fosse da sostituire; su un altro piano, in base ai principî della linguistica applicata o «glottotecnica» che aveva contemporaneamente elaborato, si sarebbe potuto giudicare se una neoconiazione era ben formata e quindi idonea a radicarsi nell’uso (come capitò a due termini, l’uno sostenuto l’altro proposto da lui, autista e regista che nel 1932 sostituirono chauffeur e regisseur).
In ogni caso, se si volevano ottenere dei risultati efficaci, era necessario seguire da vicino gli sviluppi della lingua contemporanea e favorire la formazione di una più salda coscienza linguistica nei parlanti e di una loro maggior sensibilità di fronte ai problemi che via via si presentavano. Proprio a questo scopo il M. ebbe l’idea, insieme con G. Devoto, di dar vita a una rivista, Lingua nostra (che fu pubblicata dal 1939), dedicata in modo specifico e serio allo studio dell’italiano, ma che fosse rivolta anche ai non specialisti, conciliando due esigenze entrambe imprescindibili: «il rispetto per una gloriosa tradizione e la rispondenza alle necessità moderne».
Nel 1939 ebbe anche inizio il suo insegnamento, a Firenze, di storia della lingua italiana, una cattedra voluta dal ministro G. Bottai; divenne, dunque, più urgente per il M. il progetto che accarezzava da tempo, di dare all’Italia una grande trattazione storica della sua lingua.
Tale storia non doveva limitarsi alle fasi più antiche della lingua o alle sue vicende letterarie e allo stile degli scrittori, ma mirare a ricostruire la «complessa realtà dell’uso linguistico quotidiano»: la lingua nel suo insieme e nel suo perpetuo evolversi, a cui contribuiscono anche quella di giuristi, economisti, artisti, tecnici, scienziati. Inoltre «ecco a ogni momento il singolo popolano il quale conia una parola o lancia un frizzo che saranno ripetuti domani da un’intera città o magari da tutta l’Italia. Inoltre, è opera del popolo (inteso come totalità della nazione) quella spinta generale, quel muto consenso nell’accettare o nel respingere un’innovazione che dà consistenza all’uso» (Storia della lingua italiana, Firenze 1960, p. VIII).
Abbozzata l’opera fin d’allora, dopo la guerra ne pubblicò una prima dettagliata sintesi – separata la «storia esterna» dell’italiano da quella «interna», mentre alla cosiddetta «questione della lingua» era riservata una trattazione a parte – nella miscellanea curata da A. Momigliano, Problemi e orientamenti critici di lingua e di letteratura italiana (II, Milano 1948, pp. 57-104; III, ibid. 1949, pp. 1-76); mentre nel corso degli anni Cinquanta, o in forma di dispense o come articoli in rivista, anticipò molti dei capitoli del volume che volle far uscire nel 1960 (Storia della lingua italiana, cit.), l’anno del «millenario» del placito di Capua, il più antico documento dell’italiano.
La Storia del M., che nasceva da ricerche sterminate, compiute in gran parte di prima mano, e tentava di imbrigliare la miriade di fatti descritti in una organica e compiuta sintesi storica, fu subito accolta come una novità insperata, e divenne un punto di riferimento non solo per gli storici e i linguisti, ma per ogni studioso della cultura italiana.
Parallelamente a questa centrale e assorbente attività di storico della lingua, nel dopoguerra il M. continuò a svolgere importanti ricerche particolari nei vari settori della linguistica che sempre lo avevano appassionato, semmai accentuando adesso l’interesse per i problemi legati alla scuola e all’insegnamento, ai mezzi di comunicazione sociale, alle norme ortografiche, e svolgendo una fitta attività divulgativa, attraverso rubriche linguistiche sui giornali e alla radio, i cui frutti migliori saranno raccolti nei volumetti Conversazioni sulla lingua italiana (Firenze 1956), La lingua italiana d’oggi (Torino 1957), Profili di parole (Firenze 1968), Parole e storia (Milano 1975).
Pregevole e innovativa la sua grammatica per le scuole, La lingua nazionale (Firenze 1941), successivamente riproposta in versioni aggiornate, e il manuale universitario di Linguistica (ibid. 1946). Consistente, e di qualità, la sua alacre attività di lessicografo.
In questo campo, oltre a un eccellente lavoro metodologico, Che cos’è un vocabolario? (Roma 1946), vanno ricordati: l’aggiornamento del Dizionario moderno di A. Panzini, nelle sue tre edizioni postume (Milano 1942, 1950 e 1963; nel 1942 la raccolta di neologismi del M. fu stampata anche a sé, col titolo di Parole nuove); un vocabolario del lessico fondamentale (Der grundlegende Wortschatz des Italienischen, Marburg 1943); il ben calibrato rifacimento del Vocabolario della lingua italiana di G. Cappuccini (Torino 1945; nel 1965 [ibid.] ne comparve un’edizione completamente rinnovata che porta il solo nome del M.); il Prontuario etimologico italiano, insieme con A. Duro (ibid. 1950), il primo condotto con criteri scientifici; il Dizionario d’ortografia e di pronunzia, con C. Tagliavini e P. Fiorelli (Torino 1969); un repertorio di coniazioni d’autore, Onomaturgia (Firenze, 1975). Si deve inoltre a lui l’impostazione e la cura della parte lessicale del Dizionario enciclopedico italiano Treccani (1955-61).
Nell’Accademia della Crusca fu uno dei più decisi sostenitori della ripresa dell’attività lessicografica, dirigendo poi, quando nel 1962 i lavori poterono effettivamente iniziare, il progetto per un grande «Vocabolario della lingua italiana» e promovendo il «Vocabolario giuridico», affidato alle cure di P. Fiorelli. Socio dell’Accademia della Crusca dal 1946, ne fu presidente dal 1949 al 1963 e direttore degli Studi di filologia italiana dal 1958 al 1962. Fu membro di numerose altre istituzioni e accademie, fra cui, dal 1958, quella dei Lincei.
Il M. morì a Firenze il 18 giugno 1975.
La bibliografia degli scritti del M., con le relative recensioni e l’elenco delle tesi di laurea assegnate dallo studioso, sono alle pp. 51-307 di L’opera di B. M. nel ricordo degli allievi, Firenze 1979. Fra i volumi del M. che sono stati pubblicati o ripubblicati postumi: Lingvaj aspektoj de Esperanto (1924-1963). Eseoj, a cura di R. Corsetti, Pisa 1985 (nuova ed., con un saggio di T. De Mauro, ibid. 2006); Storia della lingua italiana, con introduz. di G. Ghinassi, Firenze 1987; La lingua italiana nel Novecento (che raccoglie Lingua contemporanea e i Saggi sulla lingua del Novecento), a cura di M.L. Fanfani, con un saggio di G. Ghinassi, ibid. 1999.
Fonti e Bibl.: I libri del M., le sue carte, gli schedari, un epistolario comprendente più di 12.000 missive, sono conservati presso l’Accademia della Crusca a Firenze. Fra le lettere pubblicate vedi quelle dirette a N. Zingarelli, a cura di A. Sereno, in Lingua e storia in Puglia, II (1975), pp. 128-130; M. Praz, Lettere a B. M., a cura di L. Pacini Migliorini, Firenze 1983; A. Francabandera, Una lettera di B. M. a Benvenuto Terracini [del 1960], in Strumenti critici, XIV (1999), pp. 83-89; lettere del 1963-68 a C. Dionisotti, a cura di V. Fera, in C. Dionisotti, Gli umanisti e il volgare fra Quattro e Cinquecento, Milano 2003, pp. XLI-XLIV; B. Migliorini - G. Prezzolini, Carteggio 1924-1975, a cura di N. Selvitella, Roma 2005; necr., in Onoma, XIX (1975), p. 653; Giornale storico della letteratura italiana, CLII (1975), pp. 633-635; Studia Romanica et Anglica Zagabriensia, XXXIX (1975), pp. 229-231; Romance Philology, XXIX (1975-76), pp. 398-408; Vox Romanica, XXXV (1976), pp. 329-334; Archivio glottologico italiano, LXI (1976), pp. 20-36. Vedi ancora sulla figura di studioso e, in particolare, sulle opere più significative del M.: G. Pasquali, Grammatiche, in Nuova Antologia, 16 ott. 1941, pp. 407-415; A. Schiaffini, In onore della linguistica italiana, in Lingua nostra, XVIII (1957), pp. 59 s.; Id., I mille anni della lingua italiana, in Annali della Pubblica Istruzione, IV (1960), pp. 301-311; B. Terracini, Intorno ad una recente storia della lingua italiana, in Archivio glottologico italiano, XLIV (1961), pp. 32-69; C. Dionisotti, Per una storia della lingua italiana, in Romance Philology, XVI (1962-63), pp. 41-58; I. Baldelli, B. M., in Letteratura italiana. I critici, IV, Milano 1969, pp. 3227-3228. In L’opera di B. M. nel ricordo degli allievi, cit., sono i saggi: G. Folena, La vocazione di B. M.: «Dal nome proprio al nome comune», pp. 1-16; I. Baldelli, B. M. studioso della lingua italiana, pp. 17-22; A. Castellani, Neopurismo e glottotecnica: l’intervento linguistico secondo B. M., pp. 23-32; P. Fiorelli, B. M. tra l’ortografia e la pronunzia, pp. 33-39; G. Ghinassi, Ricordo di B. M. dal «laboratorio» di «Lingua nostra», pp. 41-49. Fra le commemorazioni dello studioso: D. Pieraccioni, Incontri del mio tempo, Milazzo 1977, pp. 138-142; H. Stimm, in Jahrbuch der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, XIX (1977), pp. 231-235; S. Hamplová, in Philologica Pragensia, XX (1977), pp. 109-111; F. Mazzoni, in Atti e memorie dell’Accademia Petrarca, XLII (1978), pp. 129-147; T. De Mauro, Idee e ricerche linguistiche nella cultura italiana, Bologna 1980, pp. 149 s. Sui singoli aspetti della sua attività: P. Fiorelli, Lontani programmi di lavoro per un vocabolario giuridico, in Archivio glottologico italiano, LXI (1976), pp. 200-215; E. Migliorini, Pionieri dell’esperanto in Italia, Roma 1982, pp. 17-19; S. Parodi, Quattro secoli di Crusca, Firenze 1983, pp. 187-189; M.G. Arcamone, L’onomastique de B. M., in Actas do XIX Congreso internacional de lingüística e filoloxía románicas, Santiago de Compostela … 1989, IV, A Coruña 1993, pp. 689-700; G. Ghinassi, B. M. a cent’anni dalla nascita, in Bollettino dell’Atlante linguistico italiano, s. 3, XX (1996), pp. 1-3; [E. Caffarelli], Il centenario della nascita di B. M., in Rivista italiana di onomastica, II (1996), pp. 440 s.; T. De Mauro, B. M., in Lexicon grammaticorum, Tubingen 1996, s.v.; C. Marazzini, Bottai e la lingua italiana, in Lingua nostra, LVIII (1997), pp. 1-12; S. Raffaelli, «Si dispone che …». Direttive fasciste sulla lingua: antiregionalismo e xenofobia, ibid., pp. 30-45; M. Fanfani, Devoto e gli inizi di «Lingua nostra», in G. Devoto nel centenario della nascita, Firenze 1999, pp. 189-219; Id., Sulla terminologia linguistica di M., in «Idee e parole». Universi concettuali e metalinguistici, a cura di V. Orioles, Roma 2002, pp. 251-298; C. Marazzini, La grammatica di B. M., in Per una storia della grammatica in Europa. Atti del Convegno … 2003, Milano 2004, pp. 349-367; D. Colussi, Note sulla prosa del primo M., in Studi linguistici italiani, XXXIV (2008), pp. 237-259; B. M. L’uomo e il linguista. Atti del Convegno, Rovigo … 2008, Rovigo 2009.
M. Fanfani