MARTINOTTI, Bruno.
– Nacque a Torino il 9 nov. 1936 da Giovanni ed Emma Giaccone. Compì giovanissimo gli studi musicali presso il conservatorio G. Verdi di Torino sotto la guida di S. Clerici, diplomandosi in flauto a soli diciotto anni, nel 1954, ed entrando lo stesso anno nell’orchestra sinfonica della RAI di Milano, dove fu primo flauto fino al 1965.
Nel 1959 sposò a La Spezia Mariapia Savi, da cui ebbe i figli Raffaella (1961) e Stefano (1965). Considerato in quegli anni uno fra i maggiori talenti flautistici in Italia, si dedicò a una vasta attività concertistica, sia come solista sia in formazioni cameristiche. Iniziò anche lo studio della composizione, sotto la guida di B. Bettinelli, e della direzione d’orchestra, sotto la guida di S. Celibidache, F. Ferrara e H. Scherchen.
Nel 1964 vinse il primo premio al concorso internazionale di direzione d’orchestra bandito dall’Associazione italiana per la diffusione dell’educazione musicale (AIDEM) di Firenze, che gli aprì le porte di una rapida e brillante carriera.
La direzione d’orchestra divenne ben presto la sua attività principale, che comunque si intrecciò sempre con quella di compositore, di flautista e di insegnante di flauto; in quest’ultima veste fu attivo dal 1961 al 1985 presso i conservatori di Milano e Torino. Il M. salì sul podio delle principali orchestra italiane; dal 1967 al 1972 fu direttore stabile dell’orchestra dell’Angelicum di Milano, con la quale effettuò diverse tourné, anche negli Stati Uniti e in Canada; nel 1968 esordì al teatro alla Scala di Milano e alla Wiener Kammeroper, ma diresse anche le orchestre della Radio svizzera italiana, della Suisse romande, della Radio di Copenaghen, del teatro Colón di Buenos Aires e della Staatsoper di Vienna. Registrò spesso per la RAI e incise diversi dischi sia come flautista sia come direttore. Dal 1973 al 1975 fu direttore artistico del teatro Carlo Felice di Genova, quindi direttore stabile del teatro Regio di Torino, in due periodi, dal 1976 al 1979, e dal 1981 al 1983.
Il M. morì a Torino il 2 marzo 1986.
L’attività di flautista e la profonda conoscenza della letteratura per questo strumento portò il M. non solo ad affrontare come interprete un vasto repertorio, che si estendeva dal barocco (con B. Canino incise le sonate per flauto e basso continuo di J.S. Bach: cd Sarx) agli autori contemporanei, ma anche a scrivere un trattato sulla tecnica del flauto dolce e a dedicare al flauto le sue prime composizioni, quale la sonata per flauto e 12 archi del 1974. Emblematico del suo linguaggio compositivo è Steraf (acronimo del nome dei due figli, Stefano e Raffaella), ancora per flauto e 12 archi (1975), caratterizzato da una scrittura virtuosistica del solista (con notazione proporzionale, svincolata dai segni di battuta), giocata su ampie escursioni di registro, sulla ricerca di effetti timbrici e continui dislivelli dinamici, contrappuntata da una densa trama degli archi che ricorrono a diverse modalità di esecuzione (ponticello, col legno, armonici, glissati aperiodici intorno a un intervallo dato) e all’uso sistematico di clusters e fasce armoniche, molto vicino alla scrittura per archi di K. Penderecki.
La pratica costante della direzione d’orchestra contribuì ad affinare i mezzi compositivi del M., soprattutto dal punto di vista della ricerca timbrica (il fatto di dirigere un’orchestra significava per lui fare musica utilizzando «una tavolozza intera anziché un solo colore»: Una borsa di studio per ricordare B. M., in Falaut, ed. on-line: www.falaut.it). Nel 1975 il M. compose anche un pezzo per grande orchestra, intitolato Steraf secondo, che diresse per la prima volta a Copenaghen: qui il gioco delle masse sonore sfrutta una netta divisione per famiglie strumentali e gruppi omogenei (con un ricco set di percussioni), la proiezione degli strumenti dell’orchestra nei registri estremi, la continua contrapposizione tra «tutti» e zone cameristiche, tra sezioni statiche e altre di estrema concitazione ritmica. Dello stesso anno è Paradigmi, lavoro nel quale all’orchestra si unisce un nastro stereofonico, usato come cerniera tra le sezioni strumentali e come un supplementare strato di colore. Diversa appare la costruzione timbrica di Astrazioni, pezzo per orchestra del 1980, in cui le masse sonore e le grandi fasce sembrano contrarsi in blocchi più compatti, molto connotati anche dal punto di vista ritmico, con il flauto che riconquista un breve ruolo solistico.
Una più complessa articolazione armonica e tematica emerge invece in Preludio a Futura, composizione per voce recitante e orchestra del 1982, che rappresenta anche uno studio preparatorio per l’opera Futura (1985, inedita), che il M. completò prima di morire, ma che non approdò mai sulle scene. Si tratta di un’opera in tre atti, su libretto di U. Bertozzi, nella quale il M. riassume tecniche compositive già collaudate nelle precedenti composizioni per sottolineare un’azione piena di suspense, la vicenda di un vecchio violinista che evoca i fantasmi suonando il suo violino, e di una giovane donna, Futura, che, sconvolta dall’apparizione della madre morta, uccide il vecchio e si suicida gettandosi dalla finestra.
Il genere dell’opera era nelle corde del M. anche per averlo praticato sistematicamente durante la sua carriera di direttore d’orchestra, spaziando da melodrammi rari come Li sposi per accidente di D. Cimarosa (inciso nel 1970 con l’orchestra della Suisse Romande, solisti Cettina Cadelo, R. Cassinelli, G. Faverio, Maria Grazia Ferracini, A. Ferrario, Gabriella Ravazzi: cd Foyer) ai titoli del grande repertorio come la Figlia del reggimento di G. Donizetti (registrata live nel 1978 con l’orchestra del Grand théâtre di Ginevra, solisti Anna di Stasio, Reri Grist, W. Ganzarolli, J. Baro, L. Alva: cd Gala). Oltre al grande repertorio sinfonico classico-romantico, nel quale è sempre stato apprezzato per il rigore della lettura (come testimonia la sua incisione del concerto per pianoforte e orchestra n. 5 di L. van Beethoven, insieme con il pianista E. Gilels: cd Golden Melodram), il M. ha spesso affrontato come direttore d’orchestra pagine contemporanee: nel 1973 ha diretto, per esempio, la prima di Multipli per orchestra da camera di G. Manzoni (Washington, Library of Congress) e alle incisioni su disco ha consegnato la sonata da camera di G. Petrassi (ancora con l’orchestra della Radio della Svizzera italiana e B. Canino al clavicembalo: cd Ermitage) e il concerto n. 2 per pianoforte e orchestra di B. Bettinelli (con il complesso Città di Milano e il pianista S. Marzorati: cd Rugginenti). Del M. sono da ricordare anche le numerose revisioni di musiche dell’epoca barocca, di autori come M. Cazzati e A. Vivaldi, e le orchestrazioni dell’Arte della fuga e dell’Offerta musicale di J.S. Bach, molto apprezzata da G. Kremer, che le inserì nel repertorio dell’orchestra da camera Kremerata baltica, per le celebrazioni bachiane del 2000.
Orchestrazioni, trascrizioni e revisioni: G. Rossini, Matilde di Shabran; Anonimo del XVIII sec., Concerto di traverso, con violini e basso continuo; J.S. Bach, L’arte della fuga, per orchestra; Id., L’offerta musicale, per doppia orchestra d’archi e strumenti solisti; M. Cazzati, Tre sonate a quattro, per archi e basso continuo; A. Vivaldi, Cessate omai cessate, cantata per contralto, archi e cembalo; Id., Invicti bellate, mottetto per contralto, archi e cembalo; Id., Laudate pueri, cantata per soprano e orchestra.
Scritti: Il flauto dolce: metodo per lo studio del flauto dolce con l’aggiunta delle scale e le tavole di tutte le posizioni e dei trilli, Milano 1971.
Fonti e Bibl.: G.L. Petrucci, Flautisti italiani del Novecento, in Falaut, 2000, n. 4, pp. 36-42; Id., La scuola flautistica italiana, Pompei 2002, pp. 96 s.; S. Lombardi, Prima edizione borse di studio B. M., in Falaut, 2006, n. 31, p. 13; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, pp. 689 s.